Essere giovani oggi

venerdì 24 novembre 2023


I pomodori hanno bisogno di concime. Il dibattito che ha fatto seguito all’efferato assassinio di Giulia Cecchettin ha dato luogo a una sequela di chiacchiere: la consueta scia chimica che si avvolge attorno a ogni evento di rilievo. Carta stampata e tivù chiamano i soliti “esperti”. Le culture politiche hanno proposto un inasprimento delle pene oppure la de-colpevolizzazione (“la colpa è di tutti noi”, “è psicologicamente fragile”, “va curato”). Il dibattito si è incentrato sui minuti di silenzio a scuola, i cortei, le panchine rosse nei parchi, una settimana dedicata su Rai Radio 3. Dopodiché, arriverà il silenzio, muto come il dibattito precedente. Ho trovato qualche pallida luce nei social, là dove qualcuno parlava di libri e romanzi. Dicono: “Il problema è la mancata maturazione!”. Quasi fosse una questione agricola. Dico: “Leggere fa maturare le persone e rende capaci di amare, perché ti fa rispettare l’altro”. Nelle società elitarie, in cui mancava la scarna e stiptica istruzione di massa, i pochi borghesi e aristocratici leggevano. Molto. La formazione si svolgeva fuori dai banchi di scuola. Giacomo Leopardi divorava la gigantesca biblioteca paterna più di quanto 100 bambini d’oggi divorino un quintale di marshmallow. Johann Wolfgang von Goethe imparò quattro o cinque lingue antiche e moderne prima di compiere dieci anni, e aveva una piccola macchina da teatro, completa di palco, sipario, scene, con la quale dilettarsi. Non aveva mica il cellulare regalatogli dal nonno. E non andava in palestra a fare judo, ma comunque si muoveva più di un suo coetaneo che abiti in una città d’oggi. Una volta si chiamavano “romanzi di formazione”. Un ectoplasma di questi ha resistito nel cinema, nei film di François Truffaut o Steven Spielberg e anche in serie come Stranger Things, prima della carestia attuale. Quella letteratura quasi non esiste più: al più, ci sono i corsi di formazione per impiegati o giornalisti, più tristi e inutili del funerale di una persona rimasta sola al mondo.

E invece si tratta di una cosuccia non da poco: “formare” nuovi uomini e nuove donne dotati di coscienza, grazie alla funzione specchio della lettura. La lettura di un testo importante crea consapevolezza e dialogo interiore. La consapevolezza crea la discussione con se stessi, e la discussione con sé trasforma un babanetto in uomo o donna, come si diceva prima che gli adulti cominciassero ad ascoltare musica trap, a vestire come i figli, a usare il cellulare più dei nipoti (questo lo dice Guia Soncini, non io). Nella grande letteratura ci sono gli strumenti necessari: Dante Alighieri, Alessandro Manzoni, Lev Tolstoj, Stendhal, Proust. Io a sette anni leggevo libri scritti nell’italiano del Seicento, non leggevo “libri per ragazzi”, perché anche Zanna Bianca di Jack London era un romanzo serio, come Pinocchio, Cuore, Il giornalino di Gian Burrasca. Molti dei testi “per ragazzi” di una volta oggi sono censurati o distrutti. Quelli che si pubblicano adesso sono tutti infarciti di istruzioni e comandi, come “difendi la Natura”, “non buttare la carta per terra”. I risultati si vedono. Der Struwwelpeter (racconti editi in Italia col titolo Pierino Porcospino) era un libro di fine Ottocento, basato sul rapporto causa-effetto: se Pierino si mangiava le unghie, arrivava di notte il Sarto Forbicione che gli tagliava le dita della mano. Ma l’educazione è innanzitutto passione e autoapprendimento. Non serve Disney+ quindi, ma leggere Resurrezione di Lev Tolstoj. E non deve esserci più contrapposizione tra scienza e umanesimo, quella che fa impazzire l’Intelligenza artificiale di Hal 9000 in 2001, Odissea nello spazio di Stanley Kubrick.

PRIMA DI SPOSARE UN ALTRO, UOMO O DONNA, BISOGNA SPOSARE SE STESSI
Mi spiego meglio: chiamo una relazione profonda “sposarsi”, anche se si convive. Se invece le relazioni sono superficiali, le persone non riescono a capire l’altro con cui trascorrono mesi o anni. E qualcosa prima o poi non funzionerà più. Ecco quindi una premessa, prima di fare ogni promessa: prima di avere una relazione con un altro, occorre averne una con se stessi. Per incontrare se stessi bisogna prima avere l’agnizione, che è la base dell’innamoramento. L’agnizione non è nient’altro che un riconoscersi. Ripeto: riconoscersi, non conoscersi. Tu puoi benissimo trovare l’amore in una persona che non hai mai visto prima, perché in lei riconosci delle affinità che ti attraggono. È quello il riconoscere l’altro. Purtroppo, la società ultralight in cui ci siamo conficcati a testa in giù nella sabbia al massimo ti permette di conoscere una persona, non di riconoscerla. Ma limitarsi alla conoscenza dal punto di vista relazionale è un modello da villaggio turistico o da fila al supermercato! Perché, invece, dimenticare la ricerca di una fonte e di un sentire comune? Tutti i fallimenti relazionali nascono dall’incapacità di leggere l’altro in profondità, non con gli strumenti della ragione, ma con quelli di quello che nel jazz si chiama feeling. Senza aprire le porte del feeling, come un pulcino che spezza l’uovo alla nascita, non c’è relazione che tenga, se non quella scopereccia. L’ars amatoria va bene per un tempo, non per tutti i tempi che ti arriveranno addosso. YouPorn come nuova educazione sentimentale delle masse? Per andare oltre, devi prima scoprire te stesso, conoscere te stesso, come diceva già Socrate 25 secoli fa, e non è una cosa da niente. Se non sai dire-fare-baciare-lettera-testamento con te stesso (è così, il treno dell’amore), come pretendi di farlo con un altro. E per conoscerti come farai? Dovresti, già da bambino, incontrare gli altri, ma non in una palestra o in una scuola calcio dove ci sono sorveglianti adulti che ti dicono, come piccoli dittatori, cosa devi fare. Rischi di diventare un robot felice di eseguire ordini.

