Prime note sulle coperture della legge toscana sul fine vita

mercoledì 12 febbraio 2025


Il suicido della persona può essere mero problema “organizzativo”?

Il Consiglio regionale della Toscana si appresta a esaminare in aula la Proposta di legge di iniziativa Popolare “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale numero 242/2019”, dopo il parere favorevole della Commissione sanità. Nell’ordine del giorno è previsto l’esame “degli emendamenti che comportano aumento di spesa o minore entrata”.

1) La clausola di invarianza finanziaria nella proposta di legge.

Il Consiglio regionale della Toscana si appresta a esaminare in aula la Proposta di legge di iniziativa popolare “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale numero 242/2019”, dopo il parere favorevole della Commissione sanità. Nell’ordine del giorno è previsto l’esame “degli emendamenti che comportano aumento di spesa o minore entrata”. La proposta di legge, come noto, intende introdurre nella Regione un diritto all’erogazione di trattamenti di suicidio assistito, descritto come un diritto individuale e “inviolabile”, che “non può essere limitato, condizionato o assoggettato ad altre forme di controllo”. Per le prestazioni e i trattamenti di suicidio assistito è prevista la gratuità. L’articolo 6 della proposta di legge contiene la clausola finale di invarianza: dalla legge non deriverebbero nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio regionale. Questo punto, però, meriterebbe un approfondimento specifico. Le procedure di suicidio assistito sarebbero a costo zero?

La giurisprudenza costituzionale (sentenze numero 110 del 2023, numero 84 del 2023, numero 64 del 2023, numero 57 del 2023, numero 48 del 2023) è costante nell’affermare che “le leggi istitutive di nuove spese devono contenere un’esplicita indicazione del relativo mezzo di copertura e che a tale obbligo non sfuggono le norme regionali” (sentenza numero 244 del 2020), ribadendo che “il legislatore regionale non può sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidità del bilancio cui l’articolo 81 della Costituzione si ispira” (sentenza numero 307 del 2013). La clausola di invarianza finanziaria non può in ogni caso tradursi solamente in una mera clausola di stile (così Corte costituzionale, sentenza numero 82 del 2023, sentenza numero 115 del 2012). La sentenza numero 82 del 2023 ha specificato, inoltre, che nel caso in cui “la nuova spesa si ritenga sostenibile senza ricorrere alla individuazione di ulteriori risorse…la pretesa autosufficienza non può comunque essere affermata apoditticamente, ma va corredata da adeguata dimostrazione economica e contabile”, dal momento che è da dimostrare “l’attendibilità della copertura”. La proposta di legge regionale in materia di suicidio assistito introduce, invero, nuove prestazioni e trattamenti “che costano” – stante la necessità dell’istituzione di una “struttura” all’uopo “dedicata” e della provvista ed assegnazione di personale, medico e paramedico, altamente qualificato, per fornire “supporto tecnico e farmacologico” e assistenza medica per il suicidio assistito. Manca una chiara ed espressa previsione del relativo mezzo di copertura, che, com’è noto, non può trovare compensazione sulla base della legislazione vigente, poiché, appunto, nuovo onere. La legge regionale, pertanto, anche sotto questo profilo presenta profili di illegittimità, dal momento che le norme regionali non possono sottrarsi alla fondamentale esigenza di chiarezza e solidità del bilancio di cui all’articolo della 81 Costituzione.

2) Le risorse destinate alle cure palliative e alla terapia del dolore.

