Ratzinger, vittima di una guerra tra due visioni della fede

lunedì 9 gennaio 2023


Gli articoli e i commenti pubblicati dopo la morte del Papa emerito Joseph Ratzinger hanno omesso alcuni particolari. Purtroppo, i mass-media hanno il vizio della dimenticanza: non c’è nulla di più volatile delle parole digitalizzate che sono diventate come il Lete, il fiume mitologico la cui acqua “formattava” la memoria delle anime morte prima della loro reincarnazione. I media sono lo specchio di una realtà descritta da Ennio Flaiano con queste sconsolate parole: “Sono offeso da come va il mondo, dalla volgarità delle masse. In Italia: Canzonissima, Sanremo, campionato di calcio, la macchina nuova. Nient’altro”.

Cosa non si è detto nel dibattito pubblico sul primo Papa emerito post mortem? Parliamo della falsa diceria sul presunto rapporto omosessuale tra il papa-teologo e il suo assistente arcivescovo Georg Gänswein, su cui molto si è scritto sui social e non solo, con intenti denigrativi e inquisitori. Forse ciò è avvenuto perché Ratzinger veniva additato da alcuni media come un “conservatore”. Ma non per questo motivo era lecito cercare di distruggere e mostrificare la sua persona, in chiave antisemita, giacobina e stalinista. E forse, in seguito, a guerre intestine all’interno del Vaticano. La diceria non ha circolato soltanto sui social: un artista è stato condannato per vilipendio, dopo aver esposto le due immagini dei prelati collegate da un attributo sessuale maschile (quando si dice il buon gusto).

Frédéric Martel, autore di un libro titolato “Sodoma” ha trattato del celibato nel clero cattolico, sottolineando lo scontro tra il clero che vuole mantenere il celibato – ma solo perché costoro sarebbero di tendenza omosessuale – e chi invece vuole aprire al matrimonio dei chierici. Quanto a Benedetto XVI, Martel lo considera un “omofilo”, ovvero una persona che sarebbe stata di tendenze omosessuali, ma ha rispettato appieno il voto di castità.

Anche il quotidiano Il Fatto si è occupato dell’omosessualità nella Chiesa, affrontandola partendo da una dichiarazione del Papa emerito su aborto e omosessualità, che sarebbero soprattutto un mezzo per combattere il Cristianesimo e la famiglia. Francesco Antonio Grana, autore dell’articolo, aggiunge che secondo Joseph Ratzinger: “I lupi sono altri. L’inganno religioso supremo è quello dell’Anticristo, uno pseudo-messianismo mediante il quale l’uomo si glorifica al posto di Dio e del suo Messia”.

La teologia della liberazione e il gesuitismo latino-americano hanno spostato il cattolicesimo verso un mix tra religione, politica e Ong. Per reazione, in Brasile e in America Latina si è vista una forte avanzata di gruppi integralisti protestanti e cattolici. La Chiesa “riformista” ha una vocazione pauperista e un’attenzione verso l’umanità con richiami al Karl Marx de L’Ideologia tedesca, il che certo evidenzia una netta lontananza dalla Teologia tedesca di Joseph Ratzinger. Il punto è che questa guerriglia infinita tra due partiti, tipica nella politica di quasi tutti i Paesi occidentali, nel Vaticano rischia di affondare tutti, e soprattutto allontana i fedeli, ai quali mancano soprattutto parroci in grado di fare un sermone su un passo biblico ispirato e in grado di arricchire chi arriva nelle chiese.

La compresenza dei due Papi ha saldato in apparenza questa spaccatura tra la nuova vocazione temporale della chiesa romana e chi vuole che nelle parrocchie si parli di più di Dio, e degli insegnamenti di Gesù. La teologia di Papa Ratzinger sarà stata conservatrice (anche se fu uno dei più dinamici prelati del Concilio Vaticano II), ma nessun cristiano può recidere i legami col primato di Gesù Cristo, sennò tutta l’Ecclesia diventa una Ong. Per il Cristianesimo la regola aurea “non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te stesso” si deve coniugare con il comandamento dell’Amore, secondo il quale non ci può essere amore tra gli uomini se non c’è amore per la vita di Gesù. Così come non ci può essere “pace in terra” se non si fa prima “pace con Dio”, così come l’eguaglianza tra gli uomini non è il relativismo culturale: gli uomini sono uguali, ma le idee e le azioni sono decisamente differenti. Questo è un nodo su cui si deve riflettere molto.