Il problema non è l’Intelligenza artificiale, ma costruire generazioni di uomini e donne artificiali, soffocati. Quello è il rischio! Invece, trionfa la scuola calcio. Potrà servire a ragazzi dotati di genio calcistico, per gli altri sarà al massimo un’occasione di conoscere altri bambini e – finalmente! – sudare e stancarsi. Ma questo, in concreto, rischia di essere come far passare ai bambini italiani 12 ore nelle scuole pubbliche del Nord Corea, quanto a trasmettere loro libertà, gioia, interazione con gli altri, educazione (che è in primo luogo autoeducazione). E c’è di peggio: sugli spalti ci sono i genitori seduti a chiacchierare e tifare come hooligan della Stella Rossa di Belgrado. Quando i bambini erano liberi di giocare a calcio, i loro genitori nemmeno si sognavano di andare a tifare per il loro pargolo. I campetti erano oro, quando si poteva ancora stare da soli in strada, autogovernati e liberi di dare la prima occhiata imbambolata a chi ti piaceva.

COSA LEGGERE COSA VEDERE COSA NON FARE
I talebani e i terroristi di Hamas leggono (a parte la recita del Corano)? Non leggono. E come possono quindi gestire le relazioni con le donne? Leggere letteratura educa al pensiero critico, al dubbio, all’incontro con l’altro. È una premessa d’amore. Invece, l’incapacità di amare è la chiave di tutto l’universo di chiacchiere che ha avvolto in questi giorni una tragedia come quella di Giulia. L’amore non si può (e non si deve) insegnare a scuola né in famiglia (se non ostensivamente: se i genitori si amano nella reciproca indipendenza e senza reciproca dipendenza, e se non c’è soggezione d’amore). Ci vuole comunque qualcosa di esterno alla famiglia per imparare l’amore. Questo spazio va autoscoperto. Darò un esempio di cosa si può leggere, vedere, fare. Ma prego di diffidare di ciò che scriverò qui di seguito. Ci sono quei film che non si trovano più né su Netflix o Prime, a parte Serendipity-Quando l’amore è magia (2001) di Peter Chelsom o Moonrise Kingdom-Una fuga d’amore (2012) di Wes Anderson, o il bellissimo e vellutato Un giorno di pioggia a New York di Woody Allen (2019), o Next (2007) con Jessica Biel, o The Getaway (1972) di Sam Peckinpah o Colazione da Tiffany (1961) di Black Edwards.

Ma soprattutto ci sono i grandi romanzi: forse basterebbero già Jane Eyre di Charlotte Brontë e Tess dei d’Uberville di Thomas Hardy (e gli omonimi film di Franco Zeffirelli e Roman Polanski). Poi L’isola di Arturo di Elsa Morante, Sopra eroi e tombe di Ernesto Sabato, le poesie di John Keats e William Shakespeare (del quale rileggerei buona parte delle opere teatrali), Il dottor Zivago di Boris Pasternak, Anna Karenina di Tolstoj, La Divina Commedia di Dante Alighieri, Le affinità elettive di Johann Wolfgang von Goethe, Il cardellino di Donna Tartt, Madame Bovary di Gustave Flaubert, La Certosa di Parma di Stendhal, Poesie di Arthur Rimbaud, I nutrimenti terrestri di André Gide, Aurelia e Le figlie del Fuoco di Gérard De Nerval, Nadja di André Breton, le poesie di Leopardi, Morte a credito di Louis-Ferdinand Céline.

Ma i libri devono venire a galla da soli, girando sul web o in librerie serie. Guai a seguire i consigli di lettura! L’arte è un labirinto, e l’unico filo d’Arianna possibile sei tu. Poi ci sono i romanzi da non seguire, come Le memorie di Barry Lindon (e anche l’eccezionale film del solito Kubrick), dove le sventure riguardano un uomo incapace di amare. Quanto alla musica citerò My one and only love di John Coltrane e Johnny Hartman, Wave di Gal Costa e Tom Jobim, Caramel di Suzanne Vega, Promises promises di Burt Bacharach e Dionne Warwick, Toxic girl dei Kings of Convenience, Lonely woman di Ornette Coleman, Naima di John Coltrane, A taste of honey di Desmond Morris, Izaura di João Gilberto, Água de beber di Astrud Gilberto, o Days of wine and roses di Henry Mancini, Quanno chiove o Che male c’è di Pino Daniele, Estate (cover di Vinicio Capossela), o Sì dolce è il tormento di Claudio Monteverdi, voce di Lea Desandre, chitarra di Thibault Cauvin, Behind blue eyes degli Who, Sous le ciel de Paris di Juliette Gréco. E come capire la Bellezza nell’arte (e nella realtà d’amore)? Andando al museo, solo per farsi un paio di selfie? Prima devi capire la storia, la geografia, le culture, e allora capisci le piazze di Giorgio De Chirico. Ci si mette una vita, a farlo, come salire su una vetta. Ma il premio è ciò che vedi, mentre la punizione, se non sali, è restare al buio, senza vedere.


di Paolo Della Sala