lunedì 4 agosto 2025
Nell’estate dei concerti sold out, come rito collettivo, irrompe la Woodstock della fede. Il paragone non è irriverente, perché l’oceano di un milione di giovani che sabato e domenica scorsi hanno invaso la spianata di Tor Vergata, 96 ettari di Roma sud tappezzati di colori e sacchi a pelo, per partecipare alla grande Veglia e alla Messa conclusiva del Giubileo dei giovani 2025 dimostra il bisogno di superare solitudini, paure e conflitti socializzando emozioni uniti intorno all’idolo che sappia purificare i mali del tempo. Il pop e il rock, il teatro e la musica hanno questo potere. Ma la Chiesa cattolica romana ha dimostrato che la fede è il collante più forte e che nonostante le crisi del sacro e la secolarizzazione il bisogno divino è l’anelito più sentito.
“Ogni volta che sognate la felicità cercate Gesù e ogni volta che desiderate la soddisfazione è di Dio che sentite il bisogno”. Si ripete la straordinaria intuizione di Karol Wojtyła, quando nel 2000 portò per la prima volta nella Città eterna un altrettanto milione di ragazzi e ragazze di tutto il mondo. Questa volta, ad accoglierli è stato Robert Francis Prevost, eletto al Soglio di Pietro l’8 maggio col nome di Leone XIV, il cittadino statunitense e peruviano d’origini italiane che ha corrisposto il messaggio di San Giovanni Paolo II e ha rilanciato l’invito di Papa Francesco del 2023 a Lisbona durante la Giornata Mondiale della Gioventù. Il pontefice agostiniano, che si presenta mite e forte, umile e denso, ha attraversato la folla con la papamobile prima di raggiungere a piedi il palco di 1.400 metri quadrati innalzando con slancio e mano ferma la Croce e poi offrendo alla moltitudine l’Ostensorio proveniente dalla Cappella dell’Adorazione della Parrocchia Sant’Antonio Abate di Torino, davanti al quale hanno pregato il futuro santo Pier Giorgio Frassati e prima ancora San Giovanni Bosco.
I giovani digitali avranno evocato quell’ultima scena di “Mission” quando padre Gabriel solleva sulle ragioni di Stato e i feroci massacri il simbolo del Corpo di Cristo. Ed è questa la differenza che può fare la fede anche attraverso i social e le tecnologie, come Papa Leone ha raccomandato negli incontri che hanno preceduto queste giornate agli “influencer cattolici”, sollecitati a viaggiare nella rete per diffondere il messaggio cristiano. La Chiesa ha scoperto i media da tempo e li usa come abbiamo visto per i funerali dei Papi, come è stato recentemente per Papa Francesco, per le manifestazioni solenni, per la grande chiamata dei fedeli. Non è in crisi la fede, semmai i modelli e chi deve interpretarli. C’è bisogno di inventiva, di fiducia, di coinvolgimento, di trovare i linguaggi e i format per comunicare con ragazzi e ragazze che non sono quelli di troppa cronaca violenta, ma adolescenti in cerca di senso e di chi sa corrisponderli. “Siete il sale della terra e le luci del futuro”, ha detto loro Papa Prevost. Un monito per tanti, famiglie, adulti, docenti, chiunque si occupi di educazione, perché se il male si espande e la violenza aggredisce significa che non riusciamo a entrare nella splendida età dei costruttori di futuro.
A Tor Vergata si è svolto il più grande raduno di giovani dei tempi, degli amici di Dio, superando le difficoltà delle pandemie che hanno immobilizzato il pianeta, le guerre in corso, i rischi e i bisogni crescenti. “Le sentinelle del mattino”, come li aveva definiti il pontefice polacco, sono tornate mettendo alla prova le istituzioni, i garanti dell’ordine, politiche e organismi. “In questi giorni abbiamo visto Roma invasa da bandiere di ogni nazione, da gruppi uniti in preghiere e canti come dimostrazione di gioia e speranza – ha commentato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni – Sono giornate che resteranno nella storia”. La fede è grazia ed estetica e il divino è bellezza, come il grande affresco vivente dei 20 grandi mantelli cardinalizi, i 450 abiti talari di vescovi e arcivescovi e le immagini dei 7.000 sacerdoti ondeggianti nel verde e nell’oro di una iconografia perfetta. Con le invocazioni, gli evviva, le parole del Magnificat intonate dai tre tenori del Volo sulle le note dei 70 orchestrali e le voci degli oltre 300 coristi della Diocesi di Roma diretti dal maestro Marco Frisina. “La musica costruisce la speranza”, ha ringraziato il Papa. Tra il milione di partecipanti si sono resi testimoni teenager da tutto il mondo: ucraini, siriani, libanesi, iracheni, ma anche russi e 25 giovani palestinesi della Città Vecchia di Gerusalemme considerando che jobel, la pratica giubilare, ha lontane origini ebraiche e vuol significare pace della terra. “Siate amici dei ragazzi di Kiev e di Gaza e di ogni terra insanguinata, perché con l’amicizia la Pace è possibile”.
