Morte di Purgatori: omicidio colposo o giallo?

martedì 25 luglio 2023


Abbiamo avuto ragione nell’immediatezza della notizia a titolare la scomparsa di Andrea Purgatori, da “Ustica al suo mistero”. E normale per me è stato, mentre leggevo sul cellulare la notizia, alzarmi in piedi ed esclamare ad alta voce “impossibile”, al punto che nel luogo pubblico in cui mi trovavo le persone vicine non hanno potuto fare a mano di chiedere “cosa”. La “morte fulminante” del giornalista del Corriere della Sera e di Atlantide, su La 7, noto al grande pubblico per essere stato il titolare delle inchieste sui più intricati misteri d’Italia, è diventata ora un giallo. Quale giallo? E perché? Il 19 luglio scorso, a soli tre mesi dalla diagnosi iniziale di tumore al polmone con metastasi cerebrali, Andrea muore dopo “un calvario” di cliniche private e strutture pubbliche della Capitale, al Policlinico Umberto I. Chi gli ha parlato, dopo aver ricevuto lo scorso aprile la sconcertante diagnosi, racconta di averlo trovato assai provato, addirittura spossato su una poltrona, che ripeteva “non mi sento più le forze”. L’amico-regista Marco Risi, con cui aveva firmato “l’inchiesta delle inchieste”, ossia la sceneggiatura del film Il muro di gomma, sul volo per Palermo caduto a Ustica per cause ancora ignote, ha riferito che “Andrea aveva assicurato di cavarsela”, ammettendo con lui la malattia e la conseguente massiccia dose radioterapica che, però, aveva fatto regredire il male. “Infatti – ha specificato il regista – era tornato in studio a registrare la puntata clou sulla sparizione”. Erano i giorni fitti in cui Andrea era impegnato sul mistero di Emanuela Orlandi.

Che c’entri qualcosa? Non è forse deceduta allo stesso modo, in pochi mesi, un’altra grande giornalista italiana, Maria Giovanna Maglie, la quale anche lei si era addentrata nei segreti, dopo un passaggio di carte sulle quali aveva scritto il libro (Piemme), Addio Emanuela. La vera storia del caso Orlandi? Ma Purgatori era andato oltre, altro che Ustica! Se sull’aereo caduto o abbattuto aveva sempre mantenuto la titolarità dell’inchiesta, sulla fine della figlia del messo pontificio di Giovanni Paolo II (Ercole Orlandi) era apparso “in duo” con il fratello Pietro, il quale negli ultimi tempi, dopo la presa di posizione d’Oltretevere e la possibilità di una commissione parlamentare d’inchiesta, aveva rivolto al Vaticano accuse pesantissime, chiedendo agli stessi di smentire o di spiegare.

Nella puntata del 6 aprile di Dimartedì, su La7, Pietro Orlandi, incalzato da Giovanni Floris, aveva sostenuto che Papa Wojtyla fosse abitudinario di “uscite licenziose” e per cui la scomparsa della sorella, avvenuta il 22 giugno 1983 e reiteratamente inquadrata in un torbido giro di “prostituzione e pedofilia”, dovesse iniziare dal non fare sconti alle responsabilità anche dei più alti gradi. Nella puntata era stata trasmessa una registrazione con passaggi scabrosi coperti da bip, in cui “un presunto” uomo vicino alla Banda della Magliana, intervistato dal giornalista Alessandro Ambrosini, aveva lanciato accuse infamanti: “W. pure insieme se le portava a letto, se le portava, non so dove se le portava, all’interno del Vaticano”. Pietro Orlandi, in quella occasione, di fronte a un Floris pur ghiotto di scandali religiosi e scoop di questa portata, aveva precisato che sulle iniquità della Chiesa non ci dovesse essere “ombra di dubbio”, argomentando che quello che c’era in quella cassetta era ampiamente noto soprattutto dentro l’ambiente pontificio. “Mi dicono – aveva spiegato a Floris – dall’interno del Vaticano, che la sera se ne usciva con due suoi amici polacchi, ogni tanto se ne usciva in macchina, andava in giro perché aveva bisogno di respirare una boccata d’aria, perché il pontificato era pesante”. Il mastino-fratello di Emanuela ne aveva conseguito: “Qualche dubbio viene quando ti insinuano che non andava certo a benedire le case!”.

