La scuola e il Sud, le scienze e il pregiudizio antimeridionale

mercoledì 25 maggio 2022


Lascia veramente stupefatti il rosario di affermazioni tanto apodittiche quanto infondate sciorinato da Francesco Merlo sulle colonne di Repubblica di lunedì scorso. Andiamo per ordine. Dalla constatazione dell’esistenza di non pochi licei “d’eccellenza” al Sud, il Nostro arriva a concludere che “viene il dubbio che non si tratti di eccezioni che confermerebbero la regola, e cioè l’inferiorità certificata dai famosi dati dell’Ocse e dai test Invalsi, ma che siano invece da bocciare proprio questi dati e questi test”. Continua asserendo che “da anni i raggi x della sociologia svelano solo e sempre luoghi comuni”, come da ultimo la circostanza che la pandemia da Covid-19 abbia inciso negativamente sui livelli di apprendimento, mentre quella disciplina e la “presunta scienza della rilevazione” sarebbero incapaci di spiegare come mai “al Sud insegnanti meridionali formerebbero, non solo in matematica, studenti meno preparati di quelli che altri insegnanti, anch’essi meridionali, formerebbero al Nord”. Merlo una spiegazione invece ce l’ha bell’e pronta. È la “maionese del pregiudizio” antimeridionale, sentenzia piccato.

Cerchiamo però di fare un minimo di chiarezza. Non sono solo sociologi ma anche economisti come Andrea Gavosto, nella sua La scuola bloccata, a dirci come i dati medi di tutti i test nazionali e internazionali rivelino che “nessun altro paese dell’Ocse mostra differenze territoriali così marcate come l’Italia”. Per quanto riguarda gli effetti del Coronavirus sull’istruzione, sono state proprie le, per Merlo, scienze presunte o dell’ovvietà a ricordarci che se è vero che, secondo quanto ci raccontano i dati Invalsi del 2021, dopo la pandemia il 51 per cento dei diciannovenni italiani non raggiunge un livello accettabile di competenze (il livello 3 in ambito internazionale) in matematica e il 44 per cento in lettura, è altrettanto vero che il ritardo degli studenti italiani è stato rilevato dai test Ocse-Pisa sin dalla prima edizione del 2000.

Stia certo poi Merlo del fatto che nessuno studioso è mosso da pregiudizi antimeridionali nel ricercare le ragioni del divario territoriale, individuate ora nella scarsità del tempo pieno nelle scuole primarie del Sud, che può ridurre l’acquisizione di competenze di base da parte degli alunni meridionali, ora nelle caratteristiche del mercato del lavoro locale, come evidenziato recentemente da Luciano Benadusi e Orazio Giancola nel loro Equità e merito nella scuola; caratteristiche che fanno sì che nel Mezzogiorno, dove famiglie e studenti, più che al Nord, individuano a tutt’oggi nelle amministrazioni pubbliche un appetibile sbocco lavorativo, un titolo di studio purchessia, che certifichi solo formalmente l’acquisizione di competenze, sia ancora un bottino molto ambito.


di Luca Tedesco