Calde differenze

lunedì 30 giugno 2025


Che faccia caldo non vi è dubbio così come pare sia accertato che, nel giro di trent’anni, la temperatura media sulla Terra è aumentata, anche se solo di poco più di un grado. Ma la sofferenza per il caldo estivo sembra essere divenuta una sorta di catastrofe collettiva grazie alla massiccia, continua e insistente diffusione di notizie, in termini di gradi attuali e previsti, da parte dei mass media. In effetti i sempre più numerosi meteorologi, veri o sedicenti, presenti sulla stampa o sui vari siti Internet, sembrano fare a gara nell’indicare “temperature estreme”, temibili “bollini rossi” e previsioni terrificanti. All’interno di “servizi” di questa natura abbondano poi le interviste a qualche passante, il quale, certamente infastidito e magari sudato per la calura, non fa che certificare la pesantezza del fenomeno, magari dichiarando di non aver mai dovuto sopportare tanto caldo. Ma non è così, perché le fluttuazioni termiche, in qualsiasi stagione, hanno sempre generato picchi, verso l’alto o verso il basso, talvolta molto forti. Chi ha una certa età potrebbe testimoniare di avere spesso dovuto, nei decenni scorsi, affrontare temperature estive fra i 35 e i 40 gradi. Tuttavia le calure non hanno mai generato passioni collettive come oggi.

In parte la cosa si spiega con le considerazioni fatte sopra, poiché la prospettiva e l’attesa di un evento già produce sofferenza e la lettura o l’ascolto di previsioni termiche non piacevoli non fa eccezione. Ma c’è un’altra causa che andrebbe attentamente considerata. Il punto di partenza è che il nostro organismo non avverte temperature “assolute” ma solo relative, ossia le differenze. Il passaggio, per esempio, da una stanza molto fredda a una stanza molto calda genera una sensazione di calore più elevata di quanto sia oggettivamente da aspettarsi. Lo stesso differenziale accade quando passiamo improvvisamente dal buio alla luce del Sole. Ora, esaminiamo le condizioni termiche in cui una crescente quantità di persone viene a trovarsi durante una giornata tipica. C’è chi, dopo aver dormito in una stanza, di casa propria o di un hotel, con aria condizionata, va al lavoro in automobile, o in pullman o in treno o in aereo, quasi sempre con aria condizionata. Al lavoro, non raramente c’è aria condizionata, così come nei bar e nei ristoranti, nei negozi e nei supermercati e in mille altri luoghi.

È del tutto evidente che, in questo modo, l’organismo affronterà continuamente notevoli differenze, inducendo a ritenere che il caldo sia intrinsecamente vistoso e insopportabile mentre, in realtà, si tratta di un fatto intrinseco alla notevole differenza fra l’aria fredda del condizionatore e quella calda di un mese estivo. Insomma, mentre i nostri nonni accettavano il caldo estivo anche nelle sue punte più forti, magari imprecando, noi, oggi, ci sentiamo al centro di un fenomeno epocale, faticoso da tollerare e mai registratosi prima. Ma non è tutta colpa di quel grado in più in trent’anni. A ben vedere, la stessa temperatura di, poniamo, 35 gradi – registratasi migliaia di volte in passato – oggi sembra quella dell’Inferno dantesco in quanto l’avvertiamo di colpo, cioè per differenza drastica e improvvisa, fra i luoghi che la tecnologia rende termicamente gradevoli come fossimo in una dolce primavera e la dura realtà estiva che ci aspetta nell’ambiente esterno. Nelle gallerie stradali e autostradali, per evitare gli effetti nocivi della differenza di luminosità si è intuita l’opportunità di illuminazioni progressive alla fine del tunnel mentre non esiste alcunché di simile in relazione all’aria condizionata per cui il nostro cervello non ha modo di adeguarsi gradualmente alla differenza e lancia l’allarme.


di Massimo Negrotti