Non vuole andare a Tirana? Paghi!

lunedì 7 aprile 2025


Gli odiosi blitz a cui ci ha abituato Ryanair distolgono l’attenzione dalle mille (non) piccole angherie che subiamo ogni giorno in viaggio, e non solo. L’ultima della compagnia low cost è aver ristretto la profondità dei trolley ammessi a bordo (dietro lauto pagamento). Lo standard delle valigie da cabina è venticinque centimetri, ma dal 25 marzo questi simpatici irlandesi l’hanno ridotto a venti, così è inevitabile violare i nuovi diktat.

Con il consueto stile da poracci, Ryanair nemmeno restringe le forme metalliche dove i malcapitati devono immergere i bagagli, costerebbe troppo: basta una striscia di adesivo giallo, et voilà. Ragazzotti addestrati sanno che il viaggiatore non ammesso a bordo pagherà pur di non rimanere a migliaia di chilometri dalla destinazione. Pagherà per pochi centimetri inventati, pagherà quello che ha già pagato, imprecherà, ma non sceglierà di restare. Poi qualcuno farà ricorso, generalmente inascoltato.

Massimo guadagno con il minimo sforzo; la carta d’imbarco solo online, i banchi aeroportuali in caduta libera: anche ridurre il personale è importante. E poi “multe” comminate da un privato molto più inflessibile della polizia: sanzioni per chi arriva in ritardo all’aeroporto, per chi non ha la carta d’imbarco, eccetera.

Di tanto in tanto Ryan si esibisce in queste angherie che suscitano indignazione. E qui entra in scena il potere contrattuale, nulla che abbia a che fare con i rapporti umani. I biglietti sono economici. Ma non sempre, spesso sfugge che compagnie importanti o di bandiera propongono tariffe inferiori, e, posti a parte, comprendono tutto, anche l’aria che fra poco pagheremo alle low.

Ma Ryan ha grande capillarità: molti piccoli centri hanno contribuito, e non poco, all’ingresso, nei loro modesti aeroporti, di voli che avrebbero incrementato il turismo e gli affari. Raggiungere queste città in altri modi sarebbe molto più complicato e costoso.

Certamente, chi subisce angherie giura che non tornerà mai più su questi aerei spartani, scomodissimi, non troppo puliti, con ristoro pessimo e a pagamento, servito da equipaggi di cabina un po’ goliardici. Poi qualcuno ci ricasca, qualcun altro, no. Così Ryan, dopo un po’, fa due conti: qualche volta tira dritto, qualche volta fa un passetto indietro.

Un altro equivoco sta nei servizi: è sbagliato fare riferimento al costo del biglietto, che spesso è il meno, e pensare che gli optional siano a buon mercato: nella maggior parte dei casi, ad esempio, le vetture con autista che trasportano i passeggeri dall’aeroporto alla città costano più dei taxi e, talvolta, l’incontro con i driver richiede più tempo dell’attesa in fila.

Ci sono poi infiniti vucumprà online: sono ripetitivi e soffocanti. Ogni volta che si percorre l’app, fosse per comprare un volo, per fare un check-in o per qualsiasi altro motivo, ci chiedono se vogliamo più bagagli (!!!), assicurazioni varie, autonolo, hotel, posti in aereo, pasti immangiabili, ma prenotati, corsie preferenziali e molto altro.

Ryan forse è l’esempio più vistoso, ma non certo l’unico, di un mondo in cui cliente, che non ha mai avuto sempre ragione, ora ha quasi sempre torto. Le invenzioni sono infinite, e il tema è quasi sempre il finto risparmio.

Un tour operator fa leva sulla fantasia e sui sogni di essere spediti chissà dove da una fata buona: una dozzina di città, scelgono loro la tua destinazione, paghi poco se ti affidi alla loro magia (che incidentalmente corrisponde alle mete più economiche in quel determinato momento).  Ma devi aggiungere una cifra per ogni località che non gradisci.

Dunque, togliere stelline alla bacchetta magica della fatina costa cifre che fanno superare il mercato, fermi restando i livelli ultra-economici. Comunque, far sentire tutti cittadini del mondo sembra essere un trend diffuso: molte pubblicità sui social mostrano ville, casette deliziose, mari da sogno con prezzi spesso interessanti, senza citare il luogo e neppure il continente in cui si trovano. Scoprirlo è impegnativo, e spesso, il terrazzo con un panorama stupendo nella foto accanto si trova in un altro emisfero: d’altra parte, non fa poi tanta differenza salire su un pullman o farsi venti ore di volo.

Un tempo la finzione doveva essere simile alla realtà. Oggi è la realtà a essere trasformata, spesso impacciatamente, in finzione. Si paga per vedere il tramonto più bello del mondo. Cioè, qualunque tramonto.

Santorini, Mykonos, Key West. Ma qualcuno ha scoperto, giustamente, che il sole sul mare, sulle tenere colline, sul lago dorato, induce ovunque emozioni. E forse Stevie Wonder sbagliava affermando che il sole è di tutti: privatizziamolo. Così molti organizzano il tramonto a pagamento: tavolini ad anfiteatro su collinette, impalcature addobbate, musica d’ambiente o gradita alla clientela di riferimento, addirittura effetti che sottolineano l’evento quotidiano, come dire, a richiesta, pagando, tramonto-plus.

Aperitivo, apericena, oh oh corali e applausi alla palla rossa che se ne va per non assistere a questi riti penosi. Ma fonti di lucro. D’altra parte, qualcuno sottolinea che siano sempre meglio delle barriere erette dagli abitanti per proteggere dall’overtourism gli infiniti monte Fuji del mondo.

Overtourism che crea patè d’animo, come diceva una colta signora in cerca di soluzioni per le vacanze all’ultimo momento. O anche al penultimo, terzultimo. Si deve prenotare tutto molto, molto prima, ci si deve rassegnare a vacanze robotiche, programmatissime, ora per ora. Treni, aerei, camere d’albergo, il pasto chic dell’estate prevedendo il numero di ostriche fin de claire, escursioni nel deserto, chi arriva dopo rischia quarantasei gradi del turno delle due. E i turni sono stati adottati pure da tanti ristoranti, stile mense aziendali: novecento euro, prego, ma si affretti a ingurgitare il caviale, fra pochi minuti arrivano i signori del pomeridiano.

I prezzi possono aumentare anche di venti volte, i B&B ovunque possono costare il triplo di suite cinque stelle vista mare a Montecarlo. Le regole sono saltate in aria, e l’imperativo è ringraziare. Perché, ad esempio, Booking.com, la società olandese che ci aiuta a non dormire sulla nuda terra, ci rassicura: la stanza del quattro stelle con vista mare laterale che abbiamo pagato cinquecento a notte per sbirciare un po’ di blu, comprende wi-fi, sapone, asciugacapelli e persino carta igienica, tutto gratis. Gratis. Gratis. Grazie, grazie, grazie!


di Gian Stefano Spoto