Lotta alla criminalità organizzata in Italia e in America Latina

venerdì 11 agosto 2023


Dopo otto anni dalla precedente edizione, il 17 e 18 luglio 2023 si è tenuto a Bruxelles il vertice Ue-Celac. Alla presenza di Capi di Stato e di Governo di Europa e America Latina sono state stabilite priorità di partenariato strategico e linee guida. Il partenariato tra Paesi europei e latinoamericani risulta essere fondamentale per assistere questi magistrati eroi che stanno combattendo ora la criminalità organizzata, in America Latina, come Livatino l’ha combattuta ad Agrigento “sub tutela dei”.

Vertice Ue-Celac

Il 17 e 18 luglio, a Bruxelles, ha avuto luogo il vertice Ue-Celac: un evento chiave, non solo perché è avvenuto dopo otto anni dalla precedente edizione, ma anche perché ha consentito di stabilire, alla presenza di Capi di Stato e di Governo di Europa e America Latina, priorità di partenariato strategico biregionale per il prossimo quinquennio.

Nell’arco dei due giorni sono state definite le linee guida e le priorità delle due regioni, tra queste quelle relative al settore Giustizia e Sicurezza su cui il Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha incentrato una parte del suo intervento. L’Italia, infatti, è molto impegnata nella cooperazione internazionale in materia di giustizia e sicurezza e lotta al crimine organizzato in quell’area.

Iila come strumento di cooperazione del Governo italiano in America Latina

È attraverso l’Iila− Organizzazione Internazionale italo-latinoamericana − ente delegato dell’Unione europea, con il coordinamento del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione InternazionaleMaeci − che l’Italia partecipa a diversi programmi strategici nella regione latinoamericana definiti di concerto con i Governi dell’Unione Europea e dell’America Latina. L’Iila, coordinando i suddetti programmi, facilita e rafforza i rapporti tra l’Italia, il continente europeo e quello latinoamericano e propone una visione strategica con l’obiettivo di assicurare la presenza italiana nella regione, implementando un modello di cooperazione bilaterale tra paesi e garantendo una crescita reciproca e non dipendente.

Pertanto, nonostante la retorica sull’Italia “Paese della mafia”, l’Iila esporta all’estero, e in particolare in America Latina, il know how in materia di lotta al crimine organizzato che proprio l’Italia, grazie alla sua storia, ha sviluppato in trent’anni di lavoro dedicati alla creazione di un impianto normativo antimafia che oggi consente alla nazione di essere all’avanguardia in questa materia: un Made in Italy tecnico, valoriale ed istituzionale.

La criminalità organizzata in America Latina si sta espandendo ed è sempre più potente e violenta. In virtù di questa sua espansione è possibile paragonarla alla pandemia di Covid-19: un virus che si diffonde, impossibile da debellare in assenza di giusti anticorpi, nel caso specifico, di giusti strumenti normativi.

Dunque, l’Iila condivide le buone pratiche che nella regione latinoamericana, come in Italia allora, sono praticamente assenti: collaboratori di giustizia, impegno della società civile e delle associazioni antiracket, il metodo per il coordinamento delle indagini, la confisca e riutilizzo a fini sociali, direzioni nazionali e distrettuali antimafia e 41 bis. Proprio l’inesistenza di quest’ultimo ha permesso che gli istituti penitenziari divenissero per la criminalità organizzata uno strumento di proselitismo e reclutamento di nuovi affiliati; anzi, le organizzazioni criminali latinoamericane si sono specializzate nell’infiltrazione dei circuiti penitenziari – proprio come fece la Nuova Camorra Organizzata − approfittando delle debolezze dello Stato per gestire impunemente le attività criminali dall’interno delle prigioni.

L’Iila, attraverso l’implementazione di programmi di giustizia e sicurezza, finanziati tanto dall’Ue quanto dal Maeci (come El Paccto, Copoland, Eurofront, Falcone Borsellino), aiuta tanti magistrati, funzionari pubblici e uomini delle forze di polizia che, in America Latina, lavorano esattamente nelle condizioni in cui operava il Beato Rosario Livatino ad Agrigento. Giovane magistrato barbaramente ucciso dalla mafia siciliana a trentotto anni mentre fronteggiava con i mezzi normativi ed istituzionali dell’epoca una soverchiante piovra mafiosa.

Il contesto in cui operava Rosario Livatino somiglia fortemente a quello in cui operano oggigiorno i magistrati latino americani. Questi ultimi, infatti, lavorano in un contesto violento, caratterizzato dall’assenza dell’apparato normativo in materia di contrasto e repressione alla mafia, nato dalle intuizioni dei giudici Falcone e Borsellino, e dalla scarsezza di risorse economiche. Emblematico il “caso di Marcello Pecci Albertini”: magistrato paraguayano che lottava in un sistema corrotto e difficile dove l’infiltrazione della criminalità organizzata è fortissima, brutalmente assassinato da vili sicari in Colombia, nel 2022, durante il suo viaggio di nozze, alla presenza della moglie in attesa del loro primo figlio.

In altre parole, la nostra Nazione favorisce l’armonizzazione normativa accelerando il processo di prova-errore, che caratterizza qualsiasi percorso di apprendimento, promuovendo l’assistenza tecnica tra le istituzioni italiane e le omologhe latinoamericane. I molteplici risultati ottenuti con il metodo messo in campo dai programmi di Giustizia e Sicurezza offrono una opportunità di riflessione sulla replicabilità del modello della “Diplomazia giuridica” anche in campo economico e sociale. 

Ed infatti, l’obiettivo dei menzionati programmi non è divulgare un modello tout court ma, a seconda del contesto, condividere gli errori commessi nel passato e le buone pratiche da essi nate.

È proprio grazie al lavoro e alla collaborazione a livello internazionale dei magistrati coinvolti nelle attività di assistenza tecnica, che è possibile sviluppare gli anticorpi adatti a debellare il virus della criminalità organizzata che ha assunto dimensioni transnazionali.  Così si supporta la Giustizia, realizzando quella cooperazione giudiziaria transnazionale che ha rappresentato il sogno di un altro grande magistrato Giovanni Falcone, proiettato nella Convenzione Universale contro le Mafie firmata a Palermo nel 2000.

Paradigma vincente

Questa metodologia di lavoro permette di stringere e rafforzare legami di amicizia e fiducia, creando i presupposti per altri tipi di cooperazione in ambito economico e di mercato i quali consentono di avanzare più velocemente nella cooperazione giudiziaria e di polizia.

Il partenariato tra Paesi europei e latinoamericani risulta essere fondamentale per assistere questi magistrati eroi che stanno combattendo ora in America Latina come Livatino ha combattuto ad Agrigento “sub tutela dei”. Queste sono le giuste motivazioni alla base di vocazioni professionali da incoraggiare e sostenere nel prossimo futuro.

 (*) Tratto da Centro Studi Livatino

 


di Lorenzo Tordelli e Stefano Cavanna (*)