In arrivo 140 milioni per l’editoria in crisi

venerdì 6 ottobre 2023


Qualche volta, nel complesso sistema dell’editoria in crisi, arrivano buone notizie. È stato registrato presso la Corte dei conti il decreto per la ripartizione del Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria, emanato con decreto ministeriale il 10 agosto scorso. Si tratta di 140 milioni di euro, 15 dei quali per l’assunzione di giovani giornalisti e professionisti con competenze digitali e per la trasformazione a tempo indeterminato dei contratti a tempo determinato e Cococo. Una boccata d’ossigeno. Le risorse sono ripartite in 10 milioni di contributi in favore delle edicole, 60 milioni come contributo straordinario per le copie vendute nel 2022, 55 milioni per gli investimenti in tecnologie innovative in favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici e agenzie di stampa (10 milioni), dei fornitori di servizi di media audiovisivi nazionali (20 milioni), dei fornitori di servizi di media audiovisivi locali (15 milioni), dei titolari di concessioni radiofoniche e dei consorzi d’imprese editoriali operanti in tecnica Dab (10 milioni).

Un plafond molto ampio di possibili fruitori per risorse scarse. Le modalità per la fruizione dei contribuiti, come per l’anno 2022, saranno definite con un provvedimento del capo del Dipartimento per l’informazione presso Palazzo Chigi. Sono alcuni anni che il settore dell’editoria non riesce a uscire dalle secche della crisi a causa anche dell’atteggiamento dei giovani nei confronti della carta stampata (sempre meno letta a favore dei telefonini e social) e del calo dei ricavati dalla pubblicità soprattutto dopo il biennio di pandemia da Coronavirus. Eppure il settore è un bene collettivo indispensabile per garantire libertà, indipendenza e quindi democrazia. La società ha bisogno d’informazione certificata e di qualità di fronte all’avanzata scomposta delle fake news e della pirateria editoriale. Un bene primario come la comunicazione necessita d’investimenti e va sostenuto in maniera adeguata, anche con aiuti. La crisi, infatti, nasce da lontano: crepe si avvertono anche in altri Paesi come la Francia, la Spagna, la Grecia, la Germania e negli Stati Uniti, dove si assiste a uno spietato duello con i colossi del web.

La tecnologia gestisce ormai sempre di più la vita sociale e dietro le quinte le lobby dei gruppi della Silicon Valley fanno affari con le informazioni che immagazzinano. Solo l’Amministrazione Usa spende 4,5 miliardi di dollari per archiviare dati legati alla lotta al terrorismo. Secondo la società informatica Ibm ogni giorno al mondo si registra un volume di dati di circa 2,5 miliardi di gigabyte. Siamo oltre il Grande Fratello di George Orwell. Il rischio è che prossimamente ci governerà un algoritmo. Il cosiddetto Quarto potere di tanti bei film sembra aver smesso il ruolo di “cane da guardia della democrazia”, per assumere quello di semplice testimonial dei vari modi di vivere. Si assiste a un cambio di assetti organizzativi. Gli editori hanno ribadito l’obiettivo di “ingegnerizzare un nuovo modello di giornalista, in cui informatica e informazione diventino due approcci della stessa materia”. Una trasformazione epocale. Un assaggio si è avuto a ridosso dell’ultimo Natale quando l’editore Urbano Cairo e il direttore Luciano Fontana (in collegamento con Fiorello) hanno chiamato a raccolta tutto il personale del Corriere della Sera per festeggiare i 500mila abbonati digitali. Due grandi striscioni verticali all’ingresso della facciata liberty di Via Solferino annunciavano l’evento, ma dei 100 milioni di utili i giornalisti non hanno goduto di neppure un euro.


di Sergio Menicucci