L’era del plurimperialismo?

sabato 10 settembre 2022


Stiamo inseguendo un miraggio nel deserto come se fossimo agli inizi del XX secolo. Il miraggio a quel tempo fu la contesa tra Regno Unito e Germania per conquistare non l’Europa bensì il mondo. Sembrano epoche prediluiviane, ed invece sono recenti. Ed è rimasta la mentalità. Occorre individuarla per capire la faccenda presente. È rimasta la “mente” imperialistica. La mente imperialistica è connessa all’umanità dall’antico. La si colga nella potenza produttiva, nella nevrosi dell’erotismo anale ed orale, nella cruda e netta volontà di potenza, l’imperialismo è interno agli aggregati. Esiste anche un imperialismo individuale, la personalità che vuole dominare, ma è un imperialismo soggettivistico. L’imperialismo degli Stati si ha in varie espressioni: assoggettare gli altri distruggendoli (Roma contro Cartagine); dominare senza distruggere (Roma con i Greci almeno culturalmente); trarre ricchezze (imperialismo quale colonialismo); coesistere, mescolare (ellenismo, giulicesarismo); annichilire l’altrui potenza (la Germania dopo la Prima guerra mondiale); associare ma in condizioni non paritarie (gli Stati Uniti con l’Europa dopo la Seconda guerra mondiale).

Ritengo che siano concepibili altre variabili, con una costante: “una” potenza imperialista, non vi è di solito vero imperialismo se non vi è “una” potenza dominante assoluta o che ne abbia voglia... Vedremo, vaglieremo. Recentemente si ebbe un duplice imperialismo, Occidentale e Sovietico. Estinto l’imperialismo sovietico parve restaurata la concezione che l’imperialismo per essenza consiste nell’affermazione di “una” potenza. In ogni caso per decenni così avvenne, gli Stati Uniti furono ed ebbero consapevolezza di essere l’esclusivo imperialismo. Avvenne però un andamento piuttosto inevitabile, effetti non previsti. Quali? Che la sicurezza di costituire la sola potenza imperialista convinta di tenere sotto controllo il pianeta (visione anale della potenza, io sono capace di stabilire se tengo dentro o espello, insomma: di controllare) giunse all’irresponsabilità.

È fondamentale chiarire, costituisce il fulcro dinamitardo della nostra situazione. Precisamente: il capitalismo ha necessità vitale di investire con la massimizzazione dei profitti e, data la perenne crescita della potenza produttiva, necessità di mercati, sia per investire, sia per vendere, sia per acquistare. Se gli si offre occasione utilizzabile si slancia, sorpassando antigeni ideologici. Fatti: quando gli Stati Uniti, ma l’intero Occidente, colsero l’aspirazione cinese a ricevere capitali in una società coattivamente docile, laboriosa per millenaria tradizione, dai salari millesimali e dalla possibilità di profitti iperbarici importando tali merci in Occidente, vi fu un nuova corsa all’oro, ed oro fu. Decenni di investimenti in Cina e di merci da quel Paese verso di noi, su di noi. Si trascurò che i cinesi accumulavano, si attrezzavano, producevano con le loro imprese, esportavano le loro merci, e più che popolo che ha inventato ha saputo copiare, e copiò il capitalismo, divenne capitalista. Un Paese comunista capitalista? Ecco la sorpresa.

Pensate: non pensavamo che un Paese comunista sarebbe diventato capitalista. Tale il dispregio verso il comunismo che ci siamo trovati questo sortilegio. Semplicissimo. È lo Stato che dà il via libera all’iniziativa...privata. Ed all’arricchimento. Bastasse. I cinesi, dall’estrema popolazione e salari di schietta sopravvivenza spazzarono il mercato. Il produrre a basso costo che tanto attraeva l’Occidente divenne lo stendardo dell’Oriente e sventola in capo al mondo oscurando l’Occidente. Con meno clamore il simile accadde con la Federazione Russa. Il comunismo cadde, le materie prime restarono. Il nazionalismo statalista russo le gestì anche a vantaggio dell’Europa. A tale gradazione gli Stati Uniti si destano. Il pianeta sfugge al controllo. La Cina vende, accumula, investe, si arma, penetra. La Russia intreccia con la Germania grovigli intimissimi e potenti.

Questo connubio russo-tedesco incinghialisce gli Stati Uniti. In miei saggi sulla Rivista di Studi politici internazionali riferisco dichiarazioni minaccianti, rasoterra degli Stati Uniti sulle relazioni esclusivizzate Germania-Russia. Il risveglio di un Paese erculissimo, gli Stati Uniti, è tanto maggiormente irato quanto più tardivo. L’Amministrazione repubblicana era avveduta ma con una soluzione nazionalpatriottica, richiamare i capitali, soprattutto rendere meno conveniente l’investimento altrove, sui rapporti Russia-Europa avvertimenti ma non estremizzati. Tutt’altra valutazione da parte democratica. Una esaltazione dei pericoli imperialistici della Cina e della Russia, un obbligo di scardinare ogni relazione economica. Torna, a livelli esacerbati, il conflitto tra imperialismi. Gli Stati Uniti vorrebbero negare mercato alla Russia ed alla Cina.

