Chi difende Penny Polar Bear?

giovedì 15 settembre 2022


Dell’episodio di Peppa Pig e le due mamme hanno parlato in molti, ma dei diritti di Penny Polar Bear, orsetta con due mamme, si è discusso poco. Il cartone, invece, potrebbe avere anche questo senso, quello di mettere in evidenza il futuro incerto e soggetto a controversie dei minori trascinati nel sessismo Lgbt. Come è puntualmente accaduto.

Massimo Gramellini ha scritto sul Corriere della Sera: “I cartoni rivolti all’infanzia devono rispettare un’unica linea-guida: raccontare l’amore e l’accoglienza, perché sono l’odio e l’esclusione a traumatizzare i più piccoli, non il genere dei protagonisti”. Luciana Littizzetto al Festival della Comunicazione di Camogli, parlando di libertà, ha rincarato la dose: “È normalità parlare del nonno che dorme sulla poltrona, la nonna che colleziona cappellini e la mamma che fa la casalinga, oppure la normalità sono due mamme?”.

Insomma, Intellettuali di sinistra contro ogni censura a “Peppa Pig”. Di mira è il cartoon britannico ideato da Mark Baker e Neville Astley, in cui la famigliola di maialini guidati da Papà Pig, Mamma Pig e Peppa al quarantunesimo episodio della settima serie, intitolato “Famiglie”, ha presentato per la prima volta un personaggio con due mamme. Si tratta di Penny Polar Bear, amica della protagonista, che vive con una coppia omosessuale. Stiamo parlando di “Peppa Pig”, non di un trattato, ma il caso ha fatto clamore perché il cartone fin qui aveva rappresentato il prototipo della “famiglia tradizionale”, in cui i personaggi maialini ricostruivano vicende, relazioni parentali, legami e vicissitudini comuni introdotte dai “grugniti” a indicare le difficoltà e a volte le incongruenze, tutte però con un lieto fine. E cioè la ricomposizione dell’armonia e dell’unità familiare. Ai polemici paladini Lgbt è sfuggito questo concetto: il nucleo essenziale della fortunata serie britannica appassiona i piccoli, poiché offre loro il paradiso sulla terra, ossia che vince sempre il bene e l’amore per la famiglia mette tutti d’accordo.

L’armoniosa famiglia di Peppa Pig, in video (in Italia) dal 2005, si è però infranta sul politically correct quando gli autori hanno pensato di introdurre nella narrazione il personaggio con due mamme. Non sappiamo con quale indirizzo. Anche perché, se è talvolta una realtà per i bambini sentirne parlare (ahimè), non è scontata la normalità del fatto in sé. L’importante è che non ci siano esclusioni, violenze e discriminazioni tra bambini, giusto? Analisi troppo raffinata per gli Unni del pensiero unico italiano, che sono subito scattati contro il responsabile Cultura di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone, il quale ha sollevato il caso chiedendo alla Rai di non trasmettere gli episodi. Stesse contestazioni sono arrivate da altri ambienti educativi e religiosi. Lo lo stesso leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha definito il fatto “triste e preoccupante”, schierandosi a un passo dalle elezioni a baluardo e difesa della famiglia naturale.

Più circostanziati Carlo Giovanardi e Luisa Santolini, che hanno presentato un esposto alla Rai per richiamare l’applicazione del Codice di autoregolamentazione su media e minori, poiché l’episodio delle due mamme violerebbe le norme pubblicizzando pratiche, come la fecondazione, i figli su commissione e l’adozione omosessuale, vietate in Italia. Questione spinosa per i vertici di Viale Mazzini.

Resta il distinguo tra discriminazione e normalità. La sinistra vuole rendere normale con atti di superba imposizione tutto il bagaglio Lgbt fin dalla tenera età, ridicolizzando la mamma casalinga e il nonno in poltrona, per irrompere con i protagonisti dell’universo sessista. Il centrodestra, invece, si batte contro le distorsioni educative e solleva la questione del raggiro delle norme illegali. Che il fine del cartoon non sia necessariamente la normalità, ma un po’ di armonia almeno tra bambini sottoposti allo sconquasso moderno, sfugge ai bellicosi del Gender. Invece l’importante è che Penny Polar Bear, figlia con due mamme, non si senta umiliata ed esclusa.


di Donatella Papi