O, forse, dovremmo ritenere possibile e scontato che per la copertura finanziaria delle procedure di suicidio assistito si possa semplicemente attingere alle risorse destinate alle cure palliative e alla terapia del dolore? Eppure, se di applicazione delle sentenze della Corte costituzionale si tratta (della sentenza 242 del 2019 e della sentenza 135 del 2024), si dovrebbero riconoscere due evidenti punti di partenza imprescindibili. Il primo è che le pronunce hanno escluso che possa rinvenirsi un diritto alla morte nell’ordinamento italiano, che, invece, tutela la vita come primo dei diritti, anche nella fragilità (riconoscendo, a tal fine, una circoscritta area di non punibilità ma non un diritto a prestazioni, né alcun obbligo a procedere da parte dei medici). Il secondo profilo che chiaramente si desume dalle sentenze è la priorità delle cure palliative rispetto ad ogni altro percorso di fine vita: solo la concreta erogazione di tali cure preserva e tutela la libertà e la dignità del paziente, tanto che sarebbe un “paradosso” prevedere procedure di suicidio assistito senza prima garantire un effettivo accesso a percorsi di cure palliative e terapia del dolore.

Si legge nella sentenza numero 135 del 2024 che “deve essere confermato lo stringente appello, già contenuto nella sentenza numero 242 del 2019 (punto 2.4 del Considerato in diritto), affinché, sull’intero territorio nazionale, sia garantito a tutti i pazienti…una effettiva possibilità di accesso alle cure palliative appropriate per controllare la loro sofferenza, secondo quanto previsto dalla legge numero 38 del 2010, sul cui integrale rispetto giustamente insiste l’Avvocatura generale dello Stato”, assicurando, innanzitutto, “la previsione delle necessarie coperture dei fabbisogni finanziari”. Sarebbe, anche in questo caso, un paradosso prevedere prestazioni e trattamenti gratuiti di suicidio assistito attingendo a quelle (poche) risorse previste per le cure palliative, le stesse che si ritiene con urgenza e necessità di aumentare.

3) Gli emendamenti in Commissione sanità e la relazione finanziaria.

Nel tentativo di risolvere la grave ed evidente lacuna rappresentata dalla clausola di invarianza finanziaria presente nella proposta di legge, in sede emendativa si è tentato di quantificare a 10mila euro annui il costo del suicidio assistito nella Regione Toscana per i prossimi tre anni. Il tentativo appare astratto, non ancorato ad alcun dato reale, quanto meno non sufficientemente sicuro e attendibile. Esso non tiene conto, ad esempio, del fattore incentivante della legge nella quantificazione delle erogazioni di prestazioni di suicidio assistito dopo la previsione di un diritto a ricevere tali prestazioni. Si escludono ingiustificatamente, inoltre, gli oneri organizzativi e di gestione operativa, di personale e struttura. In ogni caso la Consulta ha reiterato in più occasioni l’affermazione per cui ove la nuova spesa si ritenga sostenibile senza ricorrere alla individuazione di ulteriori risorse, per effetto di una più efficiente e sinergica utilizzazione delle somme allocate nella stessa partita di bilancio per promiscue finalità, la pretesa autosufficienza non può comunque essere affermata apoditticamente, ma va corredata da adeguata dimostrazione economica e contabile (sentenza numero 115 del 2012, sentenza numero 82 del 2023), consistente nell’esatta quantificazione delle risorse disponibili e della loro eventuale eccedenza utilizzabile per la nuova o maggiore spesa, i cui oneri devono essere specificamente quantificati per dimostrare l’attendibilità della copertura”.

La relazione tecnica finisce per condizionare la validità di tutto il processo legislativo. In proposito, va anche ribadito il principio espresso dall’articolo 17 della legge numero 196/2009, secondo cui non è consentita la copertura di nuovi e maggiori oneri con le disponibilità già appostate in bilancio, a meno che, ai sensi del comma 1, lettera b), del medesimo articolo, non si provveda, contestualmente, alla riduzione della portata delle autorizzazioni legislative di spesa. Tale principio, ricordato anche dalla Corte dei Conti, opera non solo in relazione alle risorse disponibili nel bilancio per minore spesa, ma anche per gli stanziamenti, operati con legge di Bilancio regionale, che presentino capitoli di spesa ancora capienti: “La funzione del bilancio consiste non solo nella semplice predisposizione di risorse per le spese, ma anche e soprattutto quale strumento pubblicistico per supportare l’esito del circuito democratico nella dialettica tra organo elettivo e organo della gestione… l’allocazione nella legge di Bilancio riguarda le spese programmate per le leggi vigenti al momento della sua approvazione”. Per le nuove spese, allora, non solo sarà necessaria una seria, giustificata e dimostrata analisi delle spese concretamente prevedibili, ma sarà necessaria anche “un’espressa riduzione dell’autorizzazione di spesa, sintomo della volontà dell’organo rappresentativo della collettività di destinare la programmazione originaria ad altre finalità”. Nel caso di specie si prova ad attingere per l’erogazione del suicidio assistito nella copertura finanziaria prevista per interventi a favore delle persone disabili (in una votazione in aula che cade proprio nella Giornata nazionale dedicata al valore della persona anche nella malattia).

