lunedì 13 novembre 2023
L’addio alla Rai di alcuni giornalisti/conduttori cresciuti professionalmente nell’azienda di viale Mazzini, ha aperto un dibattito nel mondo della cultura di sinistra.
Per anni Corrado Augias (l’ultimo ad approdare a La7 di Urbano Cairo e del direttore Andrea Salerno); Lucia Annunziata, che dal Manifesto diventò una delle prime donne direttore di un quotidiano; Fabio Fazio, che ha trasportato il suo Che tempo che fa sul Nove di Discovery; Bianca Berlinguer, che ha scelto Rete 4 per È sempre Cartabianca; Giovanni Floris, che è passato armi e bagagli a La7 con tutti i suoi collaboratori e Massimo Gramellini, che continua In altre parole sempre sulla tv di Cairo, hanno dettato legge, sul piano della comunicazione, soprattutto dalla Terza Rete pubblica.
Una specie di monopolio della sinistra della corrente della Fnsi “Giornalisti-democratici” conquistato nel 1979 dalla coppia formata da Angelo Guglielmi (professore del Gruppo letterario dei 63) e dal vicedirettore di Paese sera e collaboratore di Radio Praga Sandro Curzi.
Se però prima Floris e poi Fazio hanno avuto la sensibilità di non polemizzare o strumentalizzare la loro uscita volontaria da “Mamma Rai”, non così hanno fatto Lucia Annunziata (che ha lasciato la Rai dopo 43 anni perché ora non “le piaceva più”) e Corrado Augias che, entrato per concorso nel 1960 e dopo aver ricoperto ruoli di primo livello, ha abbandonato viale Mazzini per passare dal 4 dicembre a La7, con polemica anche lui, nonostante i suoi 88 anni di età.
All’ingratitudine non c’è un limite. Per lunghi anni Augias ha continuato a sostenere che “la Rai è la mia vita, è la mia casa. Non la lascerò mai”. Poi invece all’improvviso ha comunicato che “questa Rai non mi piace. Nessuno mi ha cacciato, ma nessuno mi ha trattenuto”. Se per qualcuno ha scelto di andarsene per aver ottenuto contratti economicamente più sostanziosi, non sembra un problema di soldi per Augias: la pensione da giornalista, i diritti delle vendite dei molti libri pubblicati, le presentazioni delle mostre e dei cataloghi, lo mettono al riparo dalle necessità economiche. Non ha neppure la necessità di preoccuparsi per il futuro della figlia, anche lei giornalista e assunta al Tg3 da Curzi dopo un periodo di precariato nelle televisioni locali legate al Pd, di cui Corrado padre è stato europarlamentare.
Quando si parla o si scrive della Rai non mancano mai le sorprese: quella più gradita riguarda il ribasso del canone annuo, anche se ancora è conteggiato nella bolletta della luce. Le notizie negative partono dalla perdita quasi totale dei diritti sportivi, restano a viale Mazzini le Nazionali di calcio, le gare di ciclismo e lo sci, mentre molte incertezze restano per le Olimpiadi estive di Parigi dell’anno prossimo e degli Europei di calcio in Germania sempre nel 2024. Le note più dolenti sono le produzioni. La programmazione non va bene, alcune trasmissioni di punta attendono cambiamenti di conduzione.
C’è però Fiorello con la sua forza magica a coprire gli insuccessi di Rai 2, i cui consensi crescono di settimana in settimana relegando nel silenzio i flop di Avanti popolo, la trasmissione condotta da Nunzia De Girolamo ferma a poco più di 300mila telespettatori e all’1,80 per cento di share.
Anche Ballando con le stelle nonostante gli sforzi di Milly Carlucci e il dispendio di ingenti investimenti e collaboratori, soccombe all’agile e divertente Tú sí que vales di Canale 5 con Maria De Filippi, Gerry Scotti, Sabrina Ferilli e Luciana Littizzetto in giuria (3,9 milioni di spettatori e 28 per cento di share contro i 2,5 milioni e 23,20 per cento di share del programma di danza in onda sulla rete ammiraglia della Rai).
La Rai, in attesa del Festival di Sanremo condotto da Amadeus, si rifà con L’eredità, Reazione a catena, Affari tuoi (trasmissioni non certo di servizio pubblico) e con Porta a Porta di Bruno Vespa e Il cavallo e la torre di Marco Damilano.
di Sergio Menicucci