Dopo gli alpini: chiesto il rinvio a giudizio per molestie sessuali

sabato 9 luglio 2022


Non è per niente finito il giallo degli alpini molestatori, che a maggio scorso al raduno annuale di Rimini avrebbero attuato un piano da “Ratto delle Sabine” per molestare, palpeggiare e offendere almeno 500 donne. Una sola denuncia era stata presentata, quella di una ventiseienne che aveva riferito al suo avvocato di tre uomini i quali, invece di onorare il Corpo marciando decorosamente, avrebbero approfittato della “piuma” per metterle le mani ovunque. Dopo due mesi, però, la Procura di Rimini ha chiuso il fascicolo, perché “la non identificazione degli ignoti ha prodotto l’archiviazione”. La vicenda, tuttavia, ha creato un precedente ed è andata peggio al ristoratore tifoso viola che il 27 novembre all’uscita dello stadio, dopo il match di calcio Empoli-Fiorentina, palpeggiò la giornalista Greta Beccaglia in diretta tv. È stato chiesto il rinvio a giudizio dalla Procura di Firenze con l’accusa di violenza sessuale e rischia una pena severa.

Gli alpini per ora sono stati risparmiati. Ne è conseguita una polemica al contrario. Stavolta gli indignati contro le presunte offese. A cominciare dal presidente nazionale degli Alpini, Sebastiano Favero, risentito per le accuse generiche e per le mancate scuse delle femministe promotrici della bagarre. “Con grande amarezza dico che invece di generalizzare su un’intera associazione che ha dimostrato in tutti questi anni i suoi valori e i suoi ideali bisognerebbe essere più cauti. Invece, purtroppo, si sparano sentenze senza avere alcuna prova e poi non si ha neanche il coraggio di chiedere scusa” aveva detto.

Ma le paladine contro i 90mila maschi Alfa delle montagne non vogliono cedere. Le organizzatrici dell’Associazione riminese Non una di meno” fanno sapere che presenteranno ricorso e insistono di avere centinaia di segnalazioni.

“È passato un messaggio sbagliato, che non è successo nulla, che le ragazze vaneggiano o inventano, mentre noi abbiamo denunciato abusi di massa”, proseguono. Più precisamente catcalling, cioè “molestie di strada” con fischi, apprezzamenti, avances, gestacci anticamera di aggressioni più gravi. Come faremo con le migliaia di giovanotti stranieri tradizionalisti e fondamentalisti fatti sbarcare e mescolati, oppure coi futuri alunni immigrati e naturalizzati in fretta e furia, che mal integrati potrebbero darsi agli assalti di gruppo come è accaduto a Capodanno a Milano?

All’indomani dell’archiviazione erano comparsi titoloni sui giornali avversari ed era partito qualche sberleffo con Nicola Porro in prima linea, che ha etichettato la carica dei presunti “porcelloni del raduno” “un’altra follia del politicamente corretto”. A ruota “le scorrette”: da Hoara Borselli ai colleghi di Libero e La Verità si sono scatenati nell’irridere le femministe. C’è poco da irridere. Il tentativo fallito era l’abolizione della marcia degli Alpini, altra categoria del piano Gender da far saltare. Infatti, sulla stampa e in Parlamento l’attacco prosegue. Anche perché proseguono le denunce. Dopo Elettra Lamborghini ed Emma Marrone, insultate e costrette a fermare i concerti, è stata la volta di Selvaggia Lucarelli, investita di fischi e definizioni pesanti da un’altra tipologia di maschiacci, i tassisti. Sul recente sciopero l’attivista influencer aveva espresso nel suo blog dure critiche e per questo dai microfoni degli autisti in piazza è partito un “Selvaggia Lucarelli è una putt…”. “Fatemi avere i nomi e i video”, ha chiesto la Lucarelli, “li denuncio”.

