Molestie in parrocchia e in campeggio: il rapporto della Cei

venerdì 17 novembre 2023


Cinquantaquattro vittime (35 minorenni) di presunti abusi da parte di persone della Chiesa segnalati nel 2022 (che fanno riferimento anche al passato). Tra di loro, ci sarebbero pure due bambini sotto i 4 anni. La fetta più consistente delle denunce, tra minorenni e maggiorenni, giunge dal Nord (38). A seguire il Centro (13) e il Sud (3), dove rientrerebbero i due bambini sotto i 4 anni, più una presunta vittima over 18. Ammonterebbero a 32 i presunti abusatori. Questi i numeri emersi dal secondo report della Cei (Conferenza episcopale italiana). La maggior parte delle segnalazioni, secondo quanto notato, fa riferimento a casi reali (29), meno a episodi via web (3). Diciassette casi su 29 sarebbero avvenuti in parrocchia, le presunte vittime hanno un’età compresa tra i 15 e 18 anni (25 su 54), in prevalenza ragazze (44) rispetto ai ragazzi (10).

Il più delle volte le presunte violenze da parte di persone della Chiesa si sarebbero verificate nei locali della parrocchia (58,6 per cento dei casi); il 10 per cento delle violenze sarebbe avvenuto a scuola (sempre da parte di persone legate alla Chiesa) e il 6,9 per cento nel campeggio parrocchiale; medesima percentuale, tra l’altro, per i casi registrati in istituti religiosi o nei movimenti e associazioni. Dopodiché, le presunte molestie avrebbero avuto luogo nella casa della persona o durante un’iniziativa diocesana. Il più delle volte sono stati segnalati “comportamenti e linguaggi inappropriati”, ma pure “toccamenti”, “molestie sessuali”, “rapporti sessuali”, abusi psicologici o stalking.

Il dossier ha indicato che ci sarebbero sia sacerdoti che laici tra i presunti abusatori, il cui profilo vede individui tra i 40 e i 60 anni – nella metà dei casi – con una media di 43 anni. Sono quasi tutti maschi (31 su 32), per un terzo chierici, religiosi per un terzo e laici (37 per cento). Per quanto concerne quest’ultimi, i presunti autori di reato, al momento della segnalazione, svolgevano ruoli quali educatore (cinque casi), catechista (un caso), fondatore di associazione ecclesiale, insegnante di religione, seminarista. Sono persone celibi, però ci sono anche due soggetti sposati. Non tutte le diocesi italiane, è stato spiegato, si sono attivate con centri di ascolto per combattere la pedofilia e i casi di abuso da parte di persone della Chiesa. I centri di ascolto realizzati, per ora, sono 108 per 160 diocesi.

Il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi, ha detto: “È difficile che oggi uno insabbi. Ci può essere ed è quasi un pericolo maggiore, una valutazione non oggettiva. Al momento. ci sono tanti meccanismi. Se devo parlare della mia categoria – ha proseguito Zuppi, riferendosi ai vescovi – il rischio vero è quasi il contrario, che per prudenza possiamo avviare dei procedimenti giuridici anche soltanto per una verifica”. Sempre Zuppi: “La prescrizione, nella Chiesa, non c’è. Chiunque, anche a distanza di anni, viene ascoltato. Anche a distanza di anni facciamo un procedimento interno. In molti casi non c’è il rimando al penale per la scadenza dei termini. Ma per noi no”.

La Rete L’Abuso – in merito al rapporto della Cei – è di un altro avviso: “Oltre a non denunciare i casi alle autorità civili, non fornisce alcun dato su fatti, sui luoghi e di conseguenza è inverificabile”. Inoltre, in relazione ai dati su presunti abusatori e presunte vittime, è stato notato che sono “decisamente meno delle segnalazioni pervenute alla Rete L’Abuso durante lo stesso anno. Segnalazioni che la Cei non vuole recepire dal 2021, malgrado l’apparente (almeno mediatica) intenzione garantista dello stesso cardinale Matteo Zuppi, a voler dialogare con i sopravvissuti e le associazioni che le tutelano. Si aggiungono poi le diocesi reticenti alle segnalazioni”.


di Redazione