Bergoglio il “riformatore”

lunedì 21 marzo 2022


Il prossimo 5 giugno, Domenica di Pentecoste, entrerà in vigore la nuova Costituzione Apostolica sulla Curia Romana. La riforma, voluta dal pontefice argentino, sostituirà la Pastor bonus di Giovanni Paolo II, che resiste dal 1988. Il pacchetto di riforme firmato da Francesco ha già nel nome la sua missione: si chiamerà Praedicate evangelium. Perché l’evangelizzazione-donne-gender gap è il compito che lo stesso Gesù ha affidato ai discepoli, alla Chiesa, alla società cristiana.
La riforma del papa tanguero non è nient’altro che la forma estesa e completa del percorso di stravolgimento degli uffici curiali avviato nel 2013. Non ci saranno più né le “congregazioni”‘ né i “pontifici consigli”, ma solo i “dicasteri”, che potranno essere guidati da donne laiche. Di donne in Vaticano Bergoglio ne ha fatte entrare molte negli ultimi anni, ma per la prima volta si mette su carta la loro partecipazione alle attività curiali e alla direzione degli uffici della Santa Sede. Basti pensare al cardinale Parolin, che nel 2016 se ne uscì dicendo che anche una donna poteva ambire alla carica di Segretario di Stato Vaticano, dal momento che si tratta di un incarico non legato alla dignità sacramentale del sacerdozio. Anche questo è un segno dei tempi. Il prossimo passo, se il futuro pontefice sarà adepto del mainstream imperante, sarà il sacerdozio femminile.
La vera novità, in mezzo a tanti pseudo-tagli e accorpamenti, è la fondazione del Dicastero per l’Evangelizzazione: si tratta di una struttura, guidata dallo stesso pontefice, che andrà a sovrastare per importanza l’ex Sant’Uffizio. La riflessione che si dovrebbe generare è se questo sia ancora il tempo per parlare di evangelizzazione e conversione (o circonvenzione). O se, forse, la società cattolica non abbia bisogno di un rinnovamento della fede. Il Vaticano, sempre molto impegnato nella revisione dei suoi uffici e delle sue cose terrene, è una sorta di universo parallelo rispetto al mondo dei credenti, delle parrocchie, della fede. Sembra sempre più il Ministero della Magia di Harry Potter.
E tra le righe della riforma spunta anche il limite dei due mandati, di memoria grillina, per chierici e religiose: dopo cinque anni di servizio si potrà essere confermati solo per una volta, per poi fare ritorno, o iniziare, l’attività pastorale nelle diocesi. Chissà che fatica, passare dai sacri palazzi e dal silenzio catacombale degli uffici della curia, alle preghiere urlate da qualche anziano.
Da questa riforma si possono avvertire tre evidenze. Primo: la morbosa necessità di tagliare, semplificare, far sembrare tutto meno burocratico e più informale. Secondo: il gender gap è sempre più ossessionante e il ruolo delle donne nella Chiesa sarà sempre meno marginale. Terzo: con i cali delle vocazioni e la crisi generale del sistema ecclesiastico, l’apertura ai laici sembra quasi un grido d’aiuto. Chissà come sarebbe una Chiesa guidata da laici e una società abitata da preti e suore.

 


di Enrico Laurito