La famiglia reale danese e il primo royal baby nato da maternità surrogata

martedì 2 maggio 2023


Mentre in Italia il dibattito sul tema dell’utero in affitto infiamma i media, dalla Danimarca arriva la notizia del prossimo arrivo del primo royal baby nato da maternità surrogata. Non è l’erede legittimo al trono, ma sarà accolto da una famiglia di sangue blu, ovvero dal nipote della Regina Margrethe II, il principe Gustav e da sua moglie, la principessa Carina.

I due hanno da poco annunciato che diventeranno presto genitori, spiegando di aver fatto ricorso a questa pratica per concepire il loro primo figlio all’età di 54 anni: “La principessa Carina e il principe Gustav Sayn Wittgenstein Berleburg aspettano il loro primo figlio per l’inizio dell’estate. La coppia ha fatto ricorso alla maternità surrogata. La principessa Carina e il principe Gustav sono felici di questa opportunità e ringraziano tutti coloro che li hanno aiutati a trovare una via legale per portare a termine ciò”, si legge nelle dichiarazioni ufficiali affidate da un portavoce della casata, il 18 aprile, al giornale Billed Bladet, “Per il bene del bambino, vi chiediamo di astenervi dal fare ulteriori domande. Pubblicheremo maggiori informazioni a tempo debito”.

La Danimarca è un Paese leader per il numero dei bambini nati a seguito delle tecnologie di riproduzione assistita (circa il 10 per cento del numero totale dei bambini). Qui, nel 1983 è stato nato il primo bambino con l’aiuto della Fivet (Fecondazione in vitro embryo transfer).

La Danimarca è al secondo posto dopo Israele quanto a numero dei protocolli di fecondazione in vitro. Nel 1997 è stata approvata una legge che vieta la fecondazione in vitro e l’uso di sperma dei donatori per le ragazze single e le coppie lesbiche. L’adozione della legge ha causato molte polemiche e proteste. Nel 2007 è stata adottata una nuova “Legge sull’inseminazione artificiale”, che ha consentito il finanziamento dei programmi di Fivet per tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dallo stato civile.

I programmi di Fivet sono finanziati dal budget statale. Allo stesso tempo, lo Stato controlla l’accesso dei cittadini alla procedura di fecondazione in vitro. I criteri in base ai quali vengono selezionate le coppie sposate non sono noti. È, invece, noto che la fecondazione in vitro per il trattamento dell’infertilità può essere utilizzata dalle coppie che “possono diventare genitori adatti al bambino”.

Allo stesso tempo, le donne che hanno più di 40 anni non vengono pagate dallo Stato per le procedure di Fivet e quelle che hanno più di 45 anni non possono usare il metodo dell’inseminazione artificiale nemmeno in una clinica privata.

Cryos International, la banca degli spermatozoi più grande al mondo, è accessibile in Danimarca per i pazienti di tutti i Paesi. Nonostante tale ampia liberalizzazione delle tecnologie riproduttive, il formato commerciale della maternità surrogata in Danimarca è proibito. L’utero in affitto è consentito solo se la madre surrogata è pronta a dare alla luce il figlio a una coppia sterile senza alcuna ricompensa finanziaria. Tuttavia, è praticamente impossibile trovare una madre surrogata in Danimarca; quindi, i danesi che vogliono un figlio mediante la Gpa vanno negli Stati Uniti, in Messico o in Ucraina. Ma c’è un problema: se la Danimarca è tra i Paesi europei in cui è consentita in forma altruistica, la legislazione della Germania, Paese di residenza dei principi Gustav e Carina, vieta la maternità surrogata. Non è escluso, quindi, che la coppia potrebbe avere problemi: da qui, verosimilmente, l’invito a non fare domande ulteriori sul royal baby.

La Germania ha approvato “La legge sulla protezione degli embrioni”, che vieta l’utero in affitto e la donazione degli ovociti. Ė consentito dalla legge di dare alla luce solo il figlio genetico. La fecondazione in vitro viene effettuata solo con gli ovuli propri. Il 30 per cento delle donne tedesche partoriscono grazie alla fecondazione in vitro.

A fronte di ciò, lascia molto sconcertati il modo patinato con cui il tema dell’utero in affitto viene spesso divulgato, soprattutto quando coinvolge personaggi pubblici. I media spesso dipingono la maternità surrogata come il soddisfacimento di un legittimo desiderio di genitorialità ed utilizzano personaggi famosi come testimonial. Ciò che viene taciuto è lo sfruttamento riproduttivo, la mercificazione del corpo delle donne, soprattutto di quelle più bisognose e vulnerabili, e la totale incomprensione della dimensione relazionale-affettiva, dei profondi legami che si instaurano in gravidanza tra madre e figlio, al punto da pretendere che sia “altruistica”, cioè gratuita perché assolutamente insignificante e senza valore.

(*) Tratto dal Centro Studi Rosario Livatino


di Daniele Onori (*)