giovedì 23 maggio 2024
“Tra le prestazioni oggi erogabili in televisita la quota di quelle effettivamente fornite è tra l’1 e il 5 per cento nell’86 per cento delle aziende sanitarie che dispongono del servizio”. Questo, come riportato in una nota, è un dato estratto per Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, dalla ricerca dell’Osservatorio sanità digitale del Politecnico di Milano, presentata oggi nel corso dell’evento “Sanità Digitale: trasformare il presente per un futuro sostenibile”, in corso a Milano.
Giovanni Migliore, presidente della Fiaso, osserva: “Stiamo utilizzando solo l’1 per cento delle potenzialità attuali dei sistemi di telemedicina. Attraverso la tecnologia oggi potremmo migliorare l’efficienza, l’accessibilità e la qualità delle cure ma non riusciamo a superare barriere culturali o organizzative che impediscono una più ampia adozione dei servizi in favore dei pazienti”.
Eppure, come emerge dalla ricerca, “il 40 per cento delle strutture sanitarie pubbliche ha attivato stabilmente servizi di televisita, mentre un altro 40 per cento ha in corso sperimentazioni o le attiverà entro fine anno. Il teleconsulto – riporta il comunicato – è utilizzato nel 52 per cento delle aziende, seguito dai servizi di telemonitoraggio al 40 per cento. Il 29 per cento delle strutture ha attivato o sta sperimentando servizi di teleconsulto tra medici di medicina generale e ospedale. La televisita, ricordiamolo, è una visita medica a distanza tra un paziente e un medico, viene effettuata attraverso piattaforme di telemedicina e consente ai pazienti di ricevere diagnosi senza doversi recare fisicamente presso lo studio medico o l’ospedale”.
Il teleconsulto, invece, “è una consulenza medica a distanza tra medici o tra un medico e altri operatori sanitari per discutere di casi clinici complessi, condividere competenze specialistiche o prendere decisioni diagnostiche e terapeutiche”.
Ancora Migliore: “Alla vivacità delle iniziative nel campo dell’innovazione e della telemedicina che vengono svolte in molte aziende non si accompagna il cambiamento nelle regole che è il vero presupposto per una diffusione su larga scala di questa modalità assistenziale. La telemedicina potrebbe essere di grande aiuto nella risoluzione di due grandi problemi della sanità come la mancanza del personale sanitario e le liste d’attesa. Potremmo, ad esempio, portare visite specialistiche in aree periferiche – evidenzia – ottimizzando la gestione del tempo dei medici e dei pazienti, riducendo l’attesa per appuntamenti e follow-up. Effettuare il monitoraggio costante dei pazienti con malattie croniche al loro domicilio, potremmo portare ciò di cui il paziente ha bisogno, lì dove ne ha bisogno. Ma tutto questo non deve più restare circoscritto negli appuntamenti sulla telemedicina ma fare effettivamente parte del patrimonio del nostro sistema sanitario nazionale”.
Tra le barriere individuate dalle aziende rispetto allo sviluppo dell’innovazione digitale “ci sono le risorse economiche limitate. Per i servizi di telemedicina sono stati stanziati dal Pnrr circa 1,5 miliardi di euro. L’impatto sulla spesa per la sanità digitale però deve in realtà ancora manifestarsi appieno, nonostante ci sia stato un aumento del 22 per cento rispetto al 2022”.
Riguardo la rimozione delle barriere culturali nell’impiego di servizi di telemedicina, “il 66 per cento delle direzioni strategiche ha dichiarato che sta iniziando ad esserci consapevolezza da parte della maggior parte dei professionisti rispetto ai benefici della telemedicina e nel 28 per cento dei professionisti c’è piena consapevolezza e positività e si stanno progressivamente impiegando indicatori per misurarne l’impatto sui servizi erogati”.
Conclude Migliore: “In questo momento le risorse ci sono e non possiamo più perdere tempo. Dobbiamo potenziare l’agenzia italiana per la sanità digitale, fare formazione per sviluppare competenze e professionalità nuove, dai dirigenti per i quali lo stesso Pnrr ha previsto e finanziato corsi, giù a caduta sugli altri attori del servizio sanitario, fino ai medici di medicina generale. Dobbiamo fare tutti di più per colmare il divario tra i servizi disponibili e il loro effettivo utilizzo”.
di Redazione