venerdì 26 aprile 2024
C’è una storia, quella di Emma. Una bimba che, nel breve tragitto della sua vita (quattro anni), si imbatte in un mostro: la leucemia. La piccola combatte. Ma la sua fiaba – un giorno – termina, “senza risposte”. A quel punto, però, nel racconto inizia un altro capitolo. Che ha un nome: Emmaland, associazione con al timone i genitori della piccola e che vede coinvolte anche altre persone legate alla bambina. Il coraggio nasce da un sorriso è il motto. Il resto vien da sé: “L’associazione, principalmente, nasce per mantenere vivo il ricordo di nostra figlia che è venuta a mancare – racconta Claudia Calcagno, mamma di Emma e presidente di Emmaland – la mission è supportare, moralmente, chi deve intraprendere un percorso di guarigione, complesso o non, nell’ambito delle malattie infantili. Noi proveniamo da una realtà piccola (Gattico, provincia di Novara), eppure – con nostra grande sorpresa – siamo riusciti a fare rete. Si è creata una bella sinergia”.
La narrazione, così, si sviluppa in varie tappe: la donazione del materiale didattico all’ospedale Regina Margherita di Torino “dove nostra figlia ha fatto il suo percorso”. Oppure il regalo di esperienze extrascolastiche, come il corso di musicoterapia offerto a una bambina non vedente con alle spalle una malattia oncologica. Insomma, l’idea è quella di donare leggerezza, seppur in contesti complicati. Ma questa leggerezza, alla lunga, non rischia di diventare pesante come un macigno? Claudia Calcagno risponde senza esitazioni: “Abbiamo provato cosa significhi vivere determinati momenti. Ricordo quando con Emma andavamo in ospedale, per effettuare delle visite. La struttura era molto attenta ai particolari: pareti colorate, bellissime, con tanti animaletti. E nostra figlia si faceva scattare le foto proprio lì. Quindi, ecco: direi che il dono della leggerezza non è pesante. Perché ai noi adulti distoglie i pensieri. C’è il gioco. Ci sono cose belle. E così deve essere”.
Come quel paese composto dai mattoncini della Lego: “Una promessa fatta alla nostra bambina. E l’abbiamo mantenuta. È dietro casa. Nostra figlia ha trascorso molto tempo in ospedale, amava fare i Lego. Adesso c’è questo villaggio. È stupendo”. O come il Giardino di Emma, trasformazione artistica sorta nell’area ricreativa del reparto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico Umberto I di Roma, donata proprio da Emmaland e realizzata grazie all’intervento di Ospedali Dipinti: “È il terzo Giardino questo, dopo quelli negli ospedali Santissima Trinità di Borgomanero e Maggiore di Novara. Silvio Irilli da tempo trasforma reparti ospedalieri, soprattutto quelli di pediatria. Lo abbiamo conosciuto tre anni fa. Ci ha segnalato che c’era la possibilità di venire nella Capitale. L’idea ci è piaciuta. Ed è stata una giornata indimenticabile. Abbiamo intenzione di inaugurare un quarto Giardino, vediamo”.
La novella non si chiude qui: va avanti. E vola come una farfalla, che per la famiglia di Emma rappresenta un segnale. Anzi, molto di più: “Gli indizi sono tanti. La prima scatola di Lego che ci è stata donata per il “villaggio” – termina Claudia Calcagno – era di un maschietto. Una volta rovesciata, è uscita subito una pedina che aveva una farfalla. Non solo. Io, per stare accanto a mia figlia, sono stata ferma sette mesi. Quando sono tornata al lavoro, sulla maniglia della porta dell’ufficio c’era una farfalla. Perciò, ci piace pensare a una sua presenza”. Non a caso, farfalle – tante – sono dipinte sulle pareti dei nosocomi interessati dal progetto. Un modo, questo, per dare fiducia e serenità emotiva grazie alla forza dell’arte, del colore e della fantasia. Il tutto condensato in un Giardino. Nel nome di Emma.
di Claudio Bellumori