venerdì 28 luglio 2023
L’autenticità di Andrea Purgatori sta tutta nell’ultimo saluto. Un “Andrea” che credevamo noi colleghi giornalisti di aver conosciuto bene. Invece non conoscevamo abbastanza “il cristiano battezzato”, “il credente non praticante”, che nella Chiesa degli Artisti di Santa Maria in Montesanto, a Roma in piazza del Popolo, è stato salutato da una folla di intimi, amici e conoscenti al punto che non tutti sono riusciti a prendere posto all’interno. Non conoscevamo abbastanza “il giornalista d’inchiesta, lo scrittore, ma anche l’attore sceneggiatore, conduttore” che don Walter Insero ha commemorato ricordando i passaggi salienti della carriera. “Questa basilica riesce a contenere a fatica l’affetto e la stima”, ha sottolineato il sacerdote attribuendogli quella definizione ultima che nessuno avrebbe potuto dargli. “Uomo di fede”. Fede, Andrea? E come sarebbe potuto essere altrimenti il giornalista che è stato?
Ex firma di punta del Corriere della Sera e tanti altri titoli fino al più recente, “il conduttore di Atlantide”, colui che ha indagato i grandi misteri italiani, le stragi, la mafia, fino all’ultimo dei casi insoluti che affonda nel buio Vaticano, con le doti che a turno i figli e gli amici stretti hanno voluto ricordare. Parlando dell’uomo e del padre “in verità”, come lui ne è stato esempio nel giornalismo, nell’amicizia, nelle numerose attività, ma anche nei colloqui personali, nelle battute amicali, nel lato serio o più faceto della vita. “In verità”, e io lo sottolineo. Perché “la verità” è la meta più alta del nostro mestiere, la nostra responsabilità verso i lettori, il prestigio e il talento. Questo mi unisce all’amico-collega, la nostra comune passione per “la scintilla”. C’è chi la chiama scoop, noi dicevamo l’intuizione, il vedere oltre, anzi il saper vedere per riportare i fatti non solo sulla pagina per l’informazione, in noi stessi.
Dove sarà ora Andrea? Cosa sarà di lui? Ha detto don Insero nell’orazione ai tantissimi presenti: “Chi di voi sentirà nostalgia, il desiderio di parlargli ancora, lo faccia in forma di preghiera”. E ha specificato: “Affidi a Gesù e a Dio i pensieri e loro li riporteranno ad Andrea”. Poi ci ha pensato su ed ha aggiunto: “Iniziamo a farlo insieme. Tre minuti di silenzio”.
Grande, enorme, il dolore dei famigliari: tre figli Ludovico, Victoria ed Edoardo, l’ex moglie Nicole Schmitz, l’attuale compagna Enrica Dall’Ara. Commozione delle autorità presenti (Laura Boldrini), delle personalità ai primi banchi (l’editore Urbano Cairo), dei giornalisti (Paolo Graldi, Enrico Mentana, Massimo Gramellini, Massimo Giletti, Marco Damilano, Laura Delli Colli, Veronica Gentili), gli amici de La 7, gli amici registi (Enrico Vanzina e Marco Risi), gli amici di lunga data, i giovanissimi. I tre figli hanno dedicato al papà ritratti inediti, toccanti, autentici e perfino a tratti ironici. Come era lui, l’Andrea della grande foto esposta accanto al feretro col sorriso ammiccante e il sigaro tra le labbra. “Difficile che mio padre riuscisse a stare un attimo fermo – ha ricordato per primo Ludovico, l’attore – ma nei momenti importanti c’è sempre stato. Mi mancherà la sua telefonata quotidiana, quei 63 secondi spaccati per dirmi di mettere lo sciarpone anche se era agosto, di non prendere il motorino, di guardare bene prima di attraversare la strada. E alla fine quel ciao-ciao-ciao tutto d’un fiato che mi faceva temere di non esserci detti mai abbastanza. Ansioso, burbero e protagonista, ma il grande papà che oggi siamo qui a onorare”.
Trattiene con molta difficoltà le lacrime Victoria, che dice: “Io sono la minore Purgatori, nel senso che non amo parlare in pubblico, ma ho riflettuto sulla morte. È la più grande umana paura, sulla quale non abbiamo potere purtroppo. E’ successo anche a mio padre. Allora mi sono ricordata di quando bambina mettevo il mio orecchio sul suo petto e sentivo il cuore. ‘Tu non morirai mai papà?’, gli chiedevo. Avevo il terrore di perderlo. ‘No, piccola mia’, mi rassicurava. In questi ultimi tre mesi, in cui tutto è precipitato, lo incalzavo ‘tu, papi, non muori, vero?’. Le prime settimane rispondeva quasi stizzito ‘no, Victoria, no che non muoio!’. Poi si è fatto più dolce, più flebile. Lo ringrazio di tutto, in particolare di avermi lasciato due fratelli speciali, che hanno molto di lui”. Infine una conclusione che ha strizzato i cuori anche dei più composti: “Tvb papà, ti sentirò ogni giorno della vita”. Lungo e caldo applauso.
