venerdì 23 giugno 2023
La Corte di Cassazione stabilisce che Flavio Briatore non ha evaso il fisco, come ipotizzato dalla procura di Genova.
Per arrivare a questo verdetto, definitivo, la giustizia italiana ha impiegato “solo” 12 anni, per “soli” sei gradi di giudizio; s’è detto definitivo, ma in realtà l’Avvocatura di Stato, a quanto pare, potrebbe ancora impugnare la sentenza. Non è qui il punto, tuttavia. Il fatto è che secondo l’accusa Briatore avrebbe simulato un’attività di charter per pagare meno tasse sul suo yacht “Force Blue”, la cui proprietà faceva capo a una società con sede nelle Isole Vergini Britanniche. In sostanza secondo la Guardia di finanza Briatore avrebbe acquistato lo yacht per sé ma avrebbe fatto ufficialmente figurare che si trattava di un investimento da sfruttare per affittarlo a clienti. Il “Force Blue”, è stato venduto dal custode giudiziale nominato dal tribunale per meno di 7 milioni di euro quando ancora i conti fra primo grado, appello e appunto Cassazione non erano chiusi. Peccato che il valore di mercato dello yacht si aggiri sui venti milioni di euro. Ora la giustizia italiana ha stabilito che “il fatto non sussiste” e non era necessario sequestrare l’imbarcazione, e di conseguenza svenderla.
Dice Briatore: “I pubblici ministeri non cercano la verità: ti vogliono condannare e basta. Siamo sinceri: questo per il Tribunale di Genova era il processo del secolo, ci hanno campato per dodici anni”. E ancora, sulla possibile causa allo Stato: “Prendo il ristoro, cioè mi danno i 7,5 milioni della vendita. Ma i 15 milioni di differenza col valore reale del Force Blue sono persi per sempre”. E ancora: “Per fortuna è finita così, ma è stata durissima. Sono stato sputtanato a livello mondiale, additato come evasore, mi hanno condannato prima del tempo, oggetto di invidia sociale, ho subito danni economici”.
Penso che Briatore abbia ragione da vendere, e qui mi fermo perché sarei molto maleducato nei confronti di chi ha amministrato la giustizia in questo modo. Ma qualcuno dovrebbe pur spiegare qualcosa.
di Valter Vecellio