La filosofa femminista Michela Marzano su Repubblica ha teorizzato che è sbagliato definirle “goliardate”: “È un fenomeno ben più generale, uno dei peggiori retaggi del vecchio patriarcato”. Nel mirino progressista l’intollerabile cultura dello stupro che ancora persiste. La dem Laura Boldrini ne ha approfittato per un intervento alla Camera sulle offese alle donne politiche: “È inaccettabile che una deputata o senatrice possa subire attacchi violenti senza misure di contrasto”. Istituiremo i bodyguard per le onorevoli e i numeri antiviolenza per le vip, tanto già ci costano poco! E le donne comuni senza tutti questi privilegi, chi le difende?

Fatti e teorie si confondono, perché anche Giorgia Meloni e le colleghe di Fratelli d’Italia, più in genere le donne di destra, sono spesso oggetto di attacchi volgari e violente campagne. La stessa leader di FdI ha minacciato più volte le vie legali, di recente contro gli insulti dopo il comizio in Spagna pro-famiglia. E non va meglio ai maschi, se non appartengono alla galassia gender della sinistra, dopo che un giovane gay leghista ha accusato di essere stato picchiato per le sue idee politiche. O il caso dei poliziotti pronti a fare outing cacciati dai Gay Pride.

Politicamente corretto e antifascismo non vanno d’accordo. La violenza veste la casacca. L’ideologia dall’una come dall’altra parte è condizionante e la propaganda in era social si limita al clamore scandalistico, al fare rumore, alla visibilità con tutto. Se ogni like fosse consenso, capiremmo. Ma ogni like è venalità e popolarità a basso tasso. Passi per Elettra Lamborghini e Selvaggia Lucarelli, che vivono di questo, ma le ideologhe alla Concita De Gregorio o le leader pubbliche che si mettono alla rincorsa di Chiara Ferragni sono scivoloni che producono scetticismo astensionistico. Lo scriviamo da anni. Occorre nel femminile, e rispetto al femminismo, un’autonomia intellettuale e giuridica rispetto alla cultura a senso unico, che ha prodotto questa miscela di fango e bassezze. Soprattutto una scia di casi che spesso finiscono nel sangue. Lo diceva il povero Pier Paolo Pasolini che si sarebbero abbattuti gli anni delle omologazioni e che le violenze sarebbero state le stesse. Ergastoli e rinvii a giudizio, deve finire così il rapporto uomo-donna in era Gender? La sinistra ne ha fatto la sua bandiera ideologica, ma il centrodestra può restare immobile senza sviluppare una linea non ideologica ma moderna?

Principi confusi, valori deboli, idee al traino, tutti “femministi”, come Marco Desiati, il vincitore del Premio Strega con il libro “Spatriati” (Einaudi), che ha ritirato il riconoscimento in “rosa femmineo”, cioè femminilizzato “per non essere né maschilista né omofobo”? L’eterosessualità fa vergogna, la negazione della natura e il vilipendio religioso non sono più riconosciuti. Lesbiche spose e gay in parata esultano sul fragore delle guerre. È sub umano, non emancipazione, verso cui stridono il Cielo e la Natura, non per il catastrofismo pilotato, perché è il Trascendente che guida tutto. Dalla tradizione secolare, da Dante ad Alessandro Manzoni, dalle Madonne-donne della pittura e della letteratura agli uomini inconfondibili della storia, nonostante tutte le oppressioni, può risorgere lo spirito della salvezza. È il nostro destino, il corso della civiltà.

Ogni lingua deveen tremando muta”, diceva Dante sull’inviolabilità vergine. L’aurea umana, l’intelletto d’amore, la dignità e il decoro, lo stile e la postura, il valore e non la parata, l’umiltà e non il narcisismo, il pudore e non le esibizioni perfino mestruali, insomma la cultura e non l’ignoranza. Il catcalling è volgare mala educazione. Non per questo, o gender o processi, bisogna ritrovare l’uomo e la donna.


di Donatella Papi