La scuola non può guarire il vuoto dei giovani

sabato 17 giugno 2023


“Ho perso mio figlio per una bravata”, avrebbe detto il papà di Manuel, il bambino di 5 anni travolto nella Smart con la mamma Elena e la sorella Eleonora, schiacciato dal Suv Lamborghini su cui dal giorno prima sfrecciavano i “TheBorderline”, i 5 giovani delle sfide estreme del web.

Bravata? Voleva dire “per un niente”. Cioè, il vuoto assoluto del male. E subito dopo l’incidente, mentre i giovani ancora filmavano coi telefonini la scena raccapricciante, il padre sconvolto avrebbe provato ad aggredire il ventenne alla guida, Matteo Di Pietro, ora indagato per omicidio stradale e risultato positivo alla cannabis.

Si può considerare “una bravata” la sfida estrema dei 5 youtuber: a ventuno anni affittare un bolide di marca, girare video volgarmente inneggianti al lusso, guarda caso deridendo chi va in giro con le Smart, lanciare tutto sui social specializzati in challange. Poi dare vita alle gare, tipo 50 ore alla guida veloce senza interruzioni e fermate. Altroché “bravate”: reati perpetrati nell’indifferenza e nel tripudio dei followers. Gare d’importazione americana così spavalde da costituire pericolo di morte per sé e per gli altri. Come il soffocamento. O come vivere per giorni dentro la cuccia di un cane e mangiare nelle ciotole. Per un giro d’affari che parte da 30 mila euro al mese e arriva a cifre scandalose. Ammette il giornalista de La Stampa, Riccardo Luna: “Gli youtuber e i tiktoker delle sfide impossibili non si limitano a fare soldi con i like ma in ogni gesto, in ogni frase trasmettono agli altri il messaggio che per fare i soldi non serva più lavorare; anzi, se studi, lavori e fatichi sei un mezzo deficiente”. Il giro d’affari dietro alle sfide estreme è da capogiro: si parte con 30 milaeuro al mese e si sale coi like. Anche questo settore può proseguire nella totale deregulation? E i reati stradali quando diventano seri leggi severe a fronte del bagno di multe assurde che affliggono i cittadini?

Queste “perfomance” seguono gli impulsi che da anni derivano dalle politiche fluide, usate come arma ideologica per cambiare le società. Si impone il problema della qualità e legalità del consenso. Non tutto può essere giustificato in quanto politica, e non possono essere dialettica le derive dei diritti e della libertà. Con la cronaca nera usata per le audience e la visibilità di promotori.

Le violenze giovanili, le illegalità e criminalità diffuse, il consumo di droghe, le azioni gravissime di studenti che producono risse mortali, delitti e abusi, una ribellione acida e sanguinaria sono un prodotto politico. Di quella parte della politica che ha sconvolto il mondo giovanile con le sue lusinghe di libertà liberticide. Al posto delle emozioni, responsabilità e doveri è stato esaltato il disimpegno. Chi propaganda le società Gender si senta responsabile. Questi sono i demoni con cui quotidianamente siamo costretti a fare i conti, mentre le cinquanta declinazioni sessiste avanzano in spazi e legittimazioni. A nessuno viene in mente che “questo mondo infame”, come lo ha definito il papà di Manuel, sia il derivato di errori di valutazione sociale e morale?

Si sentano responsabili anche coloro che favoriscono l’immigrazione selvaggia e clandestina che, oltre a fare centinaia di morti tra cui bambini e donne come a largo della Grecia, ha seminato il caos, la caduta dello studio e del lavoro, l’esaltazione del denaro facile, i traffici, lo spaccio, i reati, il parassitismo, la disoccupazione e lo sfruttamento. Se non diventa reato e rimpatrio immediato usare mezzi impropri e trafficanti per sbarcare sulle coste italiane, questa piaga dilagherà a dismisura. Oltretutto, portare bambini e ragazzi nelle stive di vecchi ferri o neonati sui gommoni non ha nulla di umanitario e la disperazione da cui si sfugge non può provocarne una più grande. Basterebbe questo. Ma il finto buonismo ha guadagnato l’invasione giustificata. Occorre lo Stato e le prese di posizione nette degli enti morali.

Si scarica tutto sulla scuola. Non sono d’accordo. La scuola deve svolgere i programmi di studio di italiano, matematica, filosofia e via dicendo, non deve trasformarsi – come vorrebbe qualcuno – in case di correzione, in centri psichiatrici, dove i camici bianchi siano più dei professori. Perché i giovani bevono, bestemmiano, si suicidano, non studiano, sono depressi, violenti, autistici, ma quando mai è stata questa la generazione italiana? La scuola deve fare la scuola. Si va per studiare, coi voti. Con il rendimento, perché l’istruzione ha un costo alto e serve per formare la società di domani. La scuola può al limite ampliarsi nello studio delle lingue, nello sport, nei laboratori, ma non può diventare la famiglia che non c’è, la collettività assente ingiustificata. Studiare è l’antidoto, invece è tutto un indulgere al disimpegno, al non merito, al non giudizio, a comportamenti senza censure. Che denunciano l’assenza di famiglie e di genitori capaci di impartire doveri e criteri. Ma quali famiglie? Divorzi, separazioni, genitori omosessuali, madri con altre donne, padri con l’amico o l’amica, come tutto questo può nell’anima innocente di un ragazzo o una ragazza generare rispetto, amore per la vita e voglia di futuro?


di Donatella Papi