A proposito della scienzah

martedì 27 maggio 2025


Riceviamo e pubblichiamo

Da poco leggo i vostri editoriali, con i quali convengo. Leggendo in particolare Se lo dice la scienzah di Claudio Romiti del 23 settembre 2024, mi permetto, volendo contribuire al pur futile tentativo di far rinsavire certi ignorantoni “sinistrorsi” europei, di suggerire dei dati a mio avviso interessanti per smontare la grandiosa truffa che pretendono di ammannirci. Mi riferisco al cosiddetto “cambiamento climatico”, un’espressione certamente a effetto, e sulla quale vale la pena, perché tale effetto possa dissolversi, togliere un pretesto alle ostinate e perniciose baggianate dei nostri grandi condottieri europei. Dopo essersi tanto lamentati del disboscamento della foresta amazzonica, “polmone del mondo” (come fosse di loro esclusiva proprietà), anziché preoccuparsi di rimpiazzarlo con azioni d’impegno e spessore internazionale, si sono rifugiati nella comoda e apocalittica lagna del cambiamento climatico (progressista, radical chic, ma ben attenta al Return on investment (Roi) della conversione tecnologica al verde, valida Erga omnes, con punizioni, per gli eretici violatori, di giacobina durezza). In questo hanno subito cominciato con le automobili, senza tenere in conto che il loro contributo all’inquinamento (attenzione, microclimatico) a livello mondiale non supera il 5 per cento (va tenuto conto dell’incidenza europea) del totale rilevabile; automobili che costituiscono un pilastro portante del Pil e dell’occupazione dei principali Paesi europei.

Così hanno stabilito che le autovetture debbono essere elettriche, niente più per esempio auto diesel che montano il motore che dà il migliore rendimento in assoluto, di recente ulteriormente migliorato dai soliti cinesi. Strano e molto sospetto che invece non sia stata presa in considerazione la possibilità di virare verso motori a idrogeno, vedi le campagne della Toyota. Forse perché richiedeva tempi per loro troppo lunghi e loro volevano invece imporre tempi molto stringenti per ottenere un disastro dell’economia fin da subito apprezzabile. La vuotaggine di chi regge il timone chiede infatti il tutto e subito, pur sapendo che al progresso e soprattutto all’economia, che debbono essere sostenibili (Condicio sine qua non) e lungi dalle teorie di una banalmente scontata Greta Thunberg a nostre spese arricchitasi, deve concedersi il Natura non facit saltus, un percorso graduale e rettilineo, ovviamente non inerziale. E “la Cina è vicina”, e ringrazia. Un primo dato lo troviamo in un prezioso saggio del 1911, anno non ancora influenzato dalle mode alla Chiara Ferragni, intitolato Il bosco, il pascolo, il monte, scritto da geologi e silvicoltori ed edito dal Touring club italiano, che ci dice dell’importante funzione svolta dai boschi. In caso di bombe d’acqua (c’erano anche allora, non sono affatto un’invenzione moderna) il bosco riesce ad assorbire e contenere l’evento idrico straordinario, diminuendo drasticamente la portata dei danni, potremmo dire quasi a quelli di un ordinario piovasco: infatti un primo filtro è rappresentato dalle chiome degli alberi, un secondo dalla presenza del sottobosco che ulteriormente rallenta, il terzo dal terreno che, ricevendo la massa d’acqua ormai ridotta e frenata, ha il miglior modo di integrare l’assorbimento.

Niente orribili e costose vasche di laminazione quindi ma soltanto bellissimi boschi e naturali canali di deflusso purché, questi ultimi, regolarmente manutenuti. È ovvio che a tanta distanza di tempo potranno essere stati trovati altri rimedi, ma mi pare che nulla sia stato fatto in questa direzione.

