Guinness toglie il primato a Messner, così si distrugge l’alpinismo

lunedì 25 settembre 2023


Secondo il cronista di alpinismo, Eberhard Jurgalski, Reinhold Messner non è stato il primo ad aver scalato tutti i 14 ottomila (ovvero tutte le montagne della terra che superano gli ottomila metri di altezza). Lo scrittore, infatti, è convinto del fatto che nel 1985 lo scalatore, in compagnia di Hans Kammerlander, avrebbe mancato la vetta dell’Annapurna, uno dei massicci dell’Himalaya. Sono tutte “sciocchezze” per Messner, interpellato dall’Ansa.

“In primis – ha precisato l’esploratore – non ho mai rivendicato nessun record, perciò non mi possono disconoscere nulla. Inoltre, le montagne cambiano. Sono passati quasi 40 anni, se qualcuno è salito sull’Annapurna di certo siamo stati io e Hans”. Ma sul sito del Guinness dei primati – dove sono citate le contestazioni di Jurgalski – adesso è l’americano Edmund Viesturs a essere indicato come il primo uomo ad aver scalato tutti e 14 gli ottomila, tra il 1989 e il 2005. Per Messner “nessuno che se ne intende di alpinismo metterebbe in dubbio la nostra impresa, Jurgalski infatti non ne sa nulla”.

Ciò che bisogna considerare è che le montagne cambiano, come ogni cosa in natura. “Soprattutto sullAnnapurna – ha spiegato l’altoatesino – basta che crolli la cornice di neve e la vetta si abbassa di cinque metri”. E ancora: “Jurgalski ha semplicemente confuso la cima est con quella principale. Qui evidentemente qualcuno vuole farsi notare senza avere la minima competenza”, ha aggiunto Messner.

“L’alpinismo – ha ricordato lo scalatore italiano – è cambiato negli anni. Prima tutto girava intorno alla conquista, ovvero le prime scalate delle vette inviolate, poi invece si è iniziato a puntare sulla difficoltà dell’impresa, come abbiamo fatto io e Hans, scalando l’Annapurna da una parete interminabile e difficilissima durante una tempesta, che di per sé era già una impresa”.

L’Ansa ha ascoltato anche Hans Kammerlander, in merito alla scalata contestata a Messner dal cronista tedesco. “Così si distrugge l’alpinismo”, ha risposto seccamente l’esploratore, che si è trovato anche lui nell’occhio del ciclone. “Non mi interessa il numero di ottomila scalati, ne ho abbastanza, ma tutto il dibattito è ridicolo”, ha indicato l’altoatesino.

“Ovviamente non esiste la certezza assoluta, erano altri tempi, senza gps. A quelle quote basta una tempesta di neve e la luce del sole offuscata. Siamo tuttora convinti di essere stati sulla vetta, ma chi sa se dietro al masso c’erano altri 5-6 metri da salire”.

Dopotutto, l’alpinismo è fatto di imprese, coraggio e resilienza. Non di calcoli da scrivania.


di Redazione