Libertà di espressione: aspettiamo tempi migliori

sabato 17 settembre 2022


In Turchia il grande scrittore Orhan Pamuk, autore di libri bellissimi ed indimenticabili sulla sua Istanbul e la Turchia, è letteralmente sfuggito alle purghe politiche della dittatura di Recep Tayyip Erdoğan issando “bandiera bianca” e affermando di volersi occupare solo e unicamente di letteratura e di voler essere lasciato in pace perché questa – la letteratura – richiede tempi lunghi e ponderati di studio serio e grave.

La vita di un letterato, in generale la vita di un pensatore, ha tempi molto differenti da quelli propri delle giornate di tutte le altre persone. Un pensiero è come una lunga musica che prende e solleva, eleva, estrania dal mondo conosciuto dalle moltitudini e consente di vivere in una sorta di stratosfera; un mondo bellissimo di logica, pensieri ed idee in grado di rendere la vita meravigliosa. Beato chi ne è preso, in questi studi folli e disperati che elevano la vita a un gioco divertentissimo e fantastico. Povero Pamuk, poveri tutti i pensatori di tutti i tempi quando sono trascinati obtorto collo nelle patrie galere del vivere comune.

Provo un certo orrore nel vedere la macedonia o piuttosto il gorgo in cui cadono uno a uno i nostri bei Paesi occidentali che oggi costringono a fare (e fanno) di tutta l’erba un fascio. Sintomo del decadimento delle civiltà è proprio il costringere chi pensa a venire a patti con l’ideologia imperante del luogo, del Paese, a doversi difendere implorando di rimanerne fuori. Si prenda ad esempio l’Italia. Tutti dovevano essere marchiati con il vaccino contro il Covid-19, pena essere respinti dal luogo di lavoro e di guadagno che garantisce la propria sopravvivenza economica. Il pensiero unico alla base di tutto: l’obbligo dello Stato verso o contro la persona, la sua stessa libertà. Pensiero unico che è estesissimo perché politico prepotentemente estendentesi in ogni ganglo del vivere. Obbligo infatti di pensare tutti alla stessa maniera. Ove tale non sia, condanna corale-sociale alla esclusione e soppressione di chi la pensi diversamente. Basta una parola, un’immagine, un cenno e scatta la tagliola, scatta l’omertà dei cattivi e l’esclusione, la sopraffazione, la violenza.

Il pensiero unico miete vittime tutti coloro che lo adottano ed impongono, oltre che chi lo subisce pensandola diversamente. La cantante non vuole cantare l’inno del pensiero unico? Tutti addosso alla cantante, al suo canto, alla sua libertà! Televisioni prone al pensiero unico, canali di comunicazione piegati al pensiero unico, veri e propri squadroni cattivissimi di epuratori del pensiero – degli altri – per la sopraffazione dell’unico pensiero, quello unico.

Ma dove si vuole arrivare? Quando avremo detto in coro e per rima tutti le stesse stupide cose, quando reciteremo in un assolo – facendo recitare con il mitra spianato alla testa chi non lo pensi – il medesimo pensiero, cosa ci avremo guadagnato come umanità se non l’aver mietuto essa stessa e noi stessi? Ma non siete stufi di dire tutti le stesse cose e di macerarvi dentro? Perché dovremmo pensare tutti nella stessa maniera? La libertà è proprio nella ricchezza data dalla diversità. Perché costringere le persone a nascondersi ed a nascondere le proprie idee e pensieri, perché non arricchirsi ed arricchire tutti con il pensare e lo scrivere quello che ci pare? Perché le persone che pensano si dovrebbero giustificare o dovrebbero stare attente a pensare e parlare? Questa illiberalità del pensiero unico va di pari passo con la negazione del riconoscimento della persona, e soprattutto delle sue libertà, delle sue che sono poi quelle di noi tutti.


di Francesca Romana Fantetti