Edoardo, il maggiore, che lo ricorda nel timbro della voce, ha rivelato un particolare esemplare del profilo professionale di Andrea Purgatori: “Quando si è diffusa repentina e inattesa la notizia del decesso mi ha telefonato Piero Muscardini, che è uno dei pompieri in divisa che hanno portato il feretro. Mi ha espressamente chiesto di poter essere ‘loro’ a compiere questo gravoso ruolo. Perché Muscardini si era ricordato di papà quando, negli anni Settanta, aveva iniziato a fare il giornalista e passava la notte nella caserma dei pompieri dove arrivavano le notizie di cronaca nera”. Prosegue Edoardo: “Gli ultimi mesi abbiamo vissuto in simbiosi. Non lo abbiamo lasciato un attimo. Che fatica! Ci siamo resi conto solo alla fine che uomo era veramente, la capacità di cose che riusciva a fare insieme, la mole di idee, iniziative, irrequieto, rabbioso anche, ma non potevi non amarlo. Certo il primo badante se n’è andato dopo tre ore, ma abbiamo così scoperto il lato fragile, quello che aveva sempre celato, nascosto, mascherato”. Non solo nel privato. Andrea Purgatori faceva lo stesso anche coi casi più spinosi, con le notizie più dure, coi fatti più inquietanti. Dissimulava.
Il primo giornalista investigativo si può dire sia stato al tempo stesso “il segugio della verità” e “il rassicuratore”. Sapeva mettere a soqquadro lo Stato da indagare, ma anche offriva lo Stato in cui credere. Questo, a mio parere, era il suo talento particolare, per cui decine di magistrati, di personalità politiche, di sigle, di entità, di poteri, lo hanno temuto e rispettato. Come nel film “Il muro di gomma”, sul volo Itavia caduto nel 1980 a Ustica, scritto a due mani con l’amico Marco Risi. “Papà ha vissuto molte vite – ha concluso Edoardo Purgatori – Come nelle grandi inchieste, ha lasciato piccoli pezzi di sé in ognuno di noi. Era impossibile inquadrarlo. Tutti siamo stati abbagliati dalla sua luce, ma non era sempre facile stare con lui. A volte era faticosissimo. Negli ultimi giorni, non ha perso la sua energia dirompente, la tenacia, l’ironia. Siamo stati sempre al suo fianco tra notti insonni e tante risate. Tutte le mattine facevamo la rassegna stampa di chi lo aveva chiamato, di chi gli aveva scritto, ha ricevuto tutti i messaggi. Finalmente si è anche tolto la corazza e ci ha mostrato il suo lato umano. È rimasto un guerriero fino alla fine”.
Andrea Purgatori non ha mai smesso di lottare. E, ora, dopo? Con lui muoiono l’inchiesta, l’investigazione? “Tutto troppo veloce, inaspettato, non una parola sulla malattia, se non che a pochissimi – evoca l’avvocato della famiglia, Gianfilippo Cau – Sicuramente Andrea non ha voluto allarmare nessuno. Ma era una persona che non faceva altro che farsi presente. Per me è stato un amico, oltre che per le cose professionali passavamo insieme il tempo libero. Ci eravamo appena lasciati e mi chiamava anche tre volte di seguito, per farmi la stessa domanda: ‘novità?’, chiedeva”. Ansia, inquietudine? Tecnica. Per ricordare di stare sul pezzo, sulla notizia.
Chi ha raccolto le carte di Andrea? Chi erediterà le sue intuizioni ed indagini? L’ho chiesto al termine della funzione, mentre stazionavamo davanti alla chiesa, ad alcuni redattori de La7. “Non credo ci siano eredi di un giornalista così”, mi ha risposto un volto noto con ancora gli occhi umidi. “Si è parlato di un ‘caso Purgatori’ – aveva detto sul sagrato Andrea Salerno, il direttore di La7 – La notizia siamo noi qui, tanti, e tutto questo affetto. La notizia è il nostro ‘grazie Andrea’ per quanto ci hai dato e hai insegnato”.
Poche parole sentite, nulla sui retroscena dell’esposto-denuncia della famiglia sulle cause della morte, nulla sugli esiti top secret dell’autopsia e degli esami, massimo riserbo sulle indagini in corso presso la Procura di Roma. Il giallo non è entrato in chiesa a interrompere “la cerimonia degli addii”.
L’auto nera tra gli applausi ha iniziato il suo ultimo viaggio. Lo sguardo verso il feretro, un attimo, perché subito a qualcuno ho mormorato che le spoglie non andranno in un cimitero, ma tumulate nel “Museo del mistero di Ustica” accanto alla ricostruzione dell’aereo Dc9 Itavia e i nomi delle vittime. Mi ha attraversato un pensiero, come un lampo: “Andrè – mi sono detta nella parte più alta delle emozioni – Ti sei firmato l’ultima pagina, furbacchione”.
Malattia o errore, giallo o mistero? Purgatori vuole sapere: qual è la verità?
di Donatella Papi