“Son morto con altri cento”

martedì 8 ottobre 2024


In un giorno ne hanno ammazzati più di mille. Ma questo infinito – “ammazzare” – non riuscirebbe minimamente a rendere l’idea di cosa abbia significato il 7 ottobre 2023 per Israele, per il popolo ebraico, per l’Occidente e per chiunque si consideri componente della comunità terrestre. Uccidere, tutto sommato, è un’epitome che racchiude il senso di una fine violenta quando qui, invece, a porre la distinzione tra l’umano e il demoniaco è quel frangente temporale che porta la vita a non collimare più con la sua essenza che implica l’amore e finanche la sofferenza, ma sempre entro una certa soglia, dopo la quale si scorge l’abisso. Profondo, profondissimo. Lo stesso dei lager tedeschi e dei gulag sovietici. La storia ritorna, si ripiega su se stessa e si spoglia dal suo ruolo di Magistra vitae. Dante Alighieri, nella sua Commedia, provò a descrivere sevizie indicibili e incompatibili con la logica umana ma la sua penna divina non giunse di certo a tratteggiare una crudeltà pari a quella del pogrom perpetrato da Hamas.

Forse la pena inflitta al Conte Ugolino potrebbe avvicinarsi all’oscurità di quel giorno. Potrebbe. Condizionale con scarse possibilità di incarnarsi in un indicativo. Il 7 ottobre è stato come l’11 settembre. Anche peggiore, se ragioniamo in termini relativi considerando il numero delle vittime con la popolazione israeliana. Non sono venuti giù grattacieli ma è collassata la pietas nei confronti di neonati, madri e disabili torturati e uccisi come nessuno mai e in maniera pressoché scientista solo in quanto ebrei. Punto. Difficile coprire con la sola giustificazione antisionista la vera matrice di un odio squisitamente antisemita. Difficile definire dei resistenti coloro che si sono comportati, né più né meno, alla stregua di nazisti, anzi, di nazi-islamisti. Insomma, trucidati perché israeliani e in quanto ebrei.

Son morto con altri cento

Son morto ch’ero bambino

Passato per il camino

E adesso sono nel vento

Adesso sono nel vento

A scrivere questi versi è stato Francesco Guccini nel ricordare la mattanza avvenuta ad Auschwitz. Di anni da quel delirio ne sono passati quasi 80 e se leggiamo queste strofe poco è cambiato. Nel campo polacco i bambini vennero inceneriti per disperderne le tracce dopo essere stati gasati. Durante l’attacco terroristico di un anno fa i lattanti invece sono stati messi nei forni o decapitati davanti ai loro genitori, ovviamente uccisi a loro volta. Per meglio dire: una seconda volta. E allora, nuovamente:

Io chiedo quando sarà

Che l’uomo potrà imparare

A vivere senza ammazzare

E il vento si poserà

E il vento si poserà, e il vento si poserà


di Luca Proietti Scorsoni