Femminicidio selettivo: tutte meno tante

giovedì 30 novembre 2023


Manifestazioni in tutta Italia contro il femminicidio. Quanto rumore e quanto silenzio fa la piazza. Si protesta per tutte meno qualcuna. Cucciole della tigre ruggiscono nelle piazze d’Italia. O cucciole della Lupa, la belva supplente della madre, unica femmina contro cui il maschio allattato non scaglia il coltello?

Il rudimento della violenza è nelle declinazioni dell’assenza o del “malamore”, come quello della Rateta, un’antica fiaba di donne malamate e della loro trasformazione. È questo il significato della spuma viola che dilaga nelle piazze d’Italia?

La morte di Giulia Cecchettin, uccisa con tante coltellate quanti erano i suoi anni e ora nel pantheon delle fate insozzate di sangue da quelli che sembravano elfi, è ancora notizia fresca. Subito diventa il mordente di una protesta infuocata su cui ha soffiato l’alito della sorella di Giulia, Elena, tedofora delle rivendicazioni in mezzo a tanto clangore. Il suo, un grido come segnale dell’inizio della battaglia, poi il ripiegamento nel silenzio del dolore. In mezzo milione si diffondono come sciami pungolanti per le vie di Roma, dalle altre piazze d’Italia fanno eco. Un carnaio o un tritacarne? Non ci sono forche, ma il monito agli uomini non è affatto velato.

Ecco le tastiere a battere che stavolta non è come le altre, che stavolta il feticcio del patriarcato può essere definitivamente bruciato (senza carbone, con la voce, con la scritta su uno striscione…).

Nel pentolone bollente finisce di tutto, anche ingredienti che tra loro fanno solo fumo: per esempio, gli strali contro Israele. È che forse la politica fa sempre più rumore di chi prova a manipolare questo rumore. La comunità ebraica non ha mancato di polemizzare.

È un rumore strano, quello di chi protesta, perché rende ciechi oltre che sordi. Quel mantra “Non una di meno” allora non è poi così inclusivo: è una nicchia con l’inferriata sbarrata perché deve intrufolarsi “non una di più”. I video tecnologici di questo millennio sembrano diventati oscure polaroid: le donne israeliane violentate da Hamas sono sagome che fuori dalla pellicola devono essere eclissate nel turbinio della polvere del deserto. Non possono far parte della conta. Sembrano vittime di un orrore che toglie la vita in modo diverso, con le mani che si infilano in ogni orifizio, così violente da spaccarti il bacino, ma poi rantolano in modo diverso.

Non è questione di clitoride: è questione di razza.


di Federica Tudini