martedì 4 giugno 2024
Festa della Repubblica: mancano pochi giorni al voto per il Parlamento europeo, ogni leader o sedicente tale ha cavalcato l’evento come sa e può. Polemiche che presto verranno archiviate; e omissioni, silenzi, che è bene non dimenticare. Per esempio, le carceri, i detenuti, la comunità penitenziaria in generale. Proprio nel giorno della Festa della Repubblica, due morti: un detenuto deceduto a Cagliari in ospedale, dopo che due giorni prima aveva tentato di impiccarsi nella sua cella. E un altro, che si è impiccato a Venezia. Dall’inizio dell’anno ne abbiamo censiti 39 di questi detenuti che hanno scelto di togliersi la vita; a questi 39 ne dobbiamo aggiungere quattro: suicidi che fanno ancora meno notizia dei detenuti suicidi. Sono quelli degli appartenenti al Corpo della Polizia penitenziaria, 43 vittime. È la punta di un iceberg: la situazione delle carceri, le deficienze sanitarie, la carenza di personale specializzato, la più che carente assistenza psichiatrica, il sovraffollamento, la promiscuità, tutti temi accuratamente evitati. Un quotidiano sterminio di diritto e giustizia; una quotidiana violazione delle leggi che ci siamo dati; uno stillicidio di morti, dolore, sofferenza.
Sommessamente ci si permette di ricordare quanto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, disse in occasione dell’incontro con una rappresentanza della Polizia penitenziaria nel 207º anniversario della sua costituzione (era il 18 marzo scorso): “È indispensabile che si affrontino sollecitamente le problematiche degli istituti penitenziari”. Aspetti che “richiedono interventi urgenti: completamento di organici, risposte al sovraffollamento carcerario e sopra ogni cosa, assistenza sanitaria. Il numero dei suicidi nelle carceri dimostra quanto sia importante e indispensabile affrontarlo immediatamente, con urgenza. Anche per rispetto del loro sacrificio vanno assunti, dalle istituzioni, i provvedimenti necessari e le iniziative indispensabili, per rispetto della dignità di chi, negli istituti carcerari, lavora, e di chi vi è detenuto”. La risposta della classe politica? Quella delle stelle nel celebre romanzo di Archibald Joseph Cronin: stanno a guardare.
di Valter Vecellio