Le sfide alla Rai settantenne di Mediaset, La7 e Discovery

martedì 2 gennaio 2024


La televisione in 70 anni ha trasformato l’informazione, i costumi, i modi di vivere delle famiglie italiane, contribuendo anche alla riduzione dell’analfabetismo imperante ancora nei primi anni del Secondo dopoguerra. Iniziative a parte del gruppo Rai, l’evento storico del 3 gennaio 1954 sta offrendo riflessioni e analisi di come un mezzo tecnico, il televisore, l’iniziale scatolone, possa aver dato una spinta allo sviluppo della società italiana. Prima dell’invenzione dei telefonini e della pletora dei social è stata la televisione a dettare legge in materia di comunicazioni. Con la digitalizzazione e l’avanzare dell’Intelligenza artificiale si apre, tra fame di sapere e disinformazione, una nuova epoca per il mondo dei media e i rapporti con radio-telespettatori, lettori di quotidiani e imprese. Quando in quella domenica del 3 gennaio 1954 l’annunciatrice Fulvia Colombo annunciò l’inizio delle “regolari trasmissioni”, il cui segnale arriva solo in Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria e Lazio pochi erano propensi a pensare che ci sarebbe stato in seguito uno sviluppo vertiginoso di ascolti e abbonati. Dai 90 del primo mese divennero in un anno 24mila per arrivare, quattro anni dopo, al milione.

D’altra parte, possedere un televisore era particolarmente costoso: si aggirava sulle 250mila lire di allora a fronte di uno stipendio di un impiegato statale di circa 80mila. La tivù divenne così un punto di riferimento di bar e locali pubblici e di raduno nelle poche famiglie che possedevano il prezioso strumento. Arrivi e partenze del giornalista italo-americano Mike Bongiorno, che si era fatto le ossa come cineoperatore durante l’ultima fase della guerra con l’Esercito americano, le avventure dell’arte, Settenote e la Domenica sportiva, con il Tg delle 20.45 tennero a battesimo i primi programmi. Il boom arrivò con l’esplosione di Lascia e raddoppia e Rischiatutto. Il giovedì era dedicato ai quiz, il primo Festival di Sanremo in diretta è del 1956, la pubblicità arrivò con Carosello nel 1957, la prima Canzonissima l’anno dopo. Nel 1961 nacque il Secondo programma. Arrivano sulla scena del grande schermo Giancarlo Magalli, Pippo Baudo, quindi Corrado, Raffaella Carrà, la regina della tivù italiana. Nei primi venti anni di vita Viale Mazzini e via del Babuino furono una fucina di autori, creativi, programmisti, musicisti, artigiani che producevano abiti e scenografie all’interno dell’azienda.

Fino alla riforma del 1975 la Rai si espande sotto la guida di manager e giornalisti di matrice cattolico-democristiana come Ettore Bernabei, Biagio Agnes, Emilio Rossi, Willy De Luca, a cui si affiancheranno i socialisti e dal 1979 con la Terza rete i comunisti. C’è un dato storico interessante nel quadro legislativo del sistema radiotelevisivo italiano. La prima legge di regolamentazione delle radiocomunicazioni è del 1910, il primo decreto legge che riserva allo Stato l’impianto e l’esercizio di radiocomunicazioni è dell’8 febbraio 1923 voluto dal capo del Governo Benito Mussolini, che determinerà l’anno dopo la nascita del sistema monopolistico e nel 1927 il servizio viene concesso a uno speciale ente chiamato Eiar (Ente italiano per le audizioni radiofoniche). Con un decreto del 1944 la denominazione diventa Rai e nel 1952 il Parlamento approva la convenzione mediante la quale lo Stato rinnova alla Rai la concessione per vent’anni, con maggioranza delle azioni all’Iri mentre la pubblicità sarà gestita dalla Sipra. Si arriva così alle due sentenze della Corte costituzionale del 1974 che, in pratica, avviano la fine al regime di monopolio esclusivo che avverrà all’inizio degli anni Ottanta dopo il periodo di oscuramento di Canale 5 di Silvio Berlusconi, il quale ottiene dal presidente del Consiglio Bettino Craxi il decreto “salva tivù private”. Il cosiddetto Decreto Berlusconi. Da allora inizia un’altra storia per la televisione italiana. Qualche giorno fa l’Auditel ha certificato che mentre la Rai è vincente sul prime time, la fascia più importante di ascolto, Mediaset supera nell’intera giornata l’azienda di Viale Mazzini con il 37,7 di ascolto medio contro 37 per cento. Intanto, nel bilancio degli ascolti avanzano La7 che ha chiuso l’anno con un 3,4 per cento di share totale e Discovery. Le sfide tra gruppi continuano, smentendo i fautori della fine delle tivù generaliste.


di Sergio Menicucci