Woke: ascesa e caduta del proprio astro nascente

giovedì 6 febbraio 2025


La parabola di Karla Sofía Gascón, presunto astro nascente di Hollywood, non è solo una storia di gossip, ma rappresenta esattamente il cortocircuito intrinseco alla religione woke.

La prima attrice dichiaratamente trans candidata agli Oscar come miglior attrice per il suo ruolo nel film Emilia Pérez il film non in lingua inglese con più nomination di sempre: 13, tra cui miglior film, miglior regia e miglior film internazionale , è stata presentata da tutto l’establishment hollywoodiano e mediatico come nuova icona per antonomasia, dalla parte dei giusti insomma. Al netto di tutte le polemiche che hanno travolto il film.

Osannata e santificata, Gascón ha vissuto fino a pochi giorni fa il proprio momento di gloria. Poi, la settimana scorsa, la giornalista Sarah Hagi ha condiviso con un thread su X gli screenshot di una decina di post dell’attrice, scritti tra il 2016 e il 2021 ovvero quando era una perfetta sconosciuta, con la didascalia: “È assurdo che Karla Sofía Gascón abbia ancora questi tweet online. Non ho mai visto tweet così razzisti da una persona in aperta campagna per un Academy Award. Ce ne sono più di una dozzina”. Apriti cielo!

Alla sua richiesta di proibire “le religioni che vanno contro ai valori europei” si è scatenata l’accusa di islamofobia. Aver definito George Floyd, l’uomo afroamericano morto nel 2020 che diede il via al movimento Black Lives Matter, come un “drogato” l’ha resa una razzista. Aver criticato la diversità nella cerimonia degli Oscar del 2021 − “Gli Oscar sembrano sempre di più una cerimonia per il cinema indipendente e i film di protesta. Non so più se sto guardando un festival afro-coreano, una protesta di Black Lives Matter o 8M (il riferimento è alla marcia femminista per l’8 marzo, ndr). A parte questo, un brutto, brutto” − è stato visto come un’onta nei confronti di tutti. Quasi una lesa maestà!

Gascón ha quindi provato a correre al riparo, prima cercando un chiarimento, poi scusandosi, fino ad arrivare all’abiura definendo “sbagliate” le proprie opinioni passate. Ha sostenuto di aver difeso “tutte le minoranze del mondo, sostenuto tutti gli eventi contro il razzismo, per la libertà di religione e contro l’omofobia” e di aver criticato allo stesso modo “l’ipocrisia” al loro interno. Sabato in un post su Instagram aveva scritto: “Hanno già vinto. Hanno raggiunto il loro obiettivo. Macchiare la mia esistenza con bugie o cose decontestualizzate”.

Ma a nulla sono valsi i suoi tentativi, al punto da essere costretta a disattivare il proprio profilo social su X.

In un comunicato inviato all’Hollywood Reporter ha definito “campagna di odio e disinformazione” quella che le è piombata addosso.

Altre scuse sono arrivate in un comunicato mandato a Variety, dove si è definita una “persona che fa parte di una comunità marginalizzata”. Ha cercato di fermare la campagna d’odio nei suoi confronti facendosi intervistare dalla CNN dichiarando: “Non posso ritirare la mia candidatura all’Oscar perché non ho commesso alcun crimine né ho ferito nessuno. Non sono razzista né niente di come mi hanno fatta apparire alcune persone. Sono stata giudicata, condannata, crocifissa e lapidata senza processo e senza possibilità di difendermi”.

Tutto inutile. A sancire la fine prematura di questo astro nascente ci ha pensato l’olimpo degli illuminati. A partire dal giornalista Scott Feinberg, tra i più competenti quanto alle previsioni sui premi cinematografici, che ha dichiarato come i tweet di Gascón abbiano “gravemente compromesso le possibilità del film agli Oscar”, anche al di là della categoria di miglior attrice. Gli ha fatto seguito Wendy Ide, la critica cinematografica dell’Observer, che alla BBC ha sostenuto che sarebbe “molto sorpresa se Emilia Pérez vincesse come miglior film”.

Perfino Netiflix ha deciso di escluderla dalle campagne promozionali negli Usa nella settimana chiave per la decisione degli accademici di Hollywood, che dovranno votare entro il 18 febbraio.

Ieri l’attrice si è rivolta direttamente ai media internazionali: “Sono stata trasparente perché non ho nulla da nascondere. Tempo fa mi sono sentita persa nella mia transizione, cercando approvazione negli sguardi altrui. Ma oggi, finalmente so chi sono. Cerco solo la libertà di esistere senza paura, di creare arte senza barriere e di continuare ad andare avanti con la mia vita”. Si sente boicottata dalla “cancel culture” e “chiedo agli esperti di Hollywood, ai giornalisti che mi conoscono e che hanno seguito la mia traiettoria, come andare avanti?”.

La risposta è che non può. Perché ha osato esprimere opinioni dissidenti rispetto a quelle che vengono considerate giuste per antonomasia dal mainstream. Un po’ come successe a Rupert Everett quando, da omosessuale, si dichiarò contrario all’adozione da parte di coppie gay.

Karla Sofía Gascón probabilmente non parteciperà a tutti gli eventi pre Oscar e, pur non rinunciando alla nomination, non sarà presente alla tanto agognata serata. Non che sia una perdita, ma ancora una volta un punto di vista considerato scomodo viene semplicemente prima condannato e poi eliminato. Anche se viene da una persona considerata fino a pochi attimi fa parte di quello stesso establishment pronto ad usare un qualsiasi essere umano quando fa comodo per poi disfarsene un attimo dopo, come diventa scomodo. Alla faccia della libertà di pensiero e di parola, che è valido solo se ci si allinea da una certa parte.

Viene in mente il giudice di Catania Felice Lima, nella polemica interna all’Anm sulla riforma della giustizia, che rivolgendosi ad Emilio Sirianni ha scritto: “Trovo fascista l’idea che ci sia qualcuno - lei!!! - che ci deve dire come dobbiamo reagire a tutto questo, al bene e al male, pretendendo che ci comportiamo tutti come dice lui”.

In fin dei conti, il punto è proprio questo: chi sono oggi i veri fascisti?


di Claudia Diaconale