venerdì 3 ottobre 2025
Siamo ufficialmente il primo paese al mondo a riconoscere l’obesità come malattia. Da parte del Senato c’è stata l’approvazione del Ddl AS1484 (“Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità”) già passato alla Camera. Attraverso questo passaggio si è – nei termini della legge – patologizzata una condizione grave, disabilitante, che porta con sé – oltre alle ovvie problematiche di salute fisica – problemi relazionali, frustrazioni sociali, talvolta stigma (ma non come una volta). Sono nati sia un Osservatorio che un Programma nazionale per la sensibilizzazione all’obesità, ma ancora non c’è alcuna copertura da parte dei Livelli essenziali di assistenza. Ma è già un primo passo. La politica tenta quindi di dare all’obesità quello spazio nel sistema sanitario, così come in quello sociale, ancora poco attento nei confronti della popolazione obesa (sempre in aumento, dai bambini agli adulti). Da attento studioso dei contenuti social e del loro impatto, non posso non notare – come ho già avuto modo di dire – che l’obesità sta diventando una condizione (in termini social potremmo dire “fenomeno”) sdoganata, normalizzata, se non in alcuni casi esaltata.
Lo slogan “grasso è bello” è quanto basta per vedere nel soggetto obeso un qualcosa di ormai normalizzato, direi quasi al limite del folkloristico, con centinaia di video dove persone con obesità si mostrano, spesso poco vestite, intente a fare balletti grotteschi, non di rado con un’intonazione vagamente provocatoria in termini erotici. Molto diffuse anche le live dove soggetti obesi sono intenti a fare abbuffate di cibo spazzatura: ulteriore passo avanti per la normalizzazione di tutto il pacchetto. È giusto intervenire con cure ospedaliere, terapie, interventi e riabilitazioni, il tutto coinvolgendo un attento servizio psicologico se non psichiatrico, ma si deve altresì lavorare a porre un freno ai contenuti social e mediatici che fanno dell’obesità un motivo di vanto. In alcune pubblicità di prodotti cosmetici e per l’igiene intima si vede sempre più spesso qualche soggetto obeso intento a manifestare la sua soddisfazione con frasi come “ora ho il coraggio di mostrarmi” o cose del genere. La questione viene analizzata con superficialità.
Il tempo dello stigma è quasi finito, e se l’obeso si nasconde lo fa per scelta e non per chissà quale sguardo inquisitoriale (con questo non dico che non esista bullismo o cattiveria, ma tutto quel corredo di frasette offensive sta scemando). Non c’è niente da ostentare. Ma lo stesso vale anche per la disabilità, ormai trasformata nel mondo social nell’esposizione di disabili usati come fenomeni da baraccone. Se i media, e quindi la pubblicità, stanno assumendo connotati più inclusivi (come la presenza di scene Lgbt in alcuni spot immobiliari) lo si faccia almeno con un minimo richiamo morale, senza dover necessariamente inserire l’obeso di turno per farsi vedere come un’azienda “aperta”. Non vorrei, e questa è una mia previsione basata sull’evoluzione dei contenuti social (non faccio profezie), che si arrivasse ad una sorta di enantiodromia, la cosiddetta “corsa all’opposto”, che a quel punto porterebbe tutto ciò che è ostentato e accettato ad essere odiato e visto con repulsione (noto già questo orientamento nel crescente fastidio verso i disabili). Marilyn Monroe ha detto: “La fama svanirà e addio fama, ti ho avuta. Ho sempre saputo che eri incostante”.
La sorte di tutto questo baracconismo potrebbe essere questa. La sovrabbondante rappresentazione di certi pseudo-modelli porterà a odiarli, e non ci sarà più spazio per dire “sono obeso e me ne vanto”. L’obiettivo del sistema dovrebbe essere rivolto a pratiche di prevenzione, attraverso l’educazione alimentare, fornendo elementi relativi alla nutrizione e al rischio di ammalarsi di obesità (legalmente, ormai, si può dire così). La normalizzazione dell’obesità va a braccetto con la diffusa deresponsabilizzazione dei propri problemi, e qui potrei passare per poco empatico. Non si può giustificare la propria condizione (e guardando qualche puntata di Vite al limite spesso va così) dicendo che il mondo è brutto, che si hanno dei traumi, che la società è cattiva. Questo è chiaramente conseguenza di profonde fragilità psicologiche e da subito di dovrebbe intervenire su quello, perché poi si inizia a mangiare (gli obesi mangiano, e anche tanto, ma questo qualcuno vorrebbe non dirlo), per poi poter ostentare il diritto di accusare qualcuno. Il cibo è una dipendenza, e come tale va trattata, senza sviluppare quel buonismo che non fa altro che peggiorare alcune situazioni già al limite. Questa legge è un buon inizio. Riconoscere il problema è già il primo passo, o almeno così si dice.
di Enrico Laurito