A pochi giorni dall’eclatante e pruriginoso racconto, Andrea Purgatori era sceso in campo. D’altro canto, era stato lui la mente del docu-film Vatican girl, trasmesso in quattro puntate su Netflix. Il giornalista-sceneggiatore aveva, a sua volta, invitato il collega Giovanni Floris in studio, ad Atlantide, lo aveva messo seduto sui cubi di legno della scenografia e gli aveva fatto riconfermare le indiscrezioni. Evidentemente su quanto era andato in onda doveva essere scoppiato il putiferio. Infatti, anche il fratello Pietro era stato costretto a precisare e in parte smentire quanto gli veniva attribuito. Un grosso incidente diplomatico, rispetto a cui anche noi de L’Opinione abbiamo preso posizione con il mio articolo del 18 aprile dal titolo: “Il caso Orlandi, mia sorella top secret”. Ma torniamo alla salute di Andrea, in quelle giornate. Nella puntata di Atlantide, con Floris in studio, un Purgatori imbarazzato, sconcertato e – chissà – forse già malato, appariva cercare una via per ricompattare l’accaduto. Malattia o choc? Viene da pensarlo. Io stessa, che mi sono occupata del caso, ho scritto un documento inviato al Vaticano, destinato al segretario del Papa di allora Joseph Ratzinger, portato a mano al procuratore Giancarlo Capaldo, all’epoca titolare delle indagini, e anticipato all’editore de La7 e oggi anche del Corriere della Sera, poiché qualora la magistratura avesse trovato qualche congruenza o attendibilità sono certa ne sarebbe scaturito un libro fenomenale. Avevo capito che “la sparizione di Emanuela Orlandi” non è solo un giallo giudiziario, ma un’indagine alla Picnic ad Hanging Rock. Ossia “i segreti del trascendente”. Non è forse così? È stata qui, è stata a Londra, è scomparsa là, l’auto Bmw verde, poi come volatilizzata, insomma a farla ora breve qualcosa di molto simile a quanto narrato nel film del 1975 di Peter Weir?

Ho scritto “malattia o choc” perché mi chiedo se dopo queste puntate Andrea Purgatori abbia iniziato a sentirsi male. La cronaca, ahimè, non è più quella di una volta. Ci raccontano l’iter degli esami, i vari consulti e il ricovero, ma non si spiegano i colleghi giornalisti “perché Andrea Purgatori si è sottoposto alla prima visita?”. La mia prima domanda sarebbe stata: perché è andato a fare l’esame diagnostico che ha rivelato la prima allarmante diagnosi? Stava male, aveva dolori, cos’altro? Oppure era in evidente stato di choc per quanto andava apprendendo sul caso di cui pure aveva contribuito alla trama del docu-film, che vantano abbia sbancato gli acquisti negli Usa? Lo credo, con quel titolo, Vatican girl! Noi crediamo di essere atei, di dominare la materia, di pensare tanto “io non credo”, ma la potenza del mistero delle cose divine non è un gioco e non è dominabile. “Caro Andrea, perché non mi hai ascoltato quando ho cercato di parlarti?”.

