Pandemia: a che punto siamo?

giovedì 20 ottobre 2022


A che punto siamo con la pandemia? Dopo tre anni, dopo vari lockdown, dopo edizioni e riedizioni del green pass, dopo 18 lunghi mesi di campagna vaccinale, dopo 49.983.595 dosi vaccinali somministrate, dopo 4.990.388 guarigioni, occorre porsi questa domanda per comprendere ciò che è accaduto, per comprendere ciò che sta accadendo, e per comprendere, soprattutto, se siamo ancora in grado di comprendere o se, come pare a discapito dei più, perfino di coloro che vantano diplomi, cattedre e docenze nelle più svariate discipline, la diffusione del Coronavirus ha del tutto e irrimediabilmente compromesso anche le nostre capacità cognitive. Per la maggioranza di coloro che – del tutto privi di ogni capacità razionale – hanno acriticamente e seraficamente accettato ogni provvedimento di gestione della pandemia di buon grado con la scusante della necessità e dell’emergenza, infatti, non vi sono problemi di alcun tipo: non vi sono problemi scientifici, non vi sono problemi epistemologici, non vi sono problemi di etica medica, non vi sono problemi giuridici. Tutto è andato come doveva andare, forse non al meglio, ma tutto sommato bene poiché si sono evitati i morti che il virus avrebbe causato proprio grazie alle misure come i lockdown, come il green pass, come la vaccinazione.

Per il pandemista medio, insomma, abbiamo vissuto e viviamo nel migliore dei mondi possibili e proprio per questo la gestione pandemica è stata un successo. Ma è proprio così? Forse no, ma si tenti, seppur in breve, di capire il perché. Tralasciando le idee balzane come i banchi a rotelle costati alle casse pubbliche decine di milioni di euro e su cui giustamente indaga la Corte dei conti, tralasciando la didattica a distanza che ha dimostrato di essere un totale fallimento, tralasciando gli enormi interessi industriali e finanziari che si celano dietro molti aspetti e che inducono i nostri salvatori – cioè le case farmaceutiche – a scontrarsi tra loro in tribunale, bisogna tener conto di alcune circostanze proprio oggi che i contagi sono in aumento.

Appena pochi mesi or sono, infatti, all’inizio della campagna vaccinale se Massimo Galli annunciava l’efficacia immunizzante già dopo la prima dose, per parte sua Ilaria Capua aveva assicurato che grazie al vaccino tutta la vicenda pandemica avrebbe avuto un epilogo fausto e felice nel giro di appena due mesi, mentre secondo Sergio Abrignani la copertura vaccinale sarebbe durata addirittura un decennio. Eppure, dopo numerosi mesi, dopo una percentuale di popolazione vaccinata pari addirittura all’84,35 per cento nessuna capacità immunizzante è stata registrata anche perché così ha candidamente ammesso la stessa Pfizer, non ne siamo venuti fuori in due mesi e ci si ritrova già alla somministrazione della quinta dose in meno di 24 mesi (altro che decennio!), peraltro con contagi e ricoveri in aumento.

Alla luce di tutto ciò, più che cantare vittoria e autocompiacersi per le misure adottate – spesso a discapito delle più elementari regole del buon senso, dei più fondamentali principi costitutivi dello Stato di diritto e delle più essenziali norme della buona ricerca scientifica – bisognerebbe cominciare, da parte di tutti, a destarsi dal sonno dogmatico del pensiero pandemisticamente corretto e vedere la realtà per ciò che essa in effetti è. A che punto siamo con la pandemia, dunque?

Siamo sostanzialmente fermi, senza andare né avanti né indietro, senza fare progressi reali, senza che le misure adottate consentano di registrare un significativo successo nella lotta contro il virus. A tutto ciò si aggiunga la valanga di ricorsi, per lo più accolti, che si sta abbattendo sul sistema giudiziario italiano per riconoscere la tutela di quei diritti incresciosamente violati proprio dall’adozione delle misure anti-pandemiche (ma questa è un’altra faccenda che per la sua complessità e vastità richiede riflessioni autonome e separate).

In definitiva: il pandemista medio, proprio perché ostaggio del pensiero unico pandemisticamente corretto, non si renderà conto della situazione e continuerà imperterrito a vivere dei miraggi che gli saranno ancora somministrati, ma gli altri, cioè coloro che sotto sotto cominciano a coltivare qualche perplessità, farebbero bene ad abbracciare coraggiosamente il dubbio cominciando a riconoscere che una cosa è la narrazione pandemica della realtà e altra cosa è la realtà della narrazione pandemica, perché soltanto così, acquisendo una consapevolezza fino ad ora ai più sfuggita, si potrà davvero sperare di venir fuori dalla pandemia e da tutte le sue alienate e alienanti alienazioni.


di Aldo Rocco Vitale