Riforma Cartabia, cercasi certezza del diritto penale

lunedì 17 ottobre 2022


Con uno stato di diritto italiano, sia civile che penale, che arranca in un’anomica stagnazione sconcertante, dove la sua certezza è sempre più latitante, il legislatore continua a reiterare diversi tentativi di riforma per rendere più efficiente l’attività giudiziaria, anche e soprattutto per non venire meno agli impegni prefissati con il Pnrr e per non perderne i relativi fondi europei. Verso questo indirizzo si rivolge il Decreto legislativo di attuazione della legge delega n. 134 del 2021 per la riforma della giustizia penale nell’ambito processuale e sostanziale e lo sviluppo della giustizia riparativa, tutto questo affinché venga velocizzata la definizione dei procedimenti giudiziari. Nello specifico, il succitato decreto legislativo (cosiddetta riforma Cartabia), che consta di 99 articoli, tramite i quali si attua un significativo intervento di riforma tanto del Codice penale quanto delle leggi complementari, anche allo scopo di creare una disciplina organica della giustizia ripartiva, si fonda su determinati principi e criteri direttivi, come quelli della accelerazione, della deflazione e della digitalizzazione, finalizzati a rendere più celere e di conseguenza più efficiente la giustizia penale, come stabilito dallo stesso Pnrr.

A tale riguardo, è importante evidenziare che l’intervento sul processo penale telematico, tramite la riforma della disciplina della forma documentale informatica degli atti, con la previsione che il deposito degli atti e dei documenti, nonché delle richieste e delle memorie, venga eseguito con modalità esclusivamente telematiche. Inoltre, la riforma prevede che i fascicoli informatici debbano essere costituiti, conservati e trasmessi con modalità funzionali a garantirne l’integrità e la loro autenticità, facilitandone la stessa accessibilità e garantendone la consultazione telematica, rispettando il criterio della interoperabilità. La nuova disciplina, oltre a incentivare l’utilizzo dello strumento digitale audiovisivo per svolgere da remoto sia le udienze e sia il compimento degli atti, è altresì informata all’innovativo criterio secondo il quale le notificazioni debbano essere effettuate con procedure telematiche presso il domicilio digitale e che quelle successive alla prima notificazione nei confronti dell’imputato non detenuto, salvo la fissazione dell’udienza preliminare e la citazione in giudizio e la notificazione del decreto penale di condanna, siano eseguite esclusivamente tramite la consegna al difensore di fiducia o a quello nominato d’ufficio.

Per quanto riguarda le indagini preliminari è prevista una ridefinizione dei termini per la conclusione delle indagini preliminari e dei presupposti, nonché della durata della loro proroga. Per la riduzione dei numerosi procedimenti penali sono stati statuiti dei nuovi presupposti per l’archiviazione ed una nuova regola di giudizio per l’udienza preliminare, finalizzati ad indurre il pubblico ministero ad archiviare l’indagine quando i suoi elementi non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicare una misura di sicurezza diversa dalla confisca e, invece, per quanto riguarda la regola del giudizio per l’udienza preliminare è prevista l’archiviazione quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna. Riguardo al giudizio, la riforma introduce nel procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica un’udienza di comparizione predibattimentale, che può concludersi con una sentenza di non luogo a procedere.

Una novità rilevante per l’attuazione delle garanzie di matrice costituzionale è la riforma inerente alla Notitia criminis, in cui viene garantita la certezza e la celerità delle iscrizioni, anche a tutela dell’indagato, prevedendo la possibilità per la parte di richiedere al giudice l’accertamento della tempestività dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato e l’eventuale retrodatazione della stessa, prevedendo anche che la mera iscrizione nel registro non determini effetti pregiudizievoli di natura sia civile che amministrativa per il soggetto indagato. Per i casi nei quali non ci sia stata una perquisizione in un sequestro e non sia esperibile il riesame è stato introdotto un rimedio specifico, ossia l’opposizione al decreto di perquisizione emesso dal pubblico ministero.

Per ovviare agli effetti pregiudizievoli causati dalle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e rendere esecutive le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo è stato introdotto un innovativo e specifico rimedio legislativo (ex articolo 628-bis del Codice di procedura penale).

Per i casi di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni o a tre anni o a un anno, dopo lo svolgimento di un giudizio di cognizione, è stata legiferata una nuova disciplina organica delle pene sostitutive brevi. Mentre, ai delitti puniti con la pena non superiore nel minimo a due anni, salvo quelli espressamente esclusi dalla riforma, si estende la disciplina della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, attribuendo alla condotta successiva al compimento del reato una rilevanza valutativa.

Infine, il suddetto decreto legislativo statuisce una disciplina organica della giustizia riparativa, declinandola con specifiche disposizioni di natura sostanziale e processuale, prevedendo sia l’istituzione di Centri per la giustizia riparativa presso gli enti locali e sia l’istituzione della Conferenza locale per la giustizia riparativa presso ciascun distretto di Corte di Appello. Infatti, la riforma, in primis, definisce, all’articolo 42 del Decreto legislativo, la giustizia riparativa come “ogni programma che consente alla vittima, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore” e in secundis, all’articolo 43 dello stesso decreto legislativo, prevede che la giustizia riparativa debba conformarsi ai principi della partecipazione attiva e volontaria delle parti, del coinvolgimento della comunità e della riservatezza e dell’indipendenza dei mediatori.  

“Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”.


di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno