Il processo al figlio di Beppe Grillo e i moniti di Mosca

venerdì 18 marzo 2022


I rombi di guerra hanno offuscato la cronaca quotidiana, che inesorabile prosegue con i suoi casi giudiziari. Senza clamore, a porte chiuse, si è aperto a Tempio Pausania, in provincia di Sassari, il processo a Ciro Grillo e ai suoi tre amici. Accusa pesantissima per il figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle e per gli altri ragazzi tutti ventiduenni e genovesi: violenza sessuale di gruppo. Ciro Grillo è difeso dall’avvocato Andrea Vernazza, mentre la ragazza che per prima ha denunciato, insieme con l’amica, è difesa dall’avvocatessa Giulia Bongiorno. Il 15 marzo il Collegio dei Giudici, presieduto da Marco Contu, ha ascoltato le ragioni delle parti sull’ammissione di testi e fonti di prova voluti dalla difesa dei giovani e dal procuratore Gregorio Capasso.

“È stata ammessa la prova regina”, ha dichiarato la penalista e senatrice della Lega. È convinta di farcela, a coinvolgere Ciro e gli altri imputati. Sul banco porterà 56 testimoni, tutte le intercettazioni contenute nell’hard disk, lo scambio di messaggistica e di chat fra la sua cliente e altre persone. “Una sorta di scatola nera, l’ha definita con cui dimostrerà che la sua assistita ha sempre detto “la verità”. “Sono preoccupata per i tempi del processo” ha però aggiunto. Le udienze, infatti, si terranno, dal 1° giugno fino al 18 gennaio 2023, una al mese. Cronaca, politica, sesso e verità si intrecciano in “questo caso”, che ha squarciato il Parlamento, la giustizia, i partiti e la società.

Non possiamo dimenticare le invettive lanciate da Beppe Grillo, il suo sfogo di genitore, i suoi video di urlata tragica comicità, senza riserve per frasi, appellativi nudi e crudi, accuse, difese, col volto incredulo e lacerato dall’onta. La vicenda è già “un caso politico” e comunque vada mi chiedo come si potrà scindere l’accaduto dal resto. E chi potrà escludere che dietro non si celi anche “un attacco” nella fase più fragile del centrosinistra e dei partiti. Difficile compito spetta ai magistrati: separare le eventuali colpe inerenti ai fatti dalle possibili implicazioni di altro genere. Il processo occupa tra l’altro quel palcoscenico rovente italiano sui cui si combatte da anni una spietata battaglia. L’inchiesta era partita a luglio 2019 quando la ragazza italo-norvegese, nove giorni dopo la nottata in casa Grillo, aveva denunciato ai carabinieri di essere stata “violentata”, la mattina del 17 luglio. La sera precedente insieme con l’amica avevano conosciuto Ciro e i suoi tre amici in discoteca. All’uscita avevano prolungato la serata a casa del figlio del fondatore del Movimento Cinque Stelle, dove si sarebbero consumate “le violenze”. Anche l’altra ragazza ha firmato una denuncia, dopo aver preso visione delle foto oscene scattate da tre dei quattro giovanotti, mentre lei era assopita sul divano. Il figlio di Grillo, e i suoi amici, hanno ripetuto fin dal primo giorno che “il racconto non è vero, che non c’è stata alcuna violenza, perché lei era consenziente”. Ma la ragazza ha giurato di essere stata costretta a bere vodka e di essere stata abusata.

Di fronte al mastodontico rumore delle notizie che vengono dai fronti dove cadono decine di donne, bambini, civili, soldati russi e ucraini, lo sgomento provocato dagli argomenti si ridimensiona. Almeno quanto al clamore che avrebbero suscitato le cronache sulle prime pagine, nei salotti e nei dibattiti televisivi. Resta, tuttavia, la gravità delle accuse, dei fatti realmente accaduti, le implicazioni e le ricadute. Forse, nelle coscienze, questo caso ci aiuterà a comprendere il grande monito lanciato dal Patriarca di Mosca. E che uno Zar sembra intenzionato a difendere. La storia, le tradizioni, i confini, la morale.


di Donatella Papi