Si portano due esempi. Anni fa lessi sul Sole 24 ore della battaglia vinta nel trevigiano da una azienda che voleva spiantare una zona vincolata a verde, perché geologicamente fragile, per impiantare il redditizio vitigno del Prosecco. Dopo un paio anni l’azienda si è ritrovata la vigna franata e un terreno, non solo inservibile, ma persino da mettere in sicurezza. Non parliamo di calamità ma di stupidità. Se ci volgiamo all’Emilia-Romagna è la stessa cosa. Tra terreni messi a coltivazione senza freno o destinati alla industrializzazione e in assenza di interventi correttivi nei bacini idrografici, sono stati arrecati ingenti danni al territorio. Quante di queste nocive trascuratezze e azioni sconsiderate continueranno a insistere nella “efficientissima” rossa Emilia-Romagna, prima che, di nuovo e ancora, si ripetano i già noti e terribili disastri? Le morti causate non sono da addebitare a stranezze della natura (bombe d’acqua) ma al mancato intervento degli enti interessati che avrebbero dovuto per tempo intervenire e non lo hanno fatto.

Dovrebbe essere utile indagare “onestamente” e con perizia sul territorio (geologicamente e ingegneristicamente) per fare opera di previsione circa il futuro. Continuando l’inerzia di colpevoli amministratori è normale e scontato che si ripresentino le stesse conseguenze. Un secondo esempio è la querelle scoppiata tempo addietro in quel di Caltagirone (Catania) per gli interventi effettuati sul bosco di Santo Pietro. Circa questo bosco, Wikipedia recita: “Si parte dal bosco di Santo Pietro e, dopo aver attraversato le zone interessate da un rimboschimento a pino ed eucalipto, si giunge alle due aree più belle del bosco: le vallette dette fontana del Cacciatore e della Molara. Ivi si percorre una specie d’anello all’interno del quale si può ammirare quello che rimane della sugherata della Molara”. Avete letto bene. Si è rimboschito a pino ed eucalipto in una quasi millenaria area boschiva (la prima testimonianza storica è dell’anno 1160), che annoverava sughereta e lecceta; un atto oltre che criminale soprattutto di somma imbecillità. L’evento a suo tempo contrastato da intelligenti e informati ambientalisti, fu difeso strenuamente da un circo di ignoranti e ottusi amministratori. Un vero e proprio crimine ambientale che avrebbe dovuto essere punito ai sensi di giusti articoli del Codice penale.

Il risultato è che, in assenza di sottobosco, che non si può sviluppare sotto quegli orridi pini ed eucalipti, l’ormai nudo terreno, compreso quello dei vecchi battuti carrabili, è diventato impraticabile, solcato da avvallamenti continui e profondi anche diverse decine di centimetri, scavati dalle acque dilavanti delle piogge. Fino a cinquant’anni fa, e sono questi miei ricordi personali, quel luogo era un paradiso terrestre, dove il sottobosco esplodeva in una fantasmagoria, a seconda delle stagioni, di rose canine, ciclamini e tanti altri colorati fiori selvatici, con i primordiali equiseti lungo le zone umide che fungevano da termometro dello stato di salute dell’intero habitat e dove splendenti esemplari di verdissimi ramarri erano di casa. Tutto spazzato via da uomini senza cervello. La prima delle tre immagini proposte dal sito di Wikipedia ci mostra la sconsolante ampiezza delle zone ormai desertificate. Restando in tema di cambiamento, fatto gravissimo è che se anche per assurdo si dovesse ammettere la realtà del problema, cosa che ripeto non è, l’incidenza dello stesso sarebbe così penosamente irrisoria data la insignificante dimensione del tutto trascurabile del ridicolo continente Europa rispetto all’intero orbe terracqueo, (ma chi si credono di essere? Invitiamo i signori lettori a controllare l’estensione dei continenti su una carta geografica), che sarebbe da stupidi semplicemente parlarne, figurarsi prenderlo in considerazione. Se fosse come dicono sarebbe un’ammissione di imbecillità solo parlarne, ma peggio ancora così non è.

