L’Espresso: da Scalfari alla crisi di Iervolino

lunedì 5 giugno 2023


C’era una volta un settimanale politico-culturale impegnato a produrre inchieste giornalistiche anche scomode. Pagandone i passi falsi. L’Espresso ha rappresentato una delle maggiori esperienze di giornalismo d’assalto e sede di apporti culturali di personaggi come Umberto Eco, Leonardo Sciascia, Enzo Biagi, Bruno Zevi. Tullio de Mauro, Massimo Cacciari, Michele Serra, Maurizio Costanzo, Bernardo Valli, Enzo Siciliano, Michela Murgia. Ora è in crisi profonda. La nuova società ha perduto contemporaneamente due elementi di vertice. Si sono dimessi l’amministratore delegato Marco Forlani e il direttore generale Mirko Bertucci. Il motivo risiede nella decisione del principale azionista l’imprenditore campano Danilo Iervolino di non esercitare l’opzione di acquistare tutta la società mettendo in vendita il 49 per cento delle azioni al nuovo compratore che è Donato Ammaturo, titolare del Gruppo Ludoil e della società Alga. Il primo si occupa di distribuzione di prodotti petroliferi e di energie rinnovabili, la seconda organizza invece congressi, convegni, sfilate, concerti, mostre. Interessi che non hanno nulla a che vedere con l’editoria.

Dopo cinque dall’acquisto dal Gruppo Gedi della famiglia De Benedetti, avvenuta nel luglio 2022, l’imprenditore di Palma Campania, 45 anni, fondatore dell’Università Telematica Pegaso, e presidente dell’Unione sportiva Salernitana 1919. Ha deciso un nuovo corso dello storico settimanale che fu fondato nel 1955 da Arrigo Benedetti e Eugenio Scalfari. Prima direttore amministrativo e poi dal 1963 direttore Scalfari (morto a Roma nel 2022) associa nella esperienza il principe Carlo Caracciolo e per alcuni decenni diventa centro motore della intellighenzia della sinistra, rafforzando il suo potere giornalistico con la creazione nel 1976 del quotidiano la Repubblica. Con in mano un giornale e un settimanale di larga tiratura e interesse culturale Eugenio Scalfari ha dominato la scena italiana. I giornalisti che gli hanno tenuto testa sono stati Indro Montanelli, Mario Cervi, Alberto Giovannini, Nino Nutrizio, Pierino Buscaroli.

Con l’inchiesta sul Sifar realizzata con il napoletano Lino Jannuzzi (vennero salvati dalla galera grazie al seggio da Deputato offertogli dal Partito socialista) e le Interviste ai potenti (da Moro a Berlinguer, da Lama ad Agnelli, da Nenni a Cossiga, da Fanfani ad Andreotti) Scalfari analizza alcune delle vicende più scabrose della prima Repubblica. Nel 1971 compie un grave passo falso: sottoscrive la lettera aperta all’Espresso contro il Commissario Luigi Calabresi. 45 anni dopo e cioè soltanto nel 2017 ammetterà che “quella firma era stata un errore”. Scrive fino ad età avanzata e nel 1996 lascia la direzione del quotidiano al successore Ezio Mauro. L’eredità è pesante, i costi anche. La proprietà passa da De Benedetti alla Gedi del nipote di Giovanni Agnelli John Elkann. Nella storia del giornalismo Scalfari era un predestinato. Tra le prime esperienze giornalistiche ci sono quelli su Roma Fascista di cui nel 1942 diventa caporedattore del giornale organo ufficiale degli universitari fascisti (Guf) e continuerà negli anni successivi a collaborare con riviste e periodici legati al fascismo come Nuovo Occidente diretto da Giuseppe Attilio Tonelli. Poi l’espulsione dal partito e la nuova vita di “Barbapapà”.


di Sergio Menicucci