Forse non è per caso che il giovane Joseph Ratzinger fu un monaco agostiniano così come anche Martin Lutero, a partire dal 17 luglio 1505. La scuola di Sant’Agostino, rispetto a quella di Tommaso d’Aquino, ha un orizzonte mistico. Mistica però non vuol dire “pazzi visionari mangiatori di peyote”, ma che l’umanità può migliorare uscendo dai suoi limiti di percezione, in un modo simile ai Teoremi di Incompiutezza di Kurt Gödel, secondo cui ogni sistema può essere compreso soltanto da un livello superiore. In questo senso, si dovrebbe rovesciare un luogo comune: il cristiano autentico (quanti lo sono?) è un realista perché parte dai suoi limiti, mentre è misticismo l’inclinazione rousseauiana per la quale l’uomo può e deve salvare se stesso e il suo Pianeta, ritrasformandolo in un Eden. Sarà però difficile salvare l’universo se – come scriveva Paolo di Tarso – “ciò che si vede proviene da ciò che non si vede”, una frase singolarmente vicina alla fisica delle particelle.

I due Papi hanno inconsapevolmente indicato una strada più autentica: senza un nuovo Umanesimo non possono sussistere spiritualità e ricerca del significato delle cose. Senza profondità vivremmo solo su una superficie piatta come la Flatlandia di Edwin Abbott. Ci vorrebbe, quindi, una Chiesa cattolica sempre “bicefala” per migliorare il rapporto tra Vaticano e le società mondiali? Devo rilevare che ci sono dei limiti in tutte le parti: da un lato il Cattolicesimo ultraconservatore esiste davvero, e non solo nei seguaci dell’arcivescovo Marcel Lefebvre. Dall’altro, se il clero di mette a parlare di economia, c’è da preoccuparsi: se le nazioni fossero governate dalle parole del clero cattolico, ci sarebbero più povertà e meno chance di lavoro. Lo stesso Papa Francesco mi ha molto sorpreso quando, all’indomani della morte di Joseph Ratzinger, ha parlato di “Vangelo della Chiesa” e della sua importanza, il che è un errore teologico, perché il Vangelo non è “della Chiesa” ma di Gesù Cristo. Occorre attenzione a non cadere in ciò che Friedrich Nietzsche definiva “umano, troppo umano”.

NATURA, IPOCRISIA E POLITICA

Ricorderei – da laico che scrive a laici, credenti o meno – che la cultura ambientalista e progressista presenta derive pagane paradossali. L’ambiente non è Madre Natura, così come lo Stato non è “lo Spirito nel mondo” come sosteneva Georg Wilhelm Friedrich Hegel (da cui prese molto Karl Marx, divinizzando la rivoluzione e il comunismo). Ricordando che Joseph Ratzinger ha criticato il relativismo culturale nel Cristianesimo, va ricordato anche il suo discorso di Ratisbona sul matrimonio indissolubile tra fede e libertà, contro la costrizione alla fede di cui vediamo in questi giorni tristissimi esempi in Afghanistan e Iran.

Parlando di politica e religione, non possiamo dimenticare che le offese, allusioni e post usciti sui social nel corso del pontificato di Benedetto XVI sono stati un eclatante caso di ipocrisia. Infatti, se era falso che Joseph Ratzinger avesse relazioni omosessuali, allora chi lo ha detto e scritto ha mentito. Tuttavia, sarei più scandalizzato se la catena di post e articoli fosse stata vera. Infatti, quella parte che osteggiava il Papa era la stessa che si esalta per i diritti delle persone Lgbt+. Se ti esalti a parole in difesa del mondo gay – per il quale, soprattutto in nazioni del Medio Oriente come in Afghanistan e Pakistan, dovremmo impegnarci di più – come mai poi attacchi quello che secondo te sarebbe un Papa “gay”?

A costoro Ratzinger rispose dimettendosi. Chi lo ha accusato in maniera ipocrita e apocrifa, dovrebbe pensare a questioni di più alto livello. Per esempio, rispondere alla domanda: “Può esistere una vita al cui termine ci sia la stessa paga (la polvere) per chi ha causato il male così come per chi ha prodotto il bene?”. Sui valori etici e di fede si fonda l’esistenza stessa delle comunità cristiane. Il resto, a questo livello di discussione, svanisce come un post sui social.


di Paolo Della Sala