giovedì 13 ottobre 2022
“Il Green pass è una misura con cui i cittadini possono continuare a svolgere attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”.
Così il presidente del Consiglio Mario Draghi ebbe a dichiarare, come si avrà modo di ricordare anche da parte dei più distratti e smemorati, nella celebre conferenza stampa del 23 luglio 2021 nella quale si annunciava l’approvazione del Decreto che introduceva il green pass a far data dalla sua entrata in vigore nel successivo 6 agosto 2021.
Tenendo presenti le suddette dichiarazioni di Draghi occorre riflettere sul gravissimo fatto, riportato da molte testate giornalistiche, secondo cui la portavoce della Pfizer ha esplicitamente e pubblicamente ammesso che il vaccino anti-Covid non è stato testato per prevenire l’infezione e i contagi.
Dinnanzi a tali rivelazioni, sebbene gli studi, la realtà, l’evidenza e il buon senso già da mesi avevano indicato inequivocabilmente l’impotenza del vaccino nel bloccare i contagi – e per questo la necessità del richiamo, del booster, della “ventordicesima” dose ecc. – crolla senza alcun dubbio la fondabilità scientifica di quella sconcezza giuridico-amministrativa che è il green pass.
Il green pass, infatti, è stato basato sulla presunta affidabilità – accertata più in modo ideologico che realmente scientifico – del vaccino di impedire i contagi, per cui se il vaccino non è in grado di impedire l’infezione il green pass non è in grado di garantire alcunché se non la violazione delle più elementari regole del diritto, cominciando dal principio del neminem laedere e dai principi di prudenza e precauzione.
Fin dall’inizio della campagna vaccinale, infatti, è stato chiaro – almeno per coloro che non si sono piegati al pensiero unico del pandemisticamente corretto – che i contagi aumentavano lo stesso, che si susseguivano le nuove ondate, che anche i vaccinati si ammalavano e che perfino si poteva essere contagiati venendo a contatto con i vaccinati medesimi.
Ovviamente chi si limitava a denunciare che “il re era nudo” veniva subito aggredito verbalmente da chi tra parenti, amici, colleghi e conoscenti gli stava intorno, e veniva subito etichettato come ignorante, terrapiattista, antiscientifico, oscurantista, retrogrado, pazzo, no-vax, no-pass ecc., poiché, con le parole di Jerzy Lec, la “gente ama pensieri che non obbligano a pensare”.
Adesso che la stessa Pfizer ammette che il vaccino non è stato testato per la prevenzione del contagio, tuttavia, sarebbe opportuno smettere di portare il cervello all’ammasso del pandemisticamente corretto e cominciare a ragionare, poiché neanche la stupidità di massa può esentare dal pensiero.
In primo luogo: si dovrebbe davvero cominciare a riflettere sulla possibilità che vengano riconosciute le pesantissime responsabilità giuridiche della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero della Salute, specialmente nelle persone di Mario Draghi e Roberto Speranza, nonché del Cts e di tutti i suoi componenti e dei membri dell’Iss, sul fatto che non soltanto si è taciuta alla popolazione una così importante informazione – cioè che il vaccino non bloccava il contagio – ma, anzi, che si sia pubblicamente affermato il contrario e che sulla base di tale palese menzogna siano stati compressi e spesso soppressi i diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti (come lavoro, circolazione, istruzione, ecc,) di milioni di cittadini italiani.
In secondo luogo: la rivelazione della portavoce della Pfizer dimostra che quelle certezze incrollabili che per mesi si sono ideologicamente propugnate sulla presunta assoluta infallibilità dei ritrovati vaccinali contro il Covid, così certe non sono, anzi! Se, infatti, i vaccini non sono stati testati per prevenire infezioni e contagi, dati i ristrettissimi tempi con cui sono stati messi a punto, vien da chiedersi ancora per cos’altro non sono stati testati.
In terzo luogo: emerge con sempre maggior chiarezza il groviglio di problemi giuridici afferenti al consenso informato che è stato fatto sottoscrivere obbligatoriamente a milioni di soggetti inconsapevoli: se, infatti, si sapeva fin dall’inizio che il vaccino non bloccava il contagio, ma la popolazione non è stata avvisata il consenso informato sottoscritto è quanto meno nullo; se, invece, si è appreso successivamente che il vaccino non bloccava il contagio, e la popolazione è stata avvisata di una tale contro-indicazione soltanto dopo, il consenso informato è del tutto inesistente poiché informazioni così essenziali non sono state adeguatamente portate a conoscenza dei sottoscrittori. In entrambi i casi è doveroso accertare la responsabilità civile e penale di quanti hanno indotto direttamente o indirettamente la popolazione a sottoscrivere un consenso informato carente di quelle informazioni necessarie e sufficienti per renderlo davvero consensuale e davvero informato.
In quarto luogo: implode su se stesso il ragionamento – dalla dubbia profondità giuridica – posto a sostegno della celebre e controversa sentenza del Consiglio di Stato n. 7045/2021 con cui si è ritenuto legittimo l’obbligo vaccinale indiscriminato a carico del personale sanitario sull’assunto – oramai palesemente falso e appena smentito dalla stessa Pfizer – che la somministrazione vaccinale obbligatoria fosse indiscutibilmente legittima poiché per un verso “è doveroso per l’ordinamento pretendere che il personale medico od infermieristico non diventi esso stesso veicolo di contagio, pur sussistendo un rimedio, efficace e sicuro, per prevenire questo rischio connesso all’erogazione della prestazione sanitaria” (pag. 50), e poiché per altro verso “le censure degli appellanti muovono da un presupposto scientifico errato, secondo cui le vaccinazioni non sarebbero efficaci e sicure, mentre, come si è visto, esse sono state autorizzate all’esito di procedure rigorose e di sperimentazioni solide e, come dimostrano i dati più recenti e la comparazione delle diverse evidenze della malattia tra soggetti vaccinati e non vaccinati, si stanno dimostrando efficaci sia nel contenimento della malattia, quanto ai sintomi più gravi, che nella diffusione del contagio” (pag. 67).
Alla luce delle rivelazioni della stessa Pfizer, dunque, se qualcosa vi è stato di scientificamente errato è stato l’assunto ideologico, e come tale ben poco scientifico e ancor meno giuridico, del Consiglio di Stato che ha incautamente piegato alla ragion sanitaria la ragione del diritto e il diritto della ragione.
In conclusione: la rivelazione della Pfizer secondo cui il vaccino non è stato testato per prevenire il contagio dimostra quanta poca scienza e anche quanto poco diritto abbiano contraddistinto la gestione della pandemia, dovendosi esigere, da adesso, una maggior prudenza da parte di tutti coloro che sono stati pandemisticamente entusiasti sostenendo senza alcuno spirito critico tutte le misure adottate nell’ultimo triennio e dovendosi augurare che le loro responsabilità giuridiche gravissime ed evidenti siano accertate quanto prima in ossequio dei morti e dei vivi, e per rispetto della vera scienza, del vero diritto e della persona che sono state le tre principali vittime dell’ultimo triennio di delirante gestione pandemica.
di Aldo Rocco Vitale