Quotidiani, fra tensioni sindacali e transizione digitale

martedì 15 novembre 2022


Una spruzzata di ottimismo è arrivata con la pubblicazione dei dati sui ricavi dei primi nove mesi dell’anno del gruppo Rcs. A trascinare i ricavi consolidati a 620,2 milioni (dieci in più rispetto a settembre 2021) è stato il risultato del Corriere della sera che ha raggiunto 457mila abbonati digitali (dai 346mila dell’anno precedente) e anche della Gazzetta dello sport che è salita dai 78 ai 138mila abbonati. I buoni risultati economici hanno consentito anche di sborsare 10 milioni di acconto per il riacquisto della sede di via Solferino a Milano, dopo l’accordo con il gruppo americano Blakstone e l’ampiamento dell’offerta informativa e formativa attraverso la Rcs Academy Business School.

Non tutto fila liscio al primo quotidiano italiano. Ci sono almeno due questioni aperte che stanno creando tensioni e preoccupazioni. Il primo problema è il prezzo del giornale. L’azienda svolgerà fino al 4 dicembre alcuni test per sondare l’orientamento dei dipendenti sulla opportunità o meno di adeguare il prezzo a quello di Repubblica. Si parte da Verona, Firenze e Puglia portando il prezzo del giornale a 2,50 euro al sabato. Seguirà la Sardegna e Brescia dove è previsto anche un aumento di 0,20 centesimo per tutti gli altri giorni.

Il secondo problema riguarda la controversa trattativa sullo “Smart working” tra Comitato di redazione, direzione e azienda. Gran parte dei giornalisti preferirebbe continuare a lavorare da “remoto”, mentre i vertici preferiscono il lavoro in sede. Non sono state per l’editoria settimane tranquille. Tutti gli organismi dei giornalisti (dall’Ordine alla Federazione della stampa, dal sindacato cronisti all’Associazione stampa romana) hanno organizzato l’8 novembre davanti al Tribunale di Roma una manifestazione contro l’applicazione del decreto legislativo 188/2021 sulla “Presunzione d’innocenza”. Introdotta circa un anno fa “la norma sta travalicando – osservano i giornalisti – il suo obiettivo sta finendo per ledere un altro diritto fondamentale, la libertà e l’indipendenza dell’informazione”.

I cronisti romani ritengono assurdo che nella Capitale del Paese, sede di tutte le istituzioni nazionali ed estere, sia solo un procuratore a decidere cosa sia d’interesse pubblico e se e cosa debba essere detto ai giornalisti. Per questo motivo chiedono al Parlamento e al nuovo governo di rivedere il meccanismo che ha portato a questo deterioramento dei rapporti che rischia di privare i cittadini e gli organi di controllo della conoscenza effettiva di ciò che accade nel Paese. Alcuni mesi orsono il presidente dell’Ordine regionale aveva chiesto un incontro con il procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi. L’editoria in crisi ha bisogno di certezze. E in questo senso il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria il senatore-giornalista Alberto Barachini apra una fase di confronto necessaria per affrontare, osserva il segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso, ad affrontare i gravi problemi strutturali e le criticità che affliggono l’editoria italiana.

La transizione digitale richiede, infatti, interventi mirati di sostegno al settore che mettano al centro la tutela del lavoro giornalistico, contrastando efficacemente ogni forma di precarietà. Intanto, mentre a Repubblica il direttore Maurizio Molinari fa pace con il Comitato di redazione sul coinvolgimento del varo di una nuova organizzazione del lavoro alla Stampa di Torino i giornalisti sono scesi in sciopero contro l’unificazione con Il Secolo XIX (entrambi quotidiani del gruppo Gedi di John Elkann) delle redazioni liguri.


di Sergio Menicucci