La leva obbligatoria e il socialismo italico

mercoledì 24 luglio 2024


L’idea di Stato come leviatano accentratore non è una prerogativa della sinistra, soprattutto in Europa, e particolarmente in Italia, il Paese più socialista d’Occidente. Il volto macabro e rivoluzionario dello Stato appare soprattutto nei momenti di maggiore crisi internazionale, come quello che stiamo vivendo in questo periodo storico. Lo scorso 21 maggio, Matteo Salvini, segretario della Lega nonché vicepresidente del Consiglio dei ministri, ha depositato alla Camera il disegno di legge per il ripristino della leva obbligatoria. In Italia, la leva obbligatoria non è mai stata formalmente abrogata, ma soltanto sospesa dal 2005. Per abrogarla bisognerebbe riformare anzitutto l’articolo 52 della Costituzione italiana, secondo la quale “la difesa della Patria è sacro (sic!) dovere del cittadino e il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”.
Curioso notare come, in uno Stato che si definisce “laico” e in una società allergica a ogni forma di riferimenti religiosi, si usi la parola “sacro dovere” quando si parla di macellare la carne dei sudditi in nome di ragioni e interessi superiori. Aveva dunque ragione, almeno in questo, Thomas Hobbes a dire che lo Stato è un dio mortale! E come ogni dio, pretende diritti “sacri”, inviolabili. Questo nuovo disegno di legge propone il servizio militare o civile di sei mesi obbligatori per tutti i cittadini italiani tra i 18 e i 26 anni. Tale servizio è detto “universale e territoriale”, intendendo così dire che il servizio coinvolgerebbe (qualora la proposta dovesse passare) tutti i cittadini idonei, senza eccezioni, sia di sesso maschile sia di sesso femminile, e che verrebbe svolto all’interno della regione di residenza o domicilio del cittadino (e non più su tutto il suolo nazionale, come avveniva in passato). Gli studenti verrebbero convocati al momento della conclusione del loro ciclo di studi, mentre i lavoratori dovrebbero abbandonare la propria occupazione. Sarà compito dell’azienda conservare il posto di lavoro (e figurarsi!). L’iter di questa proposta di legge è ancora agli inizi, ma dal momento che si tratta di “legge ordinaria”, basterà essere approvata una sola volta da Camera e Senato per entrare in vigore.   

Ovviamente la proposta ha subito suscitato l’indignazione e lo scandalo degli ambienti politici di sinistra, storicamente avversari di Salvini e della Lega, epperò da ciò non segue che tale proposta di legge possa essere ritenuta qualcosa di buono. Al contrario, essa ci dimostra ancora una volta come destra e sinistra, particolarmente in Italia, sono solo due facce della stessa grave tragedia ideologica: il socialismo, l’idea cioè secondo cui l’interesse dello Stato – nome fittizio con cui si pretende identificare la collettività, ma in realtà fa riferimento a una ristretta e spersonalizzata casta di burocrati – prevale sempre e comunque sul benessere della persona. Le ragioni che avrebbero spinto Matteo Salvini a proporre il ripristino della leva obbligatoria sono due: la necessità sociale di “educare la gioventù” e la necessità geopolitica di essere pronti a ogni evenienza, vista la crisi sul fronte ucraino e quello israeliano. Due motivazioni che dovrebbero farci inorridire e procedere in senso contrario. Per quanto riguarda l’educazione della gioventù, bisogna radicalmente controbattere affermando che lo Stato non ha alcun diritto all’educazione. È importante ricordare l’importanza del principio della sussidiarietà, secondo cui le decisioni dovrebbero essere prese il più vicino possibile ai cittadini e alle loro famiglie, senza indebite ingerenze da parte dello Stato. L’imposizione della leva obbligatoria contraddice in maniera palese questo principio, imponendo un obbligo generalizzato e centralizzato che nega alle famiglie il loro ruolo educativo primario. Stiamo parlando di un diritto – quello dell’educazione – esclusivo e inalienabile della famiglia.

Anche la motivazione geopolitica di Salvini appare inconsistente: nella libertà individuale e nella responsabilità personale risiedono i fondamenti di una società prospera e giusta, così come è con la diplomazia che bisognerebbe cercare di superare ogni crisi internazionale. Infine, la proposta di Salvini sembra ignorare l’evoluzione delle moderne tecniche di difesa e sicurezza, che richiedono competenze altamente specializzate e tecnologia avanzata. Un esercito di leva, formato da giovani che non hanno mai mantenuto un fucile tra le braccia improvvisamente costretti a servire lo Stato per pochi mesi, molto difficilmente può competere con forze armate professionali e ben equipaggiate, come quelle di Stati Uniti, Cina o Russia. La vera sicurezza, dunque, non risiede nell’obbligo di servizio militare, ma nell’investimento in una difesa moderna ed efficiente, basata sulla libertà individuale e sulla competenza tecnica. Non siamo più agli inizi del Novecento, quando le guerre erano combattute con una logica quasi esclusivamente quantitativa, della serie: “Più soldati hai, più probabilità hai di vincere”.

Ciò ovviamente non vuol essere un’apologia del pacifismo. Al contrario: bisogna affermare che esiste un diritto personale all’auto-difesa, anzi sarebbe opportuno e conveniente per ciascuno possedere e imparare a usare un’arma o esercitare arti marziali (nel Medioevo la spada era considerata il simbolo dell’uomo libero). La vera sicurezza e prosperità possono essere raggiunte solo attraverso il rispetto dei diritti individuali, l’autodifesa personale e la sussidiarietà, principi che il socialismo statalista non può e non vuole riconoscere.


di Gaetano Masciullo