La sinistra editoriale punta su Matteo Renzi

martedì 11 aprile 2023


Cambiano due direttori di quotidiani di analisi e inchieste che operano nell’ambito culturale e politico di centrosinistra. Il Riformista, ideato nel 2002 da Antonio Polito, chiuso nel 2012, riaperto nel 2019 con Piero Sansonetti, ex Manifesto, sarà diretto, per un anno, dal leader di Italia viva, il senatore Matteo Renzi. Il polemico politico fiorentino, ex presidente del Consiglio e leader del Pd, ha accettato di affrontare anche la sfida giornalistica per “supportare” il movimento che condivide con l’ex Forza Italia Mariastella Gelmimi dopo che la “pupilla” Maria Elena Boschi è passata al vertice della Commissione parlamentare di vigilanza Rai. Al quotidiano Domani, fondato e fortemente voluto tre anni fa dall’imprenditore Carlo De Benedetti con 10 milioni di euro d’investimenti, lascia la direzione Stefano Feltri, al quale subentra il suo vice Emiliano Fittipaldi. L’editore, ex tessera numero 1 del Pd e il Consiglio di amministrazione intendono rafforzare la linea di centrosinistra per contrastare i successi in Parlamento e nelle Regioni del centrodestra guidato dalla giovane Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia.

Il quotidiano era nato con più grandi ambizioni: quelle di sostituire all’interno del pianeta della sinistra l’influenza di Repubblica, che la famiglia De Benedetti aveva ceduto con La Stampa, Il Secolo XIX, L’Espresso e una ventina di giornali locali al gruppo Gedi di John Elkann, l’erede dell’impero Fiat dell’avvocato Giovanni Agnelli. Le due decisioni sembrano rientrare nel tentativo di scuotere una componente della nicchia culturale di sinistra che trova sul terreno anche il manifesto, ben più radicato e longevo, con le sue consolidate posizioni ideologiche di sinistra. Ancora oggi i titoli di prima pagina fanno scuola. L’equivoco di Domani, emerso anche nell’editoriale di Fittipaldi (“Un giornale, il Paese e la speranza”), è quello di voler fare “un giornalismo libero”, quando nella realtà la linea editoriale è quella dettata, dalla Svizzera, dove risiede e opera, Carlo De Benedetti.

Tornando al Riformista, l’equivoco è ora Renzi. Il senatore entra ogni volta in qualche operazione politica e cultuale suscitando polemiche e divisioni. Si sono cercati subito retroscena nell’accettazione da parte dell’ex sindaco di Firenze della proposta dell’editore, l’imprenditore Alfredo Romeo, coimputato con il padre di Matteo nell’inchiesta Consip. È stato allora Carlo Calenda, il leader di Azione, che con Matteo Renzi vorrebbe creare il partito del Terzo polo, a mettere in dubbio l’opportunità che il sodale assuma la doppia veste di leader politico e direttore editoriale di un quotidiano che non intende diventare organo di partito. “Non vanno confusi i ruoli, altrimenti c’è un rischio di conflitto d’interessi”, ha sottolineato Calenda in un’intervista a La 7.

Esponenti politici di primo piano sono stati in passato direttori di giornali. Ma Pietro Nenni all’Avanti, Palmiro Togliatti a Rinascita, Sergio Mattarella al Popolo, Walter Veltroni all’Unità, Giorgio Almirante prima e Gianfranco Fini dopo al Secolo d’Italia, hanno guidato i rispettivi organi di partito. Ogni epoca ha le sue realtà, ma un principio che vale da sempre è che “l’informazione è un contropotere rispetto alla politica”. In un bel film americano (L’ultima minaccia di Richard Brooks, con Humphrey Bogart, ndr), al potente di turno che contestava i risultati di un’inchiesta giornalistica, gli veniva ironicamente risposto: “È la stampa bellezza, la stampa, e tu non ci puoi far niente, niente!”. Il doppio ruolo di Renzi (leader di Italia viva e direttore del Riformista) può confondere gli elettori e i lettori? È questo il dubbio di Calenda e degli altri esponenti del Terzo polo non convinti di un gruppo editoriale che metta insieme l’Unità e Il Riformista, con Domani battitore libero, con prossima guida Marco Damilano.


di Sergio Menicucci