Una, due, tre, globalizzazioni

martedì 29 marzo 2022


Qualche tempo fa ho scritto un saggio sulla Rivista di studi politici internazionali riguardante la globalizzazione, la contro globalizzazione e la contro-contro globalizzazione. Il titolo è chiarificatore di quanto volevo manifestare. La globalizzazione è l’effetto delle multinazionali. Queste, essendo multi-nazionali, straripando di merci, hanno bisogno di un mercato mondiale. La globalizzazione fu ideata dall’Occidente quale sede delle multinazionali che si ritenevano in grado di possedere il mondo. Manodopera, investimenti all’estero, merce a basso costo, importazione, vendita a costo superiore, profitti a gonfie vele. Accade l’inaspettato, alcuni paesi, segnatamente la Cina, esperta di marxismo quindi capitalismo, comprese che aprirsi agli occidentali conseguiva averne vantaggio, e si aprì. La Cina investì, si modernizzò, produsse, commerciò, arricchì e si arricchì. Un avvenimento inaspettato, il proprio vantaggio, non soltanto l’altrui vantaggio.

Investimenti per la Cina, prodotti per la Cina, merci per la Cina, esportazioni per la Cina, a vantaggio della Cina. Un’ulteriore novità: diventa, la Cina, un paese globale. Questa è la contro globalizzazione. La globalizzazione dell’Occidente ha una antitesi. Quando alla presidenza degli Stati Uniti giunse un repubblicano con qualche dubbio sulla globalizzazione, costui comprese che investire in Cina, con i cinesi che producono ed esportano in Occidente, valeva la mala ventura per Washington. Quindi richiama i capitali, alleggerisce la tassazione, pone dazi. Questa è la contro-contro globalizzazione, il tentativo di difesa dell’Occidente (Stati Uniti) dalla Cina soprattutto. Vi sono due entità piuttosto defilate in questo conflitto Stati Uniti-Cina, la Russia e l’Unione europea. Hanno rapporti intimi, molto intimi, addirittura immaginano di costruire un gasdotto che li unirebbe come il respiro di due innamorati.

Gli Stati Uniti sono offesi. Oltretutto hanno cambiato presidenza e sono ridiventati “globalisti” accaniti. Immaginano di dominare il mercato mondiale, avversano radicalmente questa intimità tra Russia ed Unione europea e concepiscono di fornire loro energia all’Europa, il che sembra arduo. Vi è un Paese accostato alla Russia, l’Ucraina, il quale ripete continuamente: voglio appartenere all’Unione europea, voglio mettermi nella Nato, viva gli Stati Uniti, non rispetto i russi che stanno in Ucraina, animo laboratori chimici pericolosissimi, armo guerrieri spietatissimi. Così molti dicono che si comporta l’Ucraina. Vero o non vero, la Russia perde la pazienza dei nervi e dichiara guerra all’Ucraina. Gli Stati Uniti esigono che l’Europa smetta ogni affetto con la Russia, anzi ostracizzandola riducendola in miseria. Ma i risultati delle nostre azioni sono non conformi spesso alle intenzioni. La Russia straripa di materie prime, e Cina, India, sopra tutti, si scatenano nell’acquisto. E la Russia ne attenua il prezzo, quindi richiama eventuali compratori.

Gli Stati Uniti credevano di interrompere il rapporto Russia-Europa, il che al presente avviene, ma non possono interrompere il rapporto della Russia con altri paesi, non sono, non riescono ad essere padroni globali. Ecco l’errore catastrofico. Gli Stati Uniti hanno suscitato un mondo alternativo a loro stessi, addirittura con il rischio di forgiare la caduta della sua moneta, che se non viene usata ampiamente come moneta di scambio universale provocherà una inflazione spropositata, essendo il dollaro enorme per quantità in vista dell’uso mondiale. Sarà in grado Washington di impedire i commerci con il Cremlino? E come? Minacciando la guerra mondiale? L’aver puntato sulla potenza militare pone gli Stati Uniti in una condizione chiusa. Possono vincere la guerra mondiale (per dire assurdità) ma perdere le guerre locali e commerciali. Il mondo è piccolo per l’enorme produzione. La lotta per i mercati all’ultimo fiato. Si dovrebbe stabilire un accordo planetario che stabilisca equilibrio tra domanda, offerta, automazione, occupazione, profitto. Come dicevano taluni economisti del XIX secolo: non è che si produce troppo, è che non si pone l’umanità in condizioni di consumare. Se si pone l’umanità in condizioni di consumare tutte le merci sarebbero vendute e non vi sarebbe lotta per i mercati. O si va in questa direzione o sarà guerra. E nessuno si illuda di essere “globale globalmente”. Bisogna accettare due, tre globalizzazioni conviventi. Se qualcuno ritiene che il vicino lo infastidisce, cerchi di sopportare. L’uomo vive sapendo di morire, figurarsi se non può vivere se il vicino lo pressa. Volgessimo l’attenzione a stabilire equilibrio tra domanda, offerta, automazione, occupazione e il consumo planetario, vivremmo in pace. Utopia? Certo. Forse. Ma non è la più criminale utopia ritenere che la guerra mondiale risolverebbe, cosa? Il trionfo della morte!


di Antonio Saccà