Chi può pensare che io sia andata in Procura di Roma a depositare a mano “una relazione informata sul caso Orlandi”, la stessa inviata con la massima discrezione alla Segreteria di Stato Vaticano, dicendo e scandendo “se esce una sola virgola, siete stati voi”, senza considerare il mio amico-scooper-investigatore-007-giornalista-narratore-pluripremiato? “Ma tu hai le conoscenze tecniche necessarie?”, mi aveva replicato già un’altra volta. “Cosa intendi?”, gli avevo chiesto. Mi aveva fatto un gesto, con quel suo naso alla Hoffman menato per l’aria, come dimostrare se sapessi perdere i sensi e aveva scandito “sai andare in trance?”. Lo avevo guardato sbigottita. Poi, alla presentazione di un libro, alla Casa della Cultura e della Musica di Velletri, a una platea estiva appassionata e interessata, era stato lui a spiegare che aveva lavorato con una psicanalista e si era stupito di come la dottoressa lo avesse addormentato e di come svegliandosi non avesse avuto cognizione neppure se fosse passato un giorno, un’ora, un anno. C’era anche la figlia tra il pubblico, che lo aveva accompagnato. No, io non ho queste conoscenze. Per mia fortuna non ho avuto bisogno né di uno o di una psicanalista né di altro del genere, anche se il mio vero pallino sarebbe stato fare la psicologa, ma alla Rusconi Editore mi dissero che era tanto meglio se avessi fatto “la giornalista con taglio psicologico”. Di certo non sono un’investigatrice alla Purgatori, ma neppure una santa. Le sante, loro sì cadono, in trance. Io, come raccomandava Indro Montanelli, mi sono sempre attenuta a fare “soltanto la giornalista”. Forse si potrebbe dire “alla Dante Alighieri”. In fondo Dante fu esiliato e durante l’esilio scrisse, descrisse e immaginò l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Cose da umani insomma.

Difficile scrivere sulla morte di Andrea Purgatori se non si conoscono i preliminari essenziali. Di certo, non si muore in tre mesi di cancro al polmone con metastasi diffuse, come dicono sia morto Andrea. Tutti, purtroppo, abbiamo avuto esperienza diretta o indiretta del “brutto male” e sappiamo che spesso è implacabile, lento, solo in pochissimi casi fulminante, mentre la fase terminale è lunga, divorante, fino alla consumazione, fino a non riconoscere più la persona, fino al decesso. Dunque, bene hanno fatto i famigliari di Purgatori a presentare un esposto-denuncia, rappresentati dall’avvocato Gianfilippo Cau e difesi dagli avvocati Alessandro e Michele Gentiloni Silveri. E altro non potevano fare i procuratori della Repubblica Sergio Colaiocco e Giorgio Orano se non aprire “un fascicolo per omicidio colposo”, in conseguenza del quale sono stati iscritti nel registro degli indagati un luminare della Capitale e un medico diagnostico, il professor Gianfranco Gualdi e il dottor Claudio di Biasi, difesi dall’avvocato Fabio Lattanzi.
Chiedo: possibile che Purgatori, mastino del giornalismo, in piena investigazione sul “caso Orlandi” sia andato “per spossatezza” a farsi visitare proprio dallo stesso “luminare dei Papi” che ha curato da Giovanni Paolo II a Laura Boldrini? E che “per sopraggiunta spossatezza” abbia accettato in una manciata di minuti di sottoporsi a una Tac e a una biopsia? Dopo il Covid, per cui quasi tutti accusiamo ciclicamente stanchezze e fatica? Poi, quando ne ha ricavato quella diagnosi terrificante, lo stesso Andrea ha accettato la radioterapia senza una remora e un dubbio? Dubbio che, però, guarda caso, si è poi palesato da solo, così che altri medici interpellati hanno sconfessato la diagnosi di tumore al polmone con metastasi? Ma se i fatti sono questi, capitati a uno dei più noti giornalisti, chi mai più andrà a curarsi in una struttura pubblica o privata? I procuratori di Roma hanno dato incarico ai Nas di acquisire le cartelle cliniche, è stata disposta una Tac e domani al Policlinico di Tor Vergata sarà eseguita l’autopsia. I due indagati, il luminare e il medico radiologo, attraverso lo stesso avvocato Fabio Lattanzi si sono detti sicuri del proprio operato: “Rispettiamo il dolore della famiglia e ci sottraiamo al processo mediatico”. Cancro, choc o diagnosi sbagliata?

 


di Donatella Papi