Autismo: fare gol con l’inclusione

martedì 5 dicembre 2023


Un cerchio che si apre. Con l’obiettivo d’allargarlo, per aprire un fronte che possa coinvolgere più realtà. Nasce a Roma il progetto “Assist-Aut”, che vede insieme l’associazione ScopriAmo l’autismo, l’accademia di calcio Gialloazzurri e, a latere, l’Università Campus Bio-Medico. “Fare del bene porta bene” dicono dall’Associazione. E da queste basi prende avvio un’idea che, giorno per giorno, sta prendendo corpo. Senza perdere la bussola, che è orientata verso la meta: quella dell’inclusione. Ma non solo.

Margareth Martino, medico, vicepresidente di “ScopriAmo l’autismo” contattata dall’Opinione racconta: “Lo sport di gruppo è una delle poche cose che è preclusa a chi ha disturbi dello spettro autistico”. Eppure, rivela, “avevo letto che in alcuni nazioni, come negli Usa, sono stati effettuati degli studi. Che hanno mostrato come lo sport, nella fattispecie il calcio, possa rappresentare qualcosa di più di una mera attività ludica. Perché ha anche dei risvolti terapeutici”.

Inizia così il viaggio. Viene individuata la struttura e la società disposta a far parte della squadra, che è appunto l’accademia Gialloazzurri. Inoltre, spiega la dottoressa Martino, “nel Comitato scientifico della nostra associazione è presente il direttore dell’Università del Campus Bio-Medico”. Con la struttura accademica, quindi, sarà valutato il possibile avvio di una ricerca sulle finalità mediche e terapeutiche del progetto. “I bambini autistici fanno fatica a inserirsi in un gruppo – osserva Margareth Martino – e ad avere la percezione degli altri. Solitamente, il rapporto è uno a uno (bimbo-terapista). Tutto ciò è faticoso, se calato in una disciplina dove ci sono più individualità. Per questo, è stato avviato un percorso di formazione. Dalle segretarie agli allenatori. In campo, durante gli allenamenti, ci saranno contemporaneamente i mister e i terapisti. Stiamo formando il personale, impostando un protocollo d’allenamento”. Parallelamente, prosegue, “c’è, passatemi il termine, il reclutamento. Per iniziare, un massimo di 8-10 ragazzini, tra i 5 e i 10 anni, con un autismo di livello 1. Le attività dovrebbero partire a marzo, con la bella stagione. Sarà importante trovare un giorno, per esempio il sabato mattina, quando i bambini sono liberi e non hanno terapia”.

L’obiettivo pratico “è riuscire a trovare un format di allenamento facilmente replicabile anche per altre polisportive – dice Martino – l’obiettivo ambizioso, invece, è quello di un progetto di ricerca che possa essere terapeutico”. Senza dimenticare un aspetto: “L’autismo non si cura, si comprende. La formazione deve essere fatta seriamente. Perché l’autismo è di per sé complesso. Ed è altrettanto complesso sia da spiegare che da capire. L’autismo, anche se si dovessero acquisire autonomia e capacità verbali, resta una condizione permanente. Nella nostra associazione c’è un ragazzo, Francesco, che è autistico. E nei percorsi di formazione è con noi. Ascoltarlo è importante”. Perché, conclude Margareth Martino, “le persone autistiche sanno dare amore. Ma molto spesso non abbiamo gli strumenti, e le conoscenze, per riceverlo. E incamerarlo”.


di Claudio Bellumori