mercoledì 7 giugno 2023
Quando si tratta delle pratiche di morte medicalmente assistita coloro che ne difendono la legalizzazione ritengono quasi sempre che non esista il cosiddetto “pendio scivoloso”, cioè il rischio che si cominci a praticare la morte assistita per chi la richiede e si finisca per somministrarla anche a chi non l’ha mai richiesta, e perfino coloro che ne riconoscono gli effetti ritengono che non sia sempre convincente come argomento. In tale direzione, appare significativa l’esperienza del professore Bill Gardner, docente di Psichiatria e Psicologia infantile presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Ottawa, che di recente ha scritto un lungo resoconto critico di quanto vissuto in prima persona dopo aver scoperto di essere nuovamente sofferente a causa di quel cancro che tempo prima sperava di aver sconfitto. Nell’aprile del 2021, infatti, dopo una biopsia, a Gardner venne diagnosticata la recidiva del cancro alla gola che si estendeva fino alla base della lingua e che fu ritenuto dai medici inoperabile e con una prognosi di vita molto breve, cioè di appena pochi mesi.
Il chirurgo interpellato da Gardner, quindi, gli prospettò due vie: o le cure palliative, oppure la Maid (Medical Assistance in Dying), cioè la morte medicalmente assistita come “soluzione terapeutica”. Dinnanzi alle due suddette opzioni Gardner è rimasto fortemente stupito che l’opzione offerta da un medico fosse quella di somministrare la morte assistita con la stessa identica “normalità” con cui si può prevedere un qualunque piano terapeutico. Da qui le riflessioni di Gardner che si possono sintetizzare in almeno tre punti principali. In primo luogo: il contesto giuridico nel sistema canadese. Nel 2015, infatti, la Canadian Supreme Court, nel caso Carter versus Canada – lo stesso richiamato dalla Corte Costituzionale italiana nell’ordinanza n. 207/2018 del caso Cappato-Dj Fabo – ha sancito che in determinate circostanze i cittadini canadesi hanno il diritto alla morte assistita, specificando i quattro criteri affinché ciò sia legittimo, dovendo provenire la richiesta di morte assistita da un adulto 1) competente e consenziente, 2) che ha una patologia grave e irrimediabile, 3) la quale è causa di sofferenze fisiche o psicologiche durature e intollerabili che non possono essere alleviate in condizioni ritenute accettabili, 4) e che versa in uno stato avanzato di declino irreversibile delle proprie capacità.
In seguito alla predetta pronuncia della Suprema Corte Canadese le morti medicalmente assistite in Canada sono sostanzialmente decuplicate, passando dal numero di 1.018 nel 2016 al numero di 10.064 nel 2021. In secondo luogo: il contesto medico-scientifico. Dal punto di vista medico-scientifico, infatti, Gardner cita statistiche secondo cui l’89 per cento delle persone che muoiono potrebbero beneficiare delle cure palliative, sebbene, secondo un report del 2015, soltanto 275 medici erano specializzati in cure palliative nella regione dell’Ontario, e di questi ben 145 lavoravano part-time, rendendosi evidenti che non ci siano sufficienti specialisti di cure palliative per gli oltre mille decessi annuali a causa del cancro.
In sostanza, le carenze del sistema sanitario si ripercuotono sulle scelte di fine vita, e poiché manca o non è sufficiente l’assistenza palliativa dei pazienti terminali, questi spesso scelgono la morte assistita dato che è assente l’assistenza alla vita seppur nelle fasi finali del suo decorso. In terzo luogo: il contesto sociale. Gardner chiarisce che nel 2023 “il 19 per cento dei canadesi ha sessantacinque anni o più; nel 2035 sarà il 25 per cento. Ci sarà un numero crescente di pazienti molto malati e costosi. Le province dovranno affrontare difficili scelte fiscali e il sistema sanitario sarà attratto dall’efficienza. I sistemi di assistenza che forniscono assistenza integrata oncologica, palliativa e di salute mentale sono difficili da istituire e costosi da gestire. La Maid è poco costosa, completamente efficace e facilmente erogabile”. La morte medicalmente assistita, almeno in Canada, si prospetta, dunque, come un rimedio veloce ed economico per risolvere i problemi degli alti costi della sanità pubblica, il problema dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle patologie legate al suddetto invecchiamento.
La morte assistita, allora, da rivendicazione del singolo quale espressione della propria autodeterminazione, si trasforma così in strumento di regolazione sociale del rapporto costi-benefici di una vita umana; la morte assistita, diventa, così un metodo di attribuzione di valore economico-sociale della vita umana, con la conseguenza inevitabile per cui le vite ritenute di minor valore (anziani, malati cronici, disabili, malati terminali) saranno indotte a sacrificarsi o ad essere sacrificate per tutelare le ragioni del pubblico bilancio.
Ecco perché, non a caso, lo stesso Gardner conclude così chiarendo: “Se non resistiamo, il sistema, come spinto dalla forza gravità, fornirà sempre più suicidio ed eutanasia invece di guarire i poveri, gli anziani e i malati gravi”. Il un tale fosco scenario, insomma, il diritto ha perduto ogni consistenza, poiché ha concesso di mettere a morte per ragioni puramente economiche i più inermi, rinunciando alla propria vocazione, cioè di difendere i più deboli, e trasformandosi da strumento di resistenza contro la violenza in strumento di violenza contro cui occorre resistere. Il pendio scivoloso, in definitiva, è ben lungi dall’essere una teoria astratta, ma è qualcosa di concreto, che è sotto gli occhi di tutti, soprattutto alla luce dell’esperienza di quegli ordinamenti che hanno già legalizzato le pratiche di morte assistita, e proprio sul quel pendio scivola silenziosamente e inesorabilmente verso l’abisso la dignità dell’essere umano e, con essa, anche quella del diritto, oramai miseramente ridotto al suo mostruoso contrario.
(*) Tratto dal Centro studi Rosario Livatino
di Aldo Rocco Vitale (*)