Lo scopo del marasma odierno sta nel tentativo di ricontrollare il pianeta da parte degli Stati Uniti. Non è la lotta per la libertà, fosse tale non avremmo noi occidentali investito in Cina per decenni! È che credevamo incapace di emergere un Paese comunista. Dunque: lo scopo del marasma è togliere dal mercato mondiale Russia e Cina, controllarle, assoggettarle, distruggerle. Insomma, un classico dell’imperialismo (il termine è descrittivo non accusatorio, potrei dire: un conflitto di potenze). A tal punto dobbiamo sorpassare per qualche tempo le professioni di fede, non per essere privi di appartenenza, tutt’altro, per cogliere realisticamente che fare e comprovare i risultati del già fatto. C’è qualcuno capace di supporre che il mondo potrebbe fare a meno dell’economia cinese e russa? Possiamo valutare a che grado di costi giungere per quel fine, a chi e se converrebbe? Se lo sfasciamento dell’Europa è il prezzo per l’ipotetico sfasciamento della Russia siamo disposti a immolarci per tale stravagante meta, per giovare a chi? L’ipotesi che gli Stati Uniti possano riacquistare il controllo del mondo senza una guerra mondiale è verosimile?

E se questa aspirazione necessita della guerra mondiale siamo disposti alla guerra mondiale pur di tentare (tentare) il dominio mondiale da parte degli Stati Uniti? Ritengo che siamo nell’era del plurimperialismo e che l’unimperialismo sia una vertigine che trascinerebbe alla distruzione irrevocabile senza risultato. Esplicitamente: gli Stati Uniti non riavranno il dominio mondiale, a volerlo causeremmo lo sfacelo mondiale, non soltanto, tutti, persino dei paesi europei (tranne l’Inghilterra nordeuropei) sarebbero fenitenti. Siamo ormai sul pendio dell’insostenibilità. La gente si rivolterà a sentire: colpa della Russia. Vuole salvarsi. E l’incapacità di salvarla non può essere per anni addossata alla Russia. Se è la Russia a debilitarci accordiamoci con la Russia e risolviamo! Oppure: vinciamo! Ma è semiriricolo dichiarare è colpa della Russia. Come se Churchill avesse detto agli inglesi: è colpa dei nazisti se perdiamo! Se ci accordiamo, gliela diamo vinta ai russi?

Perché, nel caso crolliamo vinciamo noi|? Ma sono frasi di scarto. L’essenza, questa: chiunque, Cina, Stati Uniti, Russia, Repubblica di San Marino volesse imporre l’Unimperialismo sarebbe fuori epoca, la nostra è un’epoca di sviluppo onnilaterale intercostale. Moltissimi paesi ovunque si sviluppano, le dimensioni planetarie sono cresciute nel senso che bisogna tener conto di molteplici luoghi e svolgimenti. Le mani du una potenza non contengono il mondo nelle sue articolazioni pur distese. L’Unimperialismo si aveva come possibilità quando vi era dislivello di sviluppo e il gioco era tra pochi. Oggi non è possibile. Vorremmo l’irrealizzabile. Vale una guerra o i tentativi patologici di cui ho scritto (pandemie, robotica, transgenesi, soprattutto eterodirezione, asservimento mediatico, decimazione)? Sciaguratamente qualcuno ritiene che queste “soluzioni” consentirebbero al vinvitore l’Unimperialismo. Ma come immaginare conciliabile lo sviluppo di ogni parte con l’Unimperialismo che lo comprimerebbe? Questo potrebbe avvenire solo con una distruzione radicale.

Il mondo si sviluppa ovunque soffocare i germogli ed i rami è impossibile Troppo sviluppo, ovunque intradipendente. Non farsi coinvolgere in finalità irrealizzabili. Tornare al nativo proposito, sviluppo ovunque, commercio, connessione. È il cuore attivo della vicenda: un’epoca di sviluppo onnilaterale è ancora immaginabile? L’Unimperialismo è impossibile e può essere tentato con la guerra e le “soluzioni” patologiche... Addirittura il Plurimperialismo non dovrebbe essere una condizione di aree chiuse. Non è tale la richiesta oggettiva dello sviluppo planetario che esige una visione planetaria. Se i mezzi di produzione sono immani e lo sviluppo ovunque impedire questo respiro naturale, organico, coerente è mettere un elefante in una bacinella. Quello che sta accadendo è dovuto a non essere adeguati agli sviluppi dei sistemi produttivi. Se siamo idonei a produrre per l’intero mondo e ovunque nel mondo occorre coinvolgere il mondo, integrarlo! Non per buona volontà ma perché è inevitabile. Altrimenti ci soffochiamo vicendevolmente. O non è così? Respiriamo, vero? Ma certo che vi saranno conflitti. All’interno della coesistenza!


di Antonio Saccà