martedì 2 aprile 2024
Il matrimonio tra Rai Way della televisione pubblica ed Ei Towers del gruppo privato Fininvest piace al mercato. La fusione prima o dopo si farà per costituire il polo delle torri di trasmissione del segnale. I tempi non dovrebbero essere molto lunghi anche se servono approfondimenti e riflessioni da parte di Palazzo Chigi e del Ministero del Tesoro, azionista di maggioranza dell’azienda di Viale Mazzini. La strada sembra comunque tracciata. I colloqui tra le parti si sono svolti in silenzio e a più riprese, consentendo alle due aziende di perfezionare alcune posizioni. L’amministratore delegato e direttore generale di Rai Way Roberto Cecatto, in carica dal maggio 2023, ha reso noto il piano industriale da valere fino al 2027, che prevede iniziative di diversificazione nel settore delle telecomunicazioni, delle infrastrutture digitali. Al fine di un rafforzamento economico, Cecatto ha reso noto che saranno spesi entro l’anno circa 80 milioni di euro per ristrutturare e modernizzare l’impianto in onde medie di Pomezia facendolo diventare il nuovo data center di Rai Way e cioè il cervello al quale si collegheranno una serie di altri piccoli data center lungo la penisola. Il futuro delle società di trasmissione è stato analizzato nei suoi vari aspetti e nella complessità della gestione delle due società che presentano realtà economicamente solide sia a livello strutturale che occupazionale. Nei colloqui tra gli “sherpa” anche la questione dei sistemi digitali di trasmissione e l’uso dell’analogico. Per il sottosegretario a Palazzo Chigi, con delega all’Informazione e all’Editoria, Alberto Barachini si tratta di trovare l’equilibrio tra controllo pubblico e quello di un soggetto privato (Ei Towers è controllata al 60 per cento da F21 e per il 40 per cento da Mfe di Mediaset). E che lo scenario si stia perfezionando lo si ricava dalla nomina di Mediobanca come advisor della Rai e Intesa Sanpaolo per F21.
Si terranno le “nozze antenne”? Forse in autunno dopo il rinnovo del Cda Rai e dei nuovi vertici di Viale Mazzini. Secondo gli esperti questa operazione allineerebbe l’Italia agli altri Paesi europei che hanno un solo operatore nel campo delle antenne. Alla Rai converrebbe di certo potendo contare su un dividendo di circa 1,5 miliardi di euro. Il vantaggio per Mediaset è quello di condividere i costi degli investimenti in un settore strategico come le telecomunicazioni. È stato il numero uno di Auditel (40 anni di attività) Andrea Imperiali a indicare nella relazione annuale al Parlamento il quadro del settore televisivo e i radicali cambiamenti verificatisi in pochi anni, mettendo in evidenza le sfide sempre più globalizzate tra i soggetti in campo. Oggi l’Italia è popolata da 120 milioni di schermi digitali e alle 7 storiche emittenti pubbliche e private se ne sono aggiunte altre 373, tutti canali ormai rilevati da Auditel. In 4 decenni le cifre indicano che i cambiamenti hanno portato nella stagione 2022/23 i broadcaster italiani a raggiungere il 90 per cento dei telespettatori. I pericoli, avverte Imperiali, potrebbero derivare dalle distorsioni di un mercato globale dello streaming in grado di determinare una dimensione egemonica di pochi soggetti e dal non corretto utilizzo dell’Intelligenza artificiale. Si fa sempre più stringente la necessità di completare il quadro regolatorio dell’Unione europea ai fini di tre requisiti fondamentali: pluralismo, trasparenza e sostenibilità di un settore vitale per la democrazia.
di Sergio Menicucci