“Un bellissimo successo, prova superata anche dal punto di vista organizzativo”, ha esultato il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, con l’Atac che ha garantito 3.300 corse, la distribuzione riuscita di oltre 5 milioni di bottigliette e l’Ama che ha rimosso tonnellate d’immondizia. Miracolo di efficienza possibile, se Dio vuole. “Sono state impegnate 20mila persone e 53 enti”, ha spiegato il sottosegretario Alfredo Mantovano, citando “il metodo Giubileo” messo a punto da Palazzo Chigi. Anche la macchina sanitaria ha funzionato: quasi 1.200 persone soccorse per malori legati al caldo e malesseri. Il Papa ha pregato per due giovani pellegrine che non hanno raggiunto l’evento a causa di condizione pregresse: Maria, una ragazza spagnola, e Pascale, una ragazza egiziana. Ha anche chiesto intercessione per Ignazio Goncalves, ricoverato all’ospedale Bambino Gesù.
Più di tutto ha funzionato un richiamo unico, particolare, inedito. I tre tacet invocati dal Pontefice durante la Veglia nel chiassoso mondo contemporaneo e nell’allegro vociare giubilare hanno inondato la vasta platea di un silenzio pesante, passato di bocca in bocca, di cuore in cuore, di mente in mente non come rimozione, annullamento o dissociazione, ma come riflessione. Chi ha vissuto quegli interminabili minuti ha parlato di una esperienza mistica speciale: “Il Papa ci ha fatto sentire l’unita col Corpo di Cristo, una resurrezione”. Anche in diretta le immagini del silenzio che ha chinato i capi, congiunto le mani, che ha spinto a discernere ha fatto impennare le audience più del rumore. Ridare il Vangelo, questa la nuova ed eterna missione e la sigla del settantenne, 267° primo Papa agostiniano: “Perché nel testo evangelico si possono trovare le risposte”. Non ha scagliato anatemi Leone XIV, non ha urlato ai potenti come fece Wojtyła, piuttosto nella spianata di Tor Vergata ha invitato a salire sull’Arca salvifica, accanto ai buoni e volenterosi, a fidarsi della fede. Eloquente è stata la lettura del Vangelo di Luca sulla via di Emmaus, quando il Signore risorto cammina accanto agli Apostoli che sente discettare sull’accaduto, ma loro non lo riconoscono anche quando mangia con essi fino a che non spezza il pane e lo benedice: “Sei Gesù Cristo!”. “Accade che cerchiamo il Signore ed Egli è con noi, ma non lo vediamo se non quando riconosciamo la sua parola e i suoi insegnamenti – ha spiegato il Papa – Per questo il Vangelo è la nostra guida, la stella polare”.
Tra i momenti salienti le domande rivolte al Pontefice sulla solitudine, su come vincere il vuoto, come trovare la fede. “È Gesù che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è lui la bellezza che tanto vi attrae; è lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare”. Le frasi di senso si sono susseguite tra silenzi, gesti iconici e attese, il Papa sa che gli adolescenti cercano risposte. “Carissimi giovani, le relazioni umane sono indispensabili, a cominciare dal fatto che tutti gli uomini e le donne nascono figli di qualcuno. La nostra vita inizia grazie a un legame ed è attraverso legami che noi cresciamo. In questo processo, la cultura svolge un ruolo fondamentale: è il codice col quale interpretiamo noi stessi e il mondo. Come un vocabolario, ogni cultura contiene sia parole nobili sia parole volgari, sia valori sia errori, che bisogna imparare a riconoscere. Cercando con passione la verità, noi non solo riceviamo una cultura, ma la trasformiamo attraverso scelte di vita”.
Poi sui media: “Sono diventati una straordinaria occasione di scambio, ma se dominati dal commerciale o fatti per addormentare inducono comportamenti confusi, instabili, a volte ansiosi. È quando lo strumento domina sull’uomo. Solo relazioni sincere e legami stabili fanno crescere storie di vita buona”. La risposta è che gli smartphone ci sono, ma senza richieste i ragazzi e ragazze non li usano, ascoltano, respirano, viaggiano dentro. “Anche Sant’Agostino ha avuto un’infanzia burrascosa, ma non ha rinunciato all’amicizia e l’ha trovata quando è diventato amico in Cristo. Ama veramente l’amico colui che nel suo amico ama Dio”. Come incontrare la fede? “Ascoltate il Signore, la sua parola è Vangelo di salvezza! Cercate la giustizia, rinnovando il modo di vivere. Servite il povero, testimoniando il bene che vorremmo ricevere. Rimanete uniti con Gesù nell’Eucaristia. Studiate, lavorate, amate secondo lo stile di Gesù, il Maestro buono sempre al nostro fianco”. Appuntamento a Seul, Corea del Sud, nel 2027 per la Giornata Mondiale dei giovani.
di Donatella Papi