Alla dimostrazione della truffa del cambiamento climatico qualche stolido parruccone, pur di non arrendersi, potrebbe ancora obbiettare che anche ad ammetterla, la truffa, resta il problema del riscaldamento del pianeta. Ogni nuova estate ci sentiamo ripetere dai mezzi di comunicazione di massa, ormai sfacciatamente complici e forse anche foraggiati, che quella presente è la più calda degli ultimi cento anni. Il fatto sarà anche vero, e mi permetto di dubitarne, ma si sono chiesti i parrucconi la causa del fenomeno? Ci viene daccapo in soccorso Il Sole 24 ore che nel 1992, in occasione dei Giochi Olimpici in Spagna, ha informato i suoi “venticinque” lettori che in una zona di Barcellona attrezzata per l’occasione a parcheggio veicolare, ma accortamente alberata, le temperature avevano registrato un calo di 4-5 gradi rispetto a quelle misurate nella stessa zona prima della piantumazione degli alberi. Un altro aiuto ci viene prestato da un vispo e intelligente ragazzino dodicenne che, in un servizio di Striscia la notizia, rivolgendosi alla vecchia nonna spiegava che misurando la temperatura su una superficie asfaltata esposta al sole le temperature del suolo variavano in maniera sorprendente rispetto a quella di superfici contigue poste all’ombra.

Ergo anche il “drammatico” rialzo delle temperature è una bufala. Si tratta non di un fenomeno incontrollabile scatenato da una matrigna natura ma ancora una volta semplicemente della conseguenza dell’operato dell’uomo, la solita bestia; se gli amministratori sono venuti meno, per incuria o stolida ignoranza, alle loro responsabilità con una pessima o mancata cura del suolo non è colpa da addebitare alla natura. Un esempio eclatante lo troviamo nella città di Catania dove l’anno scorso l’Amministrazione comunale vantava la realizzazione di una splendida piazza di ben quattromila metri quadrati; peccato che su quella vasta superficie siano stati istallati appena una decina, e forse meno, di alberi. Una piazza quindi che resterà deserta in quanto invivibile nei periodi caldi dell’anno che in Sicilia non sono pochi. Non mi si venga ora ad addebitare la stolidità di un amministratore a madre natura. Se si rimbosca la temperatura diminuisce se si spianta la temperatura aumenta. È una equazione matematica a prova anche dei più stolidi parrucconi. Ragionando quindi di cambiamento climatico oggi, nella nostra Europa, non si può non osservare il fraudolento utilizzo e il pretestuoso sfruttamento che viene promosso da soggetti istituzionali.

Ne consegue che per quanto di poca testa possano essere questi personaggi ed escludendo categoricamente che possano arrivare a simili vette di imbecillità (se così fosse non sarebbero lì), è ovvio che debbano avere un proprio interesse a distruggere l’economia dell’Europa intera. Qual è il loro scopo recondito? Qualcuno li foraggia? Chi? Va trovato il modo di costringere questa gente a confessare i propri crimini e denunciare i loro complici. Siamo stanchi di essere presi in giro con la conseguenza di trascinarci sul lastrico. Visto che questi soggetti che con false mire ecologiste dirigendo indisturbati le sorti dell’Europa ci stanno distruggendo perché non vengono defenestrati per salvare la comunità? Se l’Europa deve continuare ad essere, e di questo passo non ha molte speranze, non la si può consegnare nelle mani di gente corrotta, pena la sua stessa sopravvivenza. Presa coscienza del fatto va provveduto. Se di Green Deal dobbiamo oggi parlare, ma vero, “onesto” e non truffaldino si deve partire, prima che sia troppo tardi, dalla creazione di quante più possibili zone boschive, in punti strategici (i bacini idrografici, per primi), per contrastare realmente e con efficacia le alluvioni causate dalle bombe d’acqua e il rialzo delle temperature, per non tenere conto degli evidenti benefici collaterali in fatto di ossigenazione, qualità dell’aria e quant’altro ne possa derivare a tutto reale vantaggio delle genti europee.


di Salvatore Messina