L’altare dei tempi bui

lunedì 13 ottobre 2025


Venerdì scorso la Basilica di San Pietro in Vaticano è stata ancora una volta teatro di un atto osceno e sacrilego. Un uomo, intorno alle 9.30 del mattino, è riuscito a superare le transennine di sicurezza che circondano l’altare principale della basilica vaticana e dopo essersi calato i pantaloni ha urinato sulla struttura sacra dove vengono celebrare le liturgie. La scena, grottesca e sconcertante, è stata ripresa da decine di turisti. La gendarmeria è intervenuta quando l’uomo aveva già compiuto il gesto: l’hanno circondato e fatto scendere dai gradini del presbiterio, con i pantaloni ancora abbassati. Ma non è la prima volta – almeno in tempi recenti – che l’altare sotto il baldacchino del Bernini venga profanato. Soltanto lo scorso febbraio un cittadino rumeno era addirittura riuscito a salire sull’altare, dove ha fatto cadere a calci i preziosi candelabri. A quanto pare, in basilica hanno seri problemi nella gestione della sicurezza. I turisti – che fanno spesso ore di fila per entrare – vengono letteralmente riempiti di urla dal personale per accelerare il passo, un po’ come accede nella Cappella Sistina, mentre non si riesce a controllare adeguatamente il punto più importante della basilica dai gesti di qualche esibizionista o lesionato mentale.

L’altare della confessione è situato al di sopra della presunta tomba dell’apostolo Pietro, primo pontefice, e dovrebbe essere seriamente custodito e protetto. Lo dico da laico. I luoghi sacri – ancor più quelli così importanti e storicamente rilevanti – non possono diventare il palcoscenico della volgarità. Pare che questo capiti più spesso nelle chiese. Una simile “bravata”, come ha scritto qualche collega, in altre realtà sarebbe punita molto severamente in altri contesti. Non so se la gendarmeria intervenga in modo così flemmatico per spirito evangelico di rispetto verso il prossimo, ma so certamente che in Turchia – e sto citando soltanto il Paese musulmano più vicino a noi – un atto del genere compiuto nella moschea di Ayasofia a Istanbul porterebbe il protagonista a conseguenza piuttosto spiacevoli (potrebbe tranquillamente entrare in qualche carcere per poi sparire).

La morbidezza con cui certe situazioni vengono risolte mi sconcerta, e certamente non parlo da fan del manganello facile. Qualcuno – con intonazioni apocalittiche – parla del Cristianesimo come di una religione sotto attacco, e atti come questo – che appaiono ancora più gravi per la facilità con coi avvengono – non fanno che confermare lo stallo spirituale con cui la religione cristiana si sta confrontando. Quando nel 1972 la Pietà di Michelangelo venne sfregiata Paolo VI parlò del fatto che nella Chiesa fosse entrato “il fumo di Satana” e che qualcosa stava irrimediabilmente cambiando. Erano anni dove parlare del diavolo sembrava assurdo, anche se a farlo era il pontefice. Oggi si assiste ad atti ancora più gravi (in una sorta di gerarchia del sacro un altare è chiaramente più importante di una scultura) e se ne parla sottotono, come se si vandalizzasse una fontanella. Segno dei tempi. Tempi ultimi, forse.


di Enrico Laurito