4) La legge regionale sul suicidio assistito e il tema della “mera organizzazione” di procedure e tempi certi.

Nella Relazione che accompagna la proposta si afferma che il suicidio assistito sarebbe ormai un diritto sancito a livello nazionale tramite la sentenza della Corte costituzionale numero 242 del 2019, rientrante nelle materie di potestà concorrente ex articolo 117, terzo comma. Ma il suicidio assistito è un atto (definitivo ed estremo) di disposizione della vita, che è il presupposto e la matrice prima di ogni altro diritto inviolabile, anche di quello alla salute. La disciplina, pertanto, rientra in due materie di competenza esclusiva statale: l’ordinamento penale e l’ordinamento civile, di cui all’articolo 117 della Costituzione, secondo comma, lettera l). La sentenza numero 262 del 2016 del Giudice delle leggi – con la quale si sono dichiarate costituzionalmente illegittime due leggi regionali della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in tema di disposizioni anticipate di trattamento sanitari e di trapianti – ha ricordato che quando si incide “su aspetti essenziali della identità e della integrità della persona” si necessita di uniformità di trattamento sul territorio nazionale, per ragioni imperative di eguaglianza, ratio ultima della riserva allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di “ordinamento civile”, disposta dalla Costituzione.

È importante evidenziare che anche in quell’occasione la Regione aveva sostenuto che la legislazione regionale era volta a offrire un “servizio meramente ancillare alle prestazioni ordinariamente erogate a carico del servizio sanitario regionale”, di carattere organizzativo e amministrativo, mantenendosi, così, “nell’ambito della competenza legislativa e amministrativa regionale per la tutela della salute e della relativa organizzazione dei servizi pubblici”. Invero, come emergeva dalla disamina dei contenuti, la legislazione regionale apprestava una nuova disciplina organica e puntuale, con una regolamentazione che attribuiva un rilievo pubblico alle manifestazioni di volontà. La Corte ha, pertanto, rinvenuto, una interferenza nella materia “dell’ordinamento civile”, attribuita in maniera esclusiva alla competenza legislativa dello Stato dall’articolo 117, comma secondo, lettera l), Costituzione Oggi l’iter della proposta di legge regionale in materia di assistenza al suicidio si è già concluso in alcune Regioni che hanno riconosciuto l’incompetenza dei Consigli Regionali, in una materia riservata esclusivamente al Parlamento nazionale; in altre Regioni è ancora in corso: i promotori pongono la prospettiva sul piano meramente organizzativo di un diritto a prestazione che si ritiene già riconosciuto, tanto che si inserisce la clausola di invarianza finanziaria. Invero, anche in questo caso, come nel caso del 2016 che ha riguardato la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, non si parla di mera organizzazione ma di un diritto all’erogazione di prestazioni gratuite di suicidio assistito da parte del Ssn, qualificato come inviolabile – ma in realtà non previsto dal Legislatore nazionale né, tanto meno, dalla Corte costituzionale -, in grado di incidere su aspetti essenziali della identità e della integrità della persona: e, cioè, sulla vita stessa.

(*) Avvocato e docente di Diritto costituzionale nell’Università europea di Roma

(**) Tratto dal Centro studi Rosario Livatino


di Francesca Piergentili (*)