Diritto di cronaca e presunzione d’innocenza

mercoledì 2 marzo 2022


I nodi del decreto Cartabia sulla presunzione d’innocenza stanno venendo al pettine. Lo dicono i giornalisti che operano nel campo della giudiziaria. I rischi per l’informazione sono stati confermati dal Procuratore di Milano facente funzioni Riccardo Targetti nel corso di un dibattito organizzato dal sindacato Rai, al quale è intervenuto anche il presidente della Federazione nazionale della stampa Giuseppe Giulietti. Una legge difficile da applicare e preoccupante perché introduce il concetto di velina di regime. Nel redare la circolare interpretativa la riflessione del Pm Targetti è stata quella di chiedersi “se non stesse addossando al Procuratore della Repubblica un grande potere, maggiore di prima e se questo non fosse concentrato in maniera troppo eccessiva per uno Stato democratico”. Sul tavolo dell’analisi un problema di fondo: diritto di cronaca o presunzione di innocenza, legge bavaglio o provvedimento giusto? Il punto di partenza è l’entrata in vigore dal 14 dicembre del decreto Cartabia che in pratica affida alle Procure le modalità dell’afflusso delle informazioni ai giornalisti. In appena tre mesi gli eccessi di interpretativi in senso limitativo sui fatti di cronaca sono aumentati. Secondo il presidente della Fnsi Giulietti, “sono stati commessi molti abusi in materia di presunzione d’innocenza, limitando l’accesso alle informazioni sui procedimenti penali. E questo nonostante già esistono regole precise: carte deontologiche, diritto di rettifica e di replica, visibilità dell’assunzione dell’imputato rispetto alle accuse”.

Il decreto Cartabia “è frutto di un eccesso di zelo”, ha osservato il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia anche perché il nuovo sistema burocratizza e rallenta l’informazione e le azioni di polizia. Secondo Riccardo Sorrentino attribuire al Procuratore della Repubblica il potere di decidere quali informazioni meritano o meno di essere comunicate alla stampa sminuisce il ruolo del cosiddetto quarto potere. Spetta cioè ai giornalisti determinare quali notizie siano meritevoli o no di essere raccontate e pubblicate come i Magistrati hanno il diritto di determinare cosa sia o no interesse pubblico. In un’epoca in cui imperversano le “fake news” sui social (che non sono controllati) il lettore, l’opinione pubblica devono fidarsi che il giornalista abbia fatto le opportune verifiche sulla veridicità di quanto pubblicano. A questo proposito il giornalista del Corriere della Sera Cesare Giuzzi è intervenuto per confermare che il giornalismo moderno dedica gran parte del suo tempo a selezionare e verificare la correttezza delle notizie.

Dal dibattito sono emersi alcuni orientamenti di merito: una riforma del decreto per permettere la consultazione tempestiva e agevolata degli atti dei procedimenti che sono accessibili. La Fnsi ha già inviato una lettera al commissario europeo per la giustizia al fine di valutare se sussistono elementi per una procedura d’infrazione a causa di una difformità tra il testo della direttiva europea e quello italiano. La Procura di Milano a sua volta dopo un consulto al suo interno per delimitare la portata della normativa (solo il penale?) sta valutando l’istituzione di un ufficio stampa. L’altra faccia della medaglia sono le valutazioni degli avvocati sul diritto di innocenza degli indagati. Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, Vinicio Nardo e la vice della Camera penale Valentina Alberta si sono dichiarati a favore del provvedimento e delle interpretazioni restrittive secondo i quali si sarebbero verificati alcuni “eclatanti casi” di abusi commessi dai giornalisti.


di Sergio Menicucci