martedì 17 dicembre 2024
Sgomento, nessun’altra parola può essere utilizzata in merito all’ennesimo suicidio di un detenuto. Dal primo gennaio 2024, 86 detenuti si sono tolti la vita. L’ondata di suicidi sembra ormai impossibile da arginare nonostante le varie iniziative proclamate dall’Unione Camere Penali Italiane, Antigone e Radicali Italiani e le lotte del Garante nazionale per le persone private della libertà personale assieme ai Garanti regionali, senza contare il lavoro delle numerose Cooperative sociali presenti sul territorio che ogni giorno costruiscono speranza tra le macerie.
I detenuti “dovrebbero scontare la pena e le misure cautelari in un contesto di legittimità e sicurezza – ha dichiarato Fabio Pagani, segretario della Uilpa – Polizia Penitenziaria – che nella realtà pare molto prossimo all’utopia” ma la situazione dentro gli istituti penitenziari, nel frattempo ristagna, non ci sono più grandi aspettative e si fatica a smuovere una condizione che risente pesantemente del clima che si è creato nella società: un clima fatto di una continua e insensata invocazione a punire qualsiasi reato con la carcerazione, e quindi, in prospettiva, a riempire ancora di più le stesse.
Le cause principali sono sempre le medesime da anni, troppi oramai: carenza dell’organico delle guardie penitenziarie, carenza di educatori, assistenti sociali, mediatori culturali, e volontari oltre le scarsissime opportunità di studio, formazione e lavoro, senza valicare la linea triste e sottile della sanità penitenziaria. Un altro anno è passato e il sistema carcerario vacilla sull’orlo del baratro passando silenzioso tra la nebbia fitta che avvolge la società civile che non si rende conto che a finire in carcere non sono più i criminali di mestiere, ma ci si trova di fronte a una detenzione sociale, con tanto disagio mentale, tanta povertà. Un periodo così drammatico, per numeri ma soprattutto per desolazione e assenza di speranza, gli “addetti ai lavori” non lo avevano mai.
Per la prevenzione dei suicidi dei detenuti una cosa sarebbe facilissima e a costo zero, ma che resta nella discrezionalità dei direttori: fateli telefonare a casa, ampliate l’inclusione sociale e utilizzate le differenti pene alternative. Purtroppo, la carcerazione è diventata una condanna a morte e ciò va contro ogni conquista sociale, rendendo inefficace la funzione della pena che consiste nella rieducazione e prevenzione.
Gli istituti penitenziari italiani oggi dovrebbero rappresentare una possibile alternativa e non un luogo dove si sceglie di porre fine alla propria vita. Il suicidio rappresenta il gesto più estremo di ciò che il carcere è nel suo complesso ponendosi al vertice di una serie di comportamenti che manifestano il disagio, il rifiuto dello stato detentivo, nei termini di una paradossale ricerca di libertà fino alla forma estrema dell’auto-annullamento.
di Luigi Mollo