Stelle finte

lunedì 3 luglio 2023


L’eleganza di un abito si misura con il livello della griffe che, a sua volta, si misura con il numero di imitazioni e di tarocchi. La bontà di un piatto non c’entra nulla con la delizia del palato, contano stelle, passa-parola di alte sfere, costo e ubicazione del ristorante, vippagine dello chef e minimalismo della razione servita.

Dunque, non ci sentiremo belli quando indossiamo un capo appena acquistato, né gusteremo quello che la mamma chiamava boccone, ora cibo del dio milleuro: siamo già programmati a godere un’etichetta divina su una camicia made in Sri Lanka o un gioiello di pochi grammi che transita fuggiascamente per la nostra bocca, non più incaricata della prima digestio, come ai tempi dei latini.

Ora è luglio, tutti in vacanza. Ma la scelta, del luogo e dell’hotel, non è certo libera. Località alla moda, roba da gente alta-alta. Peccato che non li si veda mai, abbiamo speso quattro tredicesime e una liquidazione futura per ottocento euro a notte (mille con gli extra) ma di quelli non ne abbiamo visto neanche uno. Certo, sono in barca, la terra non la calpestano mai. Dal panfilo si muovono con l’elicottero, sono come folletti dorati, ma non importa: intaseremo social di foto e di allusioni, provocando l’unica cosa che ci interessa, l’invidia dei fantozzi della spiaggetta.

Come scegliamo l’albergo, macché, il resort, quello che mette a disposizione ciabatte con il marchio, ma se le si vuole portare a casa costano il doppio di un paio di Church? Vista, servizi, la stessa ubicazione sono secondari: contano solo stelle, sentito dire e parola chiave. Che per la nuova comunicazione finta-chic è sogno. Qualsiasi oggetto, servizio o concetto è quello dei tuoi sogni, persino il ferro da stiro, immaginando quale sia il mondo interiore di una donna che desidera ardentemente modelli di gran marca che sparano un super-vapore.

Chi cerca un volo low cost sul web per andare, magari, a un convegno, e non lo compra subito, riceverà poco dopo un avviso, in cui lo si esorta ad affrettarsi: stai sognando Ancona? Restano pochi posti. Con tutto il rispetto per le Marche, quello che chiamano sogno nulla ha a che fare con l’emozione, che è la differenza fra vivere e vegetare. E un cinque stelle gelido, dove il borghesuccio della camera standard-economy vista montagna è sopportato come quello dell’offerta finta-speciale. L’unica emozione che provoca è il timore di optional obbligatori, che fanno esplodere il budget, termine inglese che non aggiunge zeri al gruzzolo residente nella carta di plastica.

Questi persuasori rozzamente occulti spingono a ricercare la felicità non negli occhi della persona amata, ma nelle caratteristiche di una struttura, quelle che fanno punteggio. Ma quando e se ci accorgiamo che qualcosa non quadra, perché stiamo raccontando dati oggettivi e non colori del tramonto, allora vale la pena di sedersi davanti all’appartato mare del Peloponneso e scrivere per l’Opinione facendosi odiare dai lettori, i quali vorrebbero sapere come si chiama un due stelle con dieci camere e un piccolo e fioritissimo aranceto sul mare che fornisce a tutti frutta, marmellata fresca e aria di paradiso. Dieci, quindici persone si sorridono davanti a un’acqua cristallina perché hanno trovato, parlando a bassa voce, una chiavetta per sognare veramente, senza passare dal via.

E la loro anima non lo sa, ma ringrazia i mega-papponi del turismo globale, quelli che tengono lontane le masse a cui propongono i dollar-eden senza sorrisi.


di Gian Stefano Spoto