mercoledì 18 ottobre 2023
Il nostro ospite di “Medicina a Km 0”, questo mercoledì, è la professoressa Maria Rita Bongiorno, Ordinario di Malattie Cutanee e Malattie sessualmente trasmesse e direttore responsabile della Uoc di Dermatologia dell’Ospedale Policlinico Paolo Giaccone di Palermo.
Nell’Unità Operativa Complessa di Dermatologia diretta dalla professoressa è possibile trovare la prima terapia approvata da Aifa per trattare l’alopecia areata severa. Ne soffre lo 0,2 per cento della popolazione italiana ‒ le donne rappresentano un paziente su tre ‒ e 147 milioni di casi al mondo, colpendo persone di qualunque etnia ed età. La perdita di capelli, ciglia, sopracciglia e peli del corpo ha un notevole impatto emotivo, psichico e sociale. L’alopecia può essere causa di ansia e depressione, motivo di disagio al lavoro, a scuola e per le relazioni personali.
Una patologia a lungo trascurata ma che, se presa in tempo, ha grandi possibilità di recupero. La qualità della vita di uomini e donne con alopecia è talvolta seriamente compromessa, se si ha una caduta dei capelli sia parziale che totale. La professoressa Bongiorno spiega nel video all’interno dell’articolo che tipo di malattia è l’alopecia, da cosa è determinata, quante forme conosciamo e le cure consigliate.
Tra le cause sono state individuate quelle genetiche, alimentari, ormonali, chimico-farmacologiche e psicosomatiche. Ci sono alcuni tipi di alopecia che si risolvono spontaneamente, specie per le donne, ed altre che, se non trattate immediatamente, diventano permanenti.
L’uso dell’innovativo farmaco “Baricitinib” da assumere per bocca, non è utile per curare le forme di alopecia irreversibile, come l’alopecia cicatriziale, perché i follicoli hanno perso gradualmente la loro capacità di rigenerarsi, fino ad atrofizzarsi.
Siamo di fronte ad un autentico problema sociale, perché chi soffre di questa malattia ha difficoltà nel suo inserimento sociale e spesso si autoconvince (erroneamente) dell’idea di un invecchiamento precoce, altro motivo di insicurezza nell’immaginario collettivo.
di Vanessa Seffer