mercoledì 8 marzo 2023
L’8 marzo non è giorno di mimose per le detenute. Tanto per capire, come riportato da Il Dubbio, il 60 per cento di loro “non ha il bidet in cella nonostante sia previsto dalla legge”. Il tutto in un quadro dove, al 31 gennaio di quest’anno, ammontano a 2.392 le donne presenti negli istituti penitenziari, tra le quali 15 madri con al seguito 17 bambini di meno di un anno. Questi i dati riportati dall’associazione Antigone.
Non solo: le donne in carcere nel nostro Paese, a conti fatti, rappresentano una minoranza (con reati in particolar modo legati a piccoli furti e pene tendenzialmente brevi) della popolazione detenuta. Ma allo stesso tempo “scontano il peso di un sistema detentivo plasmato sulle esigenze, i bisogni e la peculiarità maschili”. Così, abbiamo detenute dislocate nelle 44 sezioni femminili che sono ospitate nelle carceri maschili. Antigone, come evidenziato dai volontari dell’associazione, registra un tasso di sovraffollamento del 115 per cento (quello degli uomini è del 113,7 per cento). Per l’associazione “le donne, con il piccolo peso numerico che arrecano al sistema penitenziario non sono responsabili del sovraffollamento carcerario, ma lo subiscono più degli uomini, quando non soffrono al contrario di isolamento”.
Nel computo, è presente pure il numero dei suicidi in carcere dello scorso anno: 84 persone si sono tolte la vita, una ogni 4 giorni. Tra di loro, cinque donne (di cui tre straniere). Due, rivelano, soffrivano di disagio psichico, due presentavano problemi di tossicodipendenza. E poi gli atti di autolesionismo, che ammontano a 30,8 ogni 100 presenti, rispetto ai 15 degli istituti che ospitano solo uomini. Nel report è evidenziato che le donne con diagnosi psichiatriche gravi sono il 12,4 per cento delle presenti. Quelle in trattamento per tossicodipendenze toccano quota 14,9 per cento.
Da segnalare come con la pandemia sia diminuito il numero dei bambini in carcere. Antigone sottolinea che siamo passati da 48 della fine del 2019 ai 29 del 2020 fino agli attuali 17. Complessivamente, la popolazione detenuta femminile è più anziana di quella maschile (con oltre 70 anni sono 31). Le straniere sono il 30,5 per cento del totale: un dato in calo tenendo conto del 40 per cento del 2013. Ci sono anche circa 70 donne trans, che si trovano in sezioni protette all’interno di carceri maschili a Belluno, Como, Ivrea, Napoli Secondigliano, Reggio Emilia e Roma Rebibbia Nuovo Complesso.
Inoltre, sono trenta le ergastolane nelle carceri italiane, 72 hanno pene che superano i 20 anni. Dodici, invece, le donne sottoposte al 41 bis, tutte presso l’istituto penitenziario dell’Aquila. E poi una donna su 10 è in regime di Alta sicurezza, nel caso degli uomini la percentuale sale al 16,8 per cento. Otto donne, da par loro, sono nel regime AS2 (detenuti cioè appartenenti ad associazioni terroristiche nazionali e internazionali), 218 nell’AS3 (organizzazioni criminali di stampo mafioso). Sono presenti in Italia tre sezioni destinate ad ospitare donne collaboratrici di giustizia o parenti di collaboratori, per un numero complessivo di 6 donne. I reati delle donne, principalmente, sono quelli contro il patrimonio. Le quattro carceri femminili di Trani, Pozzuoli, Venezia e Roma – quest’ultimo è il più grande d’Europa – ospitano 599 donne, pari a un quarto del totale.
Nel rapporto, infine, ci sono alcune lettere ricevute dal Difensore Civico dei diritti delle persone detenute di Antigone. Una detenuta della casa circondariale di Como rivela: “Al femminile non c’è possibilità di usufruire del teatro, non c’è possibilità di fare corsi di musica, visto che gli strumenti sono solo al maschile. L’area adibita all’aria non ha palloni utilizzabili… e non dà alcuna possibilità di svolgere attività sportive. L’area educativa esiste solo al maschile e le detenute sono prive di educatori stabili, con la conseguenza che non vengono redatte osservazioni e sintesi, precludendo l’acceso a misure alternative, con danni gravissimi per le detenute”. Anche questa è discriminazione.
di Mimmo Fornari