martedì 17 gennaio 2023
Le aggressioni ai medici e al personale sanitario negli ultimi anni è diventato un fenomeno preoccupante. C’è chi ha deciso di appendere il camice, chi resiste ma medita l’abbandono. Per queste ragioni, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha deciso di promuovere una mappatura degli ospedali in cui si sono registrati i fatti per contrastare le violenze. I risultati, ha detto Schillaci, saranno disponibili “in settimana”.
L’iniziativa del titolare della Sanità segue la proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di rafforzare o istituire presidi di polizia a partire dai plessi ospedalieri di maggiore importanza, iniziando dalla Capitale e poi proseguire con le altre grandi città. Una misura che per il sindacato dei medici Cimo-Fesmed, dovrebbe però essere estesa “a tutti i Pronto soccorso d’Italia, e non solo in città, poiché anche chi lavora in provincia e nei piccoli paesi va tutelato”, afferma il presidente Guido Quici.
Per Filippo Anelli, presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) la presenza della polizia è un “deterrente, perché l’ipotesi di accelerare anche il sopraggiungere di volanti o di agenti naturalmente avviene dopo che è successo il problema, è tardivo, non sfruttiamo l’azione di prevenzione”. Per Anelli sarebbe inoltre utile favorire il dialogo con le persone, inserendo la figura di un mediatore, che parli e informi i pazienti nelle sale di aspetto e i loro parenti. Serve “parlare con la gente, – sottolinea – sono in genere persone che non vanno al Pronto soccorso per motivi futili, sono sofferenti e vanno accolte”, spiegando loro “che molto spesso ci sono codici rossi che hanno la precedenza assoluta”. Un’altra questione secondo Anelli è l’approvazione della norma di legge che prevede la procedibilità d’ufficio in caso di aggressioni, una norma – spiega – “che molto spesso non è applicata perché non si conoscono le procedure, non sono chiare le modalità. Sarebbe utile che il ministro Piantedosi o anche il ministro Schillaci facessero delle circolari con le quali spiegano cosa devono fare gli uffici legali delle Asl o le forze dell’ordine che intervengono, cioè fare la segnalazione sostanzialmente al magistrato”.
Per il segretario del sindacato Anaao-Assomed Pierino Di Silverio, i presidi di polizia sono “solo uno degli elementi da introdurre, è un elemento di deterrenza ma di certo non basta a risolvere il problema”. Quello delle aggressioni “è un problema che non bisogna fare la confusione, di intenderlo come causa quando invece è soltanto l’effetto di quella che è una disgregazione di tutto il sistema di cure: pronto soccorso come unica corte di accesso all’ospedale, carenza di medici ospedalieri e anche di posti letto, mancanza di strumenti affinché la medicina territoriale possa fare da filtro”, osserva, “servono investimenti e programmazione e una seria modifica legislativa del modello sanitario, che è superato”.
Per Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), “per contrastare le aggressioni è necessario, in primis, decongestionare i Pronto soccorso”, come ha anche indicato il ministro Schillaci. Per questo, afferma Mangiacavalli, “è fondamentale puntare e investire sulla sanità territoriale, avviando finalmente quel processo di deospedalizzazione di cui si parla ormai da tantissimi anni